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don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 26 Luglio 2020

Il vero tesoro è Cristo

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Don Lucio D’Abbraccio

Di don Lucio, puoi acquistare:

don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Lungo la strada che sta portando Gesù a Gerusalemme accade proprio di tutto: entusiasmo e resistenze, candidature e dinieghi. Qualcuno si tira indietro ancor prima di cominciare e qualcun altro pur continuando a seguirlo, in realtà è mille miglia lontano da Gesù e dal suo modo di pensare. Sarà necessario essere guariti nella propria cecità per entrare nella giusta comprensione del proprio stare alla sequela di Gesù.

Chissà cosa deve essere passato nel cuore del maestro di fronte alla sfacciataggine con la quale la madre dei figli di Zebedeo (Mc è più diretto e sostiene siano stai proprio loro a chiederlo) aveva avanzato la sua pretesa: Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno.

Non avevano capito nulla, o meglio, senz’altro avevano frainteso. Le parti si erano capovolte e Gesù a registrare l’insuccesso del suo annuncio.

Tra lucidità e incomprensione…

La prima volta – lo ricorderete – ci aveva pensato Pietro: Maestro, questo non ti accadrà mai…; la seconda tutti i discepoli che non avevano trovato di meglio che discutere chi tra loro fosse il più grande; e ora di nuovo. E come se non bastasse nessuno del gruppo a provare a ristabilire le parti. Anzi. Secondo Mc, si scagliano contro Giacomo e Giovanni non perché la loro pretesa era fuori luogo ma perché avevano osato scavalcare tutti con quella loro richiesta. Che gruppo di malassortiti! Non uno all’altezza di quel cammino di sequela che pure avevano intrapreso con tanta generosità. E Gesù davanti a loro che non si sdegna per l’angustia delle visioni dei suoi discepoli e che pazientemente prova a rionnadare i fili di un discorso non facile da condividere.

In realtà, a ben guardare, parafrasando un famoso proverbio, la madre dei figli di Zebedeo è sempre incinta: i figli di Zebedeo, infatti, sono molto più di due e rappresentano, in definitiva, un’autentica categoria storica. Non c’è gruppo religioso, politico, sociale che prima o poi non sollevi la questione del potere e della carriera. Della serie: a me cosa ne viene? Sembra proprio che non sia possibile stare nella vita in pura perdita, gratuitamente come il figlio dell’uomo che è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita…

Gesù contesta la strumentalizzazione delle pratiche religiose per l’acquisizione del potere e stabilisce che si dà comunità cristiana là dove non si perseguono logiche simili: tra voi però non è così. E mi ritrovo così a pensare a tanti luoghi, a tante relazioni anche fuori della Chiesa, dove si vive secondo il suo stile pur senza saperlo e che forse sono anch’essi segno di lui.

Voi non sapete quello che chiedete: non è il paragonarci gli uni gli altri che riscatta le nostre paure ma il lasciarci guardare dal Signore anche con le nostre vulnerabilità.

L’uomo vale quanto vale davanti a Dio, ripeterebbe Francesco d’Assisi: e ciascuno di noi, davanti a Dio, vale il dono del Figlio, nonostante le nostre nudità.

Lui, il Signore e il Maestro, sceglie di stare tra i discepoli perseguendo tutt’altra logica, quella del servizio, un vero e proprio antipotere. Il posto di onore è quello del servo non quello di chi esercita un dominio. È solo rovesciando il nostro modo di porci di fronte all’altro che il vangelo che annunciamo riacquista credibilità.

Il profumo del vangelo continua ad espandersi là dove ci sono comunità contrassegnate da spirito di servizio, da relazioni generose e disponibili.

Il profumo del vangelo si espande là dove c’è qualcuno disposto a bere il calice come il maestro, vale a dire ad andare con lui fino in fondo anche a prezzo della propria esistenza. Non è forse ciò che vogliamo esprimere tutte le volte che riceviamo la comunione? Nella vita… fino in fondo, da servi.

Il profumo del vangelo si espande là dove c’è qualcuno che vive da battezzato, immerso interamente nella vita così come accade, anche con il suo carico di sofferenza e di morte. Non è forse ciò che vogliamo esprimere quando chiediamo il battesimo per uno dei nostri piccoli? Nella vita… non scegliendo postazioni di privilegio o di esenzione.

Il profumo del vangelo si espande là dove non ripetiamo riti vuoti ma immettiamo atteggiamenti che sono il prolungamento della presenza del Signore Gesù in mezzo a noi. Grati non per i riconoscimenti ricevuti ma soltanto per aver rotto il gioco perverso delle competizioni.


AUTORE: don Antonio Savone
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Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Chi governa, serve. E nell’ambiguità linguistica della parola “serve” c’è tutta la forza di questo tuo insegnamento. Non è utile a nessuno una dittatura, l’imposizione di un’idea, di una discussione.

Non è utile né a sé né agli altri né tanto meno al progetto che stiamo portando avanti. Mettersi a servizio delle persone, delle cose, delle idee e dei progetti invece è l’unico modo per renderli grandi. O almeno fare la propria parte perché di tono grandi. Non c’è nulla di male nel fare la propria parte, nulla di cui vergognarsi.

Non è meno prestigioso ma anzi lo è di più. Si diventa parte di un disegno, di qualcosa di bello. E tutto questo vale anche per te, per il tuo Regno, per le anime di chi ci sta intorno: mettendoci al loro servizio diventiamo parte del progetto più grande che ci sia e siamo utili agli altri ma soprattutto a noi.


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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Il vangelo di oggi ci ricorda che una delle più grandi tentazioni è quella della ricerca di potere.

Il suo nome è proprio questo: ricerca di potere. Come il male ha tante facce e sfaccettature, anche questa ricerca di potere ha tante sfaccettature… a volte si trasforma o camuffa in desiderio di essere “visti”… altre volte in desiderio di essere accettati… considerati… approvati… riconosciuti…
Il problema nasce quando questi desideri che sembrano essere più che normali e sani… diventano così forti da non vedere più gli altri: pur di raggiungere il mio desiderio… il mio scopo… non mi interessano i tuoi desideri… i tuoi bisogni… non mi interessi tu!

C’è un importante e delicatissimo equilibrio tra il se stessi e gli altri e quando questo equilibrio si perde… ci si fa male e si rischia di fare male.

Gesù, come sempre, trova la soluzione: si cresce nella propria identità… donandosi… servendo gli altri… perché amare è donare se stessi e posso amare veramente e donare me stesso solo se mi possiedo veramente… altrimenti non dono me stesso… ma solo le mie incompiutezze… le mie fragilità…

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AUTORE: Don Antonio Mancuso
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don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

“Voi non sapete quello che chiedete”
 
Le richieste della madre dei figli di Zebedèo sono eccessive. Le sue preoccupazioni sono perlopiù materiali. Desidera vedere i suoi figli collocati ai vertici del potere del Regno di Dio, senza considerare se davvero essi siano all’altezza del ruolo preteso. Tante volte anche le nostre richieste davanti a Dio devono risultare audaci e assurde per Lui. Questo accade soprattutto quando a Lui chiediamo qualcosa tenendo conto solo del nostro desiderio, ma non delle nostre capacità effettive di gestire nel modo corretto quello che chiediamo, di qualunque cosa si tratti: che siano beni spirituali o materiali, che si tratti del tempo o della salute, qualunque cosa chiedi al Signore ti interroghi se ne possiedi anche le facoltà idonee per amministrarla? Come il Signore non ti assegna mai qualcosa di cui non saresti in grado di portarne il peso, allo stesso modo non potrebbe concederti qualcosa che non saresti capace di amministrare e gestire bene.

In breve

Non chiedere qualcosa al Signore considerando solo il tuo desiderio, ma valutando anche la tua effettiva capacità di amministrare e gestire adeguatamente quello che chiedi.


Di don Vincenzo Marinelli anche il libretto:

La buona novella. Riflessioni per l’Avvento e il Natale disponibile su: AMAZON | IBS

Commento a cura di don Vincenzo Marinelli

Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Pensiamo a quando ci viene affidato un incarico, un lavoro o una responsabilità importante. A volte la tentazione di montarci la testa, di farlo sapere a tutti per metterci in vista e di pensare a quanta invidia proveranno gli altri può essere grande.

Forse per rispetto nei confronti degli apostoli Giacomo e Giovanni, l’evangelista Matteo mette in bocca alla loro madre la richiesta affinché loro due siano accanto a Gesù nel momento in cui anche i Dodici regneranno con lui. Non si accontentano di ciò: desiderano essere in pole position, superando tutti. Eppure facendolo chiedere alla madre emerge tutta la goffaggine del loro presunto coraggio: a parole si dicono disposti a bere il calice di Gesù e a seguirlo nella sua sorte sino in fondo, ma qui si vergognano persino di rivolgersi direttamente a lui da amici.

Chiedono l’aiuto della mammina. Ma Gesù coglie l’occasione per mettere le cose in chiaro: neppure a lui è concesso operare favoritismi personali, perché tutto è nelle mani del Padre. Quindi accanto a Cristo si sta non sulla base di parentele, come vedevamo qualche giorno fa, né su criteri di vicinanza gerarchica all’altare – Gesù stesso è sempre rimasto laico, non faceva parte del clero – bensì nel servizio agli oppressi dai potenti di questo mondo.

Lì, in quella liberazione dalla schiavitù e dalle seduzioni del potere, troviamo Gesù: debole tra i deboli. Ogni istituzione – a partire dalle nostre chiese e parrocchie – necessita di questo rovesciamento di prospettiva: si può essere con Gesù solo se si è con altri, e non a loro scapito. Quindi non per imitare né i clientelismi né le meritocrazie mondane al fine di scavalcare gli altri in graduatoria, bensì per vivere l’assicurazione di stare accanto a Gesù ogni volta che – mettendoci non sopra, ma sotto – sosteniamo il passo degli ultimi della terra.

Questa è la vera santità: mai individuale per superare gli altri, ma sempre di Popolo, insieme.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Medita

Bere il Suo calice! Uno dei discorsi più duri che Dio ci fa e che noi facciamo fatica ad accettare è il fatto che Egli chiami a condividere non tanto gli onori e la gloria, quanto il dono di sé fino alla morte.
Anche coloro che stettero a stretto contatto con Gesù e che poterono ascoltarne i discorsi più profondi fecero questa fatica.
Giacomo e Giovanni, forse sentendosi in qualche modo protetti da Gesù, chiedono per mezzo della loro madre un riconoscimento che sa ancora troppo di umano: bere il Suo calice!

Mettiamoci in cammino per umiltà e coraggio, non per essere serviti ma per servire.
Servire i fratelli. Il Signore non aspetta da noi atti eroici, cose eclatanti che magari ci riempirebbero di un orgoglio “umano”. Quello che conta sono le piccole cose “nascoste”, anche piccoli gesti verso gli altri, un sorriso, una carezza, un abbraccio che per noi può essere poco, ma per chi lo riceve è un segno di condivisione e di amore. Perché è nell’amore che saremo giudicati.

Rifletti

All’origine di certe cadute nel peccato c’è un atteggiamento di presunzione che ci rende troppo sicuri di noi e poco disposti all’ascolto dell’altro.

Prega

Chi è il più grande tra voi
diventi come il più piccolo.
“Ecco, io sto in mezzo a voi
come Colui che serve!”, dice il Signore.
Colui che vorrà essere il primo,
si farà vostro schiavo.


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 25 Luglio 2020

Una madre che intercede per i figli… che chiede per loro il massimo dei poteri nel Regno che conta davvero! Ma che male c’è a volere delle garanzie? Sono in realtà sintomi che esprimono un grande malessere, la fatica a fidarsi di Dio e della vita. Del disequilibrio di un cuore a cui sta sfuggendo la bellezza del quotidiano, che ha smesso di guardare la realtà con curiosità, che è incapace di farsi stupire dalle cose piccole. Un cuore incagliato nel pensiero di amare, che però sottovaluta il dispendio di energie vitali che questo pensiero comporta.

Non sanno quello che chiedono, sono così innamorati e appassionati? Possono bere tanto dolore e amarezza? Sono disposti a donarsi fino all’ultima goccia di sangue, sudore, pensiero, sentimento?
La risposta di Gesù ai fratelli è un meraviglioso invito a rallegrarsi, e a rallegrarmi, perché anche io sarò capace di amare fino all’estremo! Ma il dono di Grazia dipende dal Padre e non dal Figlio…

Gli altri discepoli sono sdegnati, gelosi, mostrano che nel fondo del cuore sentono frustrato il medesimo desiderio. Il regnare chiama in causa attitudini opposte e inverse al dominare e opprimere. Significa mettersi al servizio di molti ed aprire la vita ogni fratello e sorella che incrocia il mio cammino. Essere grandi nel Regno passa attraverso l’accoglienza delle possibilità che la vita mi offre quotidianamente di farmi servo e schiavo.

L’umanità realizzata, l’essere delle persone belle e feconde, dipende dalla capacità di saper cogliere le occasioni di consegnare la propria vita senza ricevere nulla, neppure un grazie o un sorriso. Liberarsi dal contraccambio affettivo, dall’essere visti e riconosciuti come belli, buoni, amabili, ecc. ci permette di prendere posto fin d’ora nel Regno dei fratelli di Gesù. In questa giornata c’è offerta la possibilità di fare un passo avanti nella capacità di amare per Amore e per null’altro. Oggi si aprono vie nuove di libertà e di verità, oggi, Signore, puoi fare della mia vita qualcosa di nuovo!

Narciso Sunda SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Servire o farsi servire? La domanda che ogni cristiano si dovrebbe porre sul suo modo di agire. Chi serve gli altri, si mette a servizio della vita e quindi di Dio, ha capito l’essenza del Cristianesimo.

Ha capito cosa significa essere figlio di Dio, ha capito cosa è stato l’esempio di Gesù il servitore del disegno d’amore del Padre per l’umanità. Il concetto di potere è escluso dal cristianesimo lo dice Gesù in questa scena dialogata con la madre di alcuni suoi discepoli ed è un insegnamento per tutti e per sempre.

Chi usa il proprio potere, (perché tutti abbiamo un potere…) e si professa Cristiano non ha compreso il Vangelo. Mettersi a servizio della vita, a servizio di Dio a servizio degli altri, significa donarsi continuamente. Non solo, ma significa essere accogliente del dono che è l’altro per me, del dono che è Dio per me, accogliente del dono di me stesso. Servizio e potere non vanno d’accordo: l’unico potere concesso al Cristiano è l’amore, la potenza dell’amore che ci abita dal giorno del battesimo.

Lo Spirito del risorto è l’unica potenza che ci mette a servizio dell’umanità, che ci rende servi, strumenti nelle mani di Dio. Questa è per il Cristiano la gioia più grande che dà Gloria alla sua vita in Dio. Ricerchiamo questa gioia e questa gloria! Il potere che schiaccia gli altri… lasciamolo a chi non ha incontrato Dio.

Questa è la differenza che identifica il cristiano. Purifichiamo la chiesa da ogni sorta di potere, per renderla come quella voluta da Gesù.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 25 Luglio 2020

Dal Vangelo di oggi:
“Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli”. (Mt 20,24)

L’avevano combinata grossa Giacomo e Giovanni. Prima sgomitano per essere i primi, poi da presuntuosi credono di poter condividere il percorso di Gesù. Eppure da educatore Tu non ti scomponi, non ti sdegni. Condivideranno la Tua passione e non sarà una punizione, ma un onore. Saranno i primi, sì, ma nel servizio, non nel potere.