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don Ivan Licinio – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2020

«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore».

Nella spiegazione della parabola del seminatore l’attenzione si sposta da colui che semina ai terreni che accolgono il seme. Non dobbiamo pensare che ad un solo terreno corrisponda un solo tipo di cuore, perché tante volte il nostro cuore è fatto a strati: ci può essere un momento in cui abbiamo un terreno sassoso dentro di noi; un altro in cui i rovi delle difficoltà ci soffocano; in un’altra fase della vita potremmo essere poco profondi, cioè poco inclini ad accogliere l’amore di Dio. Infine potremmo essere terreno buono, capace di portare frutto forse proprio perché prima siamo passati per tutti gli altri strati.

Gesù oggi ci mette in guardia: fatevi trovare preparati, altrimenti le difficoltà le tentazioni che la vita ci mette davanti soffocheranno il bello che vi attende. Preghiamo quindi il Signore che l’incostanza, le tribolazioni e gli inganni del mondo non vincano sul desiderio di bene che portiamo dentro di noi.

Buon cammino, insieme.


Fonte: don Ivan Licinio su Facebook

don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Chiedi a Maria come capire la vocazione che Dio ha scelto per te

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AUTORE: don Marco Scandelli
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p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2020

Guardiamoci allo specchio della Parola e vediamo il nostro volto dipinto sul volto dei discepoli. Ascoltiamo l’eco di queste parole che giungono da lontano e cogliamone tutta la saggezza e la profondità. Guardiamo in faccia alla realtà che non sono i nostri difetti o le difficoltà che noi poniamo alla efficacia e alla fertilità della Parola. Noi siamo la Parola che ascoltiamo, non i nostri limiti e le nostre chiusure di fronte ad essa.

Udiamo dunque la parabola del seminatore e guardiamo il seminatore che esce a seminare. Udiamo e guardiamo è un imperativo e dunque un comandamento. Un comando che trascende i dieci comandamenti stessi a cui siamo così legati sia nel bene come nel male. Udire e vedere è il comandamento della nuova legge, della Buona Notizia.  Sediamoci, guardiamo in faccia il Signore che ci parla, ascoltiamo quanto ci dice con cuore aperto e pronto.

Questa parabola del seminatore è Cristo del quale ne vediamo la vicenda di Lui Parola, della sua Parola. È l’avventura sorprendente del Figlio dell’uomo nel cuore della terra dove la Parola viene seminata e sepolta. È l’avventura di Gesù Parola nel cuore di ogni uomo. L’accoglienza della Parola ci apre ad un vedere nuovo; l’accoglienza della Parola apre il nostro orecchio ad udire le vicende di questo mondo con un orecchio rinnovato e capace di lasciarsi fecondare dal seme stesso della Parola.

Sappiamo bene che siamo impermeabili, conosciamo bene le nostre impermeabilità che si manifestano nell’ovvietà con cui ci avviciniamo alle vicende della vita, compresa quella del seme della Parola caduto in noi.

Noi siamo la Parola seminata in noi e in quanto Parola seminata, noi siamo chiamati a metterci in rapporto coi nostri limiti e le nostre chiusure. L’apertura del terreno è un dono del contadino che passa ad ararlo prima di seminarlo. Questa apertura di occhi e di cuore è conseguenza di un dono: quello dell’aratura. Se aperti e spaccati diveniamo capaci di evidenziare i nostri limiti, le nostre chiusure che non siamo noi, come tanti vorrebbero. Le maldicenze che tanto ci piacciono servono proprio a questo: a identificare il prossimo, e noi stessi, coi propri limiti. La maldicenza ci distoglie dal volto di Dio e dal fatto che noi siamo fatti a sua immagine e somiglianza. Non ne possiamo né sappiamo fare a meno: è una dinamica difensiva che chiude i nostri orecchi e acceca i nostri occhi rendendoci incapaci di accogliere la Parola in terreno buono. Preferiamo difenderci dalla stessa piuttosto che, accogliendone il dono, vedere con gli occhi di Dio e ascoltare con il cuore del Padre.

Le nostre inautenticità che seminiamo sulla via della nostra vita; le paure di cui disseminiamo il nostro rapportarci con la vita; l’egoismo che utilizziamo per vivere ma che in realtà soffoca la vita in noi e la nostra capacità di amore, sono tre barriere che nascondono il nostro volto e la nostra identità, ci rendono morti e non ci permettono di vivere, ci rendono incapaci di ascolto e di ben vedere non lasciandoci percorrere la via della sapienza della croce.

Ascoltare la Parola con fede, custodirla nella speranza lasciandola crescere in noi, farla fruttificare grazie all’amore è il dono a cui siamo chiamati, è la volontà del Padre su di noi.

Sono tre doni che aprono e ravvivano il nostro cuore a volte pietrificato, altre soffocato, altre ancora lastricato di sassi, facendolo terra bella e feconda oggi, non domani. Terra che si manifesta col volto del sepolcro ma che in realtà è accoglienza del seme nella terra buona dove porta frutti di risurrezione.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 24 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

Sito web – preg.audio

d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2020

La Parola di Gesù non è un concetto da comprendere con il cervello e da mettere in pratica con nostre inesistenti forze.

Essa invece è un seme che al momento opportuno viene con delicatezza nel nostro cuore, se lo accogliamo, e gradualmente in quest’accoglienza cresce. Passiamo dal moralismo del salvarci da soli alla fede in un Dio che ci prende per mano e ci accompagna serenamente sulla via della maturazione.

Ma gli estremi sono sempre due: da un lato il dover fare tutto e subito con la nostra sola volontà, dall’altro il non vigilare con equilibrio su ciò che può ostacolare la nostra crescita. Abbiamo margini nei quali possiamo scegliere se e quanto collaborare alla grazia che ci viene donata.

Possiamo talora lasciare che qualcuno ci rubi la Parola, in mille modi distogliendoci dall’ascoltarla; possiamo lasciarci dominare da scelte di superbia, di capriccio, di chiusura, anche quando lo Spirito ci ha messo in condizione di superare quella tentazione; allo stesso modo possiamo non ascoltare e seguire la serena voce, luce, che nel cuore ci orienta a non lasciarci troppo affannare dalle preoccupazioni o soggiogare dalla smania del denaro o del vario potere. Il terreno buono è colui che, dice il testo, ascolta la Parola e la con-prende ossia con sereno buonsenso la mette insieme con la vita concreta.

Allora la vita gradualmente fiorisce perché Dio non pensa solo ad una nostra anima disincarnata ma porta tutta la nostra umanità verso le vie della sua piena realizzazione. Talora per esempio mostrandoci vie nuove, risolutive, vicine a noi e che pure, ripiegati su noi stessi, non riconoscevamo.

Potenza della preghiera sincera, che cerca di accogliere nella vita concreta lo Spirito invocato.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 24 Luglio 2020

La parabola del seminatore è una delle più celebri parabole di Gesù; ritorna anche più volte nel nostro lezionario. È quindi difficile dire qualcosa di originale su di essa, tanto più che nei tre vangeli sinottici è seguita dalla spiegazione autorevole di Gesù stesso, che è il vangelo proposto per oggi. Certo, non siamo chiamati a dire cose originali, ma, come ricorda appunto il nostro testo, a metterci in ascolto: ben cinque volte ritorna in questi versetti il verbo dell’ascolto!

Ascoltare tuttavia non basta. Infatti, i terreni in cui è caduto il seme della Parola sono tutti e quattro caratterizzati dal fatto che hanno ascoltato la Parola, magari anche con gioia ed entusiasmo, eppure solo uno di essi ha dato frutto.

Solo è fertile il terreno di cui si dice che è “colui che ascolta la Parola e la comprende” (v. 23). “Comprensione”: ecco la parola decisiva. Lo conferma Gesù alla fine del discorso: “‘Avete compreso tutte queste cose?’. Gli risposero: ‘Sì’. Ed egli disse loro: ‘Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e antiche’” (Mt 13,51-52).

Cos’è la comprensione? Questa parola e altre simili, come “discernimento”, “intelligenza” o “sapienza”, sono particolarmente pericolose. Infatti, molti di quelli che ne parlano sono convinti di sapere cosa sia, e poi, nell’esercizio di questa facoltà, si dimostrano incapaci. Non cercherò quindi di dire cos’è la comprensione; mi sembra tuttavia che il testo di oggi ci permetta almeno di afferrare cosa non è.

Quelli che rappresentano i tre primi terreni hanno ascoltato, ma il loro ascolto è segnato da altre caratteristiche che precisano appunto ciò che la comprensione non è.

Il primo, che non comprende, vede il Maligno venire e rubargli la Parola dal cuore. La comprensione ha quindi qualcosa a che vedere con il cuore, sede, secondo il pensiero biblico, dei sentimenti e delle decisioni vitali dell’essere umano. La comprensione non è un’attività del cervello, è invece essenzialmente legata al cuore e dunque alla misericordia, poiché essa consiste nell’avere un cuore per i miseri.

Il secondo terreno, quello sassoso, indica che la comprensione non nasce da un entusiasmo momentaneo; ha bisogno invece di costanza o di perseveranza; di quelle “radici” che permettono di affrontare tribolazioni e persecuzioni.

Il terreno spinoso dice che c’è incompatibilità tra comprensione e preoccupazioni, particolarmente per le ricchezze; in altri termini la comprensione chiede un cuore non diviso tra mille cose, ma rappacificato e unito, come il “cuore uno” di cui parla Ezechiele 11,19.

Scopriamo allora che i terreni non sono quattro gruppi di persone diverse, ma quattro caratteristiche del nostro stesso cuore, alle quali dobbiamo essere particolarmente attenti. E forse ci viene anche detto, nel contempo, che la comprensione trova fondamentalmente la sua origine nell’amore per Dio “con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze”, come Dio prescrisse a Israele (Dt 6,5).

fratel Daniel


Fonte

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Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 24 Luglio 2020

Sii terreno fertile. Sii terreno buono. Mettiti in ascolto, lascia che la mia parola entri e porti frutto. È unʼimmagine semplice, ma potente.

Da una parte cʼè lui, il seminatore, che instancabile esce a seminare. Dallʼaltra ci siamo noi. Che siamo a volte terreno arido, a volte sassoso, a volte pieno di rovi. Cʼè molto lavoro, dietro ai solchi di un terreno che è pronto per raccogliere i semi: lavoro per tenerlo pulito dalle erbacce che continuano a crescere e che minacciano lʼerba buona che gli cresce a fianco; lavoro per togliere i sassi, fare spazio, lavoro per arare, per irrigare, per liberarlo dai rovi che lo rendono inospitale, incapace di essere fecondo. È un lavoro quotidiano, costante, fatto di piccoli gesti.

E poi cʼè la misura della rendita. Quante volte sentiamo questa necessità di quantificare, misurare, confrontare i nostri “investimenti”: di studio, di lavoro, di relazioni. Ma non è questa la logica del buon seminatore: perché non ha importanza che il terreno dia cento, sessanta, trenta o due. Né, forse, siamo in grado di dire quanto e quando sarà il nostro frutto. Non importa. La buona notizia è che se il terreno è curato e libero, il seme cadrà e porterà frutto.

Francesca Carraro


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 24 Luglio 2020

Anche oggi il Vangelo, cosi’ come era accaduto ieri, si sofferma sul “ produrre frutto “.

Se ieri ci aveva detto che per “ portare frutto “ era necessario “ rimanere in Cristo “, oggi ci indica una serie di “ ostacoli “ che possono “ impedirci la fruttificazione “!!!

Il tutto partendo da un dato preliminare: Dio semina continuamente, senza…badare a spese.

Semina anche sulla strada, sulle pietre, sui rovi, attendendo qualche lavoro di “ trasformazione “ del nostro terreno, che consiste nell’eliminazione degli “ ostacoli “ che impediscono il germogliare delle nostre esistenze.

E allora soffermiamoci brevemente su questi ostacoli.

La strada.

E’ una superficie dura, impermeabile, del tutto inidonea ad accogliere la Parola, tanto è vero che il Signore stesso dice che il seme seminato lungo la strada è colui che “ ascolta la Parola ma non la comprende perché non si impegna a farlo e si fa, al contrario, sedurre dal maligno, che “ ruba “ cio’ che è stato seminato.

Questo è il livello più pericoloso, il più lontano dalla Parola.

E’ l’uomo completamente preda delle suggestioni del demonio, che pone il suo “ ascolto “ esclusivamente nelle seduzioni proposte dal tentatore.

In lui mai potrà fruttificare la Parola.

Il terreno sassoso

E’ un terreno “ privo di radici “.

Rappresenta pertanto un uomo all’inizio entusiasta, che esce vivificato da un ritiro, da un pellegrinaggio, ma il cui ascolto resta sul piano dell’ “ emozione “, del “ sentimento “, quindi della superficie, senza diventare “ scelta di vita “.

E’ ovvio che, appena arriva una difficoltà, cioè il dover compiere una scelta tra gli insegnamenti dettati dalla Parola e quello che propina il mondo, non avendo radici non ascolta la sua interiorità e sceglie la via più comoda impedendo la produzione di frutti.

I rovi

I rovi imbrigliano, pungono, soffocano.

L’uomo che si impersonifica dietro l’immagine del “ seme gettato tra i rovi “ è pertanto chi ascolta la Parola ma la soffoca perché è attratto da altre voci, è sedotto dalle ricchezze e pone in essere un illusorio “ rinvio a tempi migliori “, a quando “ sarà cosi’ ricco “ da potersi dedicare pienamente all’ascolto.

Il terreno buono.

E’ colui che fa fruttificare l’ascolto.

E’ l’opposto esatto del “ seme caduto sulla strada “.

Quest’ultimo, infatti, è l’uomo che “ ascolta e non comprende “, l’altro, invece, è l’uomo che “ ascolta e comprende “.

COMPRENDE

E’ questo il verbo chiave.

Cosa comprende?

Comprende che la Parola di Dio è l’unica guida della nostra vita, che solo in essa c’è la possibilità di trarre gli insegnamenti per un’esistenza piena.

E allora si mette in ascolto, un ascolto profondo, basato su una scelta e non su un’emozione ( è l’errore del “ terreno sassoso “ ), su una scelta solida, che non cede dinanzi alla seduzione della ricchezza ( è l’errore del “ terreno connotato da rovi “ ).

Qual è il risultato di questa scelta?

Che la propria vita porterà frutti, “ chi trenta, chi sessanta, chi cento “, ciascuno con le proprie peculiarità, con i propri doni.

Chiediamoci oggi: quale dei terreni indicati, in questo momento della mia vita, prevale?

Buona giornata e buona riflessione a tutti.


Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 24 Luglio 2020

La parabola che Gesù aveva più a cuore, quella del seminatore. Dirà infatti ai discepoli che se non capiscono questa non capiranno nulla del Regno di Dio. Perché Gesù dà tanta importanza a questa parabola di cui poi data la spiegazione ai discepoli, cosa che non faceva mai d’abitudine?

Perché contiene la chiave del rapporto con Dio il quale è paragonato a un seminatore che semina la sua Parola nel cuore degli uomini. Chi accoglie la Parola cioè gli obbedisce entra in una relazione d’amore con il Signore. C’è quindi un donare da parte di Dio e un ricevere da parte nostra. Il frutto di questa accoglienza dipende dalle condizioni del cuore. Chi vuole capire, può capire dice Gesù e lo dice a noi oggi.

Siamo accoglienti verso la Parola che Dio semina ogni giorno nel nostro cuore? Ci lasciamo liberare e guarire il cuore? Da essa dipende la nostra relazione d’amore con Dio e la nostra santità. Non ci sono altre vie. Perché la Parola è la voce di Dio che parla attraverso la carne del suo Figlio risorto. Il segreto è comprendere la Parola dopo averla ascoltata.

E per comprenderla abbiamo bisogno di alcune condizioni: l’amore per Gesù, Parola fatta carne, la dipendenza dallo Spirito, la costanza nell’ascolto, il silenzio interiore. Senza queste condizioni è difficile comprendere la Parola cioè prenderla con sé, farla propria perché ci trasformi. Lasciamoci seminare il cuore dalla Parola e la nostra vita sarà trasfigurata ad immagine di Gesù.

Oggi, non domani.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade