Dentro i discepoli è nato il bisogno di sapere di più da quello che Gesù rivelava nelle parabole, che Gesù ha usato come esempio per alcune situazioni, così abbiamo bisogno anche noi dello Spirito di Gesù per farci conoscere le profondità del suo insegnamento : In quel tempo: Gesù lasciato la folla entra nella casa.
I discepoli gli si avvicinarono e gli dissero: “Spiegaci la parabola della zizzanie nel campo”. Gesù non era sempre chiaro ai suoi discepoli, ancora meno per chi lo ascoltava qua e là, sebbene parlasse molto semplicemente. Coloro che entrano in relazioni più profonde con Lui hanno semplicemente il privilegio di saperne di più, infatti ai discepoli Gesù spiega alcune parabole in privato, soprattutto questa sul seme e la zizzania. Gesù spiega questa parabola in modo cristallino, noi siamo il seme della parola di Dio, il seminatore è Gesù Cristo che semina in noi la sua parola.
La zizzania è un male che ci opprime, che vuole consumare la nostra vita e tutto nostro impegno per il quale Dio ci ha dato la forza. Il seminatore delle zizzanie è il male o il diavolo. Il suo ruolo è di sterilizzarci e renderci sterili, in modo che Dio non possa mai nutrire gli altri con i nostri frutti. La raccolta è, come dice l’evangelista Matteo, la fine del mondo e di ogni vita terrena. Cosa possiamo estrarre utile per le nostre vite dalla parabola del grano e della zizzania?
Ciò che dobbiamo imparare è saper semplicemente essere pazienti, cioè convivere anche con il male. Se Dio non rimuove da noi alcuna zizzania, che sta soffocando il nostro frutto della vita, il nostro grano, allora lo fa perche vuole rendere il grano più forte e vuole che diventa ancora più solido e più grande.
Gesù ci ha dato la forza è il senso di vivere con la zizzania, cioè vivere alcune situazioni difficili, vivere con alcune persone difficili, vivere alcune malattie che sono l’immagine della zizzania.
Commento a cura di fra Mario Berišić OFMCap

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p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020
Si diceva un tempo che quando non si sapeva di cosa parlare o non si voleva parlare di cose importanti, si parlava del tempo. Cosa vogliamo evitare parlando del tempo, che cosa vogliamo raggiungere non parlando di ciò che maggiormente ci sta a cuore?
L’altro argomento importante che occupa le nostre giornate per non parlare di cose serie, è il parlare dei difetti degli altri, dei loro sbagli. La misericordia è data a noi per gli altri, noi invece la usiamo per giustificare noi stessi e per condannare gli altri. Se non fosse cosa seria la condanna del prossimo, ci sarebbe materia per rendersi ridicoli quando giustifichiamo noi stessi e condanniamo gli altri. La verve adolescenziale che c’è in noi viene a galla con tutta la sua forza e mette in atto tranelli disumani con cui noi pensiamo di difenderci dal cosiddetto mondo malvagio.
Il giudizio di Dio è solo suo ed è solamente alla fine dei tempi, non possiamo continuare il gioco al massacro dove noi ci mettiamo al posto di Dio e dove noi giudichiamo oggi ciò che è solo del domani. Il presente è il tempo della grazia, è il tempo della pazienza come virtù che non è nata per sopportare ma per guardare avanti, per guardare il futuro. Il futuro è questo: che tutti siano salvi e che tutti giungiamo a conversione e a salvezza. Come? Il come è cosa di Dio ed è cosa secondaria rispetto alla sostanza che è la salvezza da Lui a noi donata e che noi dobbiamo accogliere.
Ma se noi abbiamo comprensione con tutti non si rischia il disimpegno? Se Dio perdona comunque, allora si può fare quello che si vuole, quello che ci pare e piace trascurando l’amore? Qui, non vi è dubbio, facciamo un passo indietro: da adolescenti diveniamo bambini capricciosi. Un ragionamento che è insensato e che di ragionamento ha ben poco.
Sarebbe come dire: “Mia madre mi vuole bene e non si vendica. Allora posso impunemente maltrattarla”. Può avvenire questo? Sì! Ma non venitemi a dire che questo sia bello, buono e giusto e che questo faccia parte dell’orizzonte della nostra speranza.
In fondo questi versetti di vangelo ci dicono che l’altra faccia della medaglia della libertà, a cui noi tanto guardiamo, è la responsabilità, che noi così poco ascoltiamo. Essere responsabili significa essere persone che non giudicano ma usano misericordia. La comunità cristiana non è una setta di giusti e neppure una banda di malfattori. La comunità cristiana è una comunità di misericordia verso l’altro.
Ascoltare la zizzania che c’è in noi e intorno a noi e contemplare la misericordia che viene a noi è la strada non per perdere giudizio ma per far sì che il giudizio diventi creativo nel fare crescere la vita proprio laddove la vita è deficitaria. Vedere il deficit di vita per amare la vita e creare condizioni perché la vita possa fare un passo avanti, è misericordia che fa nascere vita e non la uccide col giudizio.
Non possiamo separare il male dal bene, la zizzania dal grano buono. Non possiamo neppure continuare a vedere Dio come separato dall’uomo. L’uomo è distinto da Dio, non separato. Come il male è distinto dal bene, non separato. Come la zizzania è distinta dal grano buono, non separata. La vita di Dio e la nostra libertà sono distinti ma guai se le vivessimo come realtà separate: sarebbero due realtà zoppe. L’uomo senza Dio come Dio senza l’uomo non stanno in piedi e non camminano. L’azione di Dio rende possibile l’azione dell’uomo. Come l’azione dell’uomo porta a buon fine, a compimento, l’azione di Dio.
Noi siamo nella misura in cui rispondiamo liberamente all’azione di Dio in noi. Dio non si sostituisce a noi ma ci fa come Lui fino a potere dire che: siamo tutto nostro Padre, è tutto suo Padre.
Questa è la nostra salvezza: diventare ciò che siamo.