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Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

l Vangelo di oggi sembra richiami la fine del mondo. È interessante invece vedere come nella versione greca il versetto 41 può essere letto come “completamento dell’età”. Ci sono momenti nella vita in cui vi è il passaggio da una tappa ad un’altra; ad esempio dall’essere fanciulli alla pre-adolescenza, poi all’adolescenza, alla gioventù e alla vita adulta.

Ma le tappe della vita non sono solo legate all’età ma anche a ciò che mi circonda, l’inizio di una storia sentimentale, di un’amicizia, di un lavoro. Ogni cosa ha il suo tempo. Il Signore quest’oggi m’invita a capire cosa considerare zizzania e cosa grano.

C’è un momento della vita in cui i cartoni animati cominciano a piacere meno e ad essi si preferiscono le serie televisive od i film; è così che il “Re Leone”, “la Sirenetta”, “Aladin”, “Frozen” fanno spazio alla “Casa di Carta”, “Grey’s Anatomy”, “How I Meet Your Mother”, e questo è bello perché fa parte del crescere, ed è bello perché da quel periodo pieno di magia e di animazione prendiamo i valori che più ci colpiscono e c’interpellano.

Il guaio è se non riusciamo a vivere questo passaggio, e per paura ci portiamo tutto dietro senza scegliere cosa lasciare, il guaio è vivere da eterni “Peter Pan” e si sa che in termini psicologici Peter Pan è una sindrome.

C’è ancora qualcosa che mi porto dietro da troppo tempo e che dovrei lasciare? Sono pronto a cambiare?


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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Buon seme o zizzania?

Cosa sei tu? Cosa siamo noi?
Ancora una volta ci troviamo di fronte a questa pagina del vangelo… ma oggi la riflessione mi porta a indagare altre mete… mi porta a fare altre considerazioni.

Non si capisce subito se siamo buon seme o zizzania… ma solo dopo tanto tempo. All’inizio sembriamo tutti buon seme… solo il tempo, anzi, solo con il tempo si comprenderà se siamo buon seme o zizzania.

Siamo buon seme quando…

…la pace e la comunione hanno più valore rispetto all’avere ragione…
… sappiamo amare rispettando noi stessi e gli altri…
…l’amore non è possesso ma libertà…
…sappiamo condividere tempo, fede e portafoglio…
…la preghiera scandisce il nostro tempo…

Siamo zizzania quando…

…facciamo e ricerchiamo sempre i nostri interessi…
…usiamo gli altri a convenienza e non li amiamo gratuitamente…
…diciamo di avere perdonato ma portiamo dentro ancora tanta rabbia e rancore…
…rispondiamo al male con il male o con l’indifferenza…
…non sappiamo chiedere scusa…
…non sappiamo perdonare e perdonarci…
…non troviamo tempo per stare con Dio.

Buon seme o zizzania?
Purtroppo, per capire ci vuole molto tempo… all’inizio sembrano e sembriamo tutti buon seme!

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AUTORE: Don Antonio Mancuso
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don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

“La zizzania nel campo”

Gesù desidera che grano e zizzania crescano insieme nello stesso campo e non siano separate. È un’immagine per dire che bene e male non vanno disgiunti. Perchè? Anzitutto perchè solo Dio può conoscere in modo esatto il bene e il male compiuto dagli uomini e a Lui solo spetta il compito di dichiarare quello che è stato un agire virtuoso e quello che, al contrario, è stato malvagio. Inoltre Lui solo ha il potere di separare bene e male nel tempo da Lui prestabilito.

Agli uomini invece è dato il compito di riconoscere ciò che è bene e male e di prenderne le distanze. Crescendo insieme grano e zizzania c’è il rischio che l’una sottragga il terreno all’altro, che ne impedisca la sua crescita e lo faccia morire. Ma a questo rischio il Signore ha già sentenziato che sarà Lui a prevalere e pertanto il bene non soccomberà dinanzi alla forza del male. Il tempo in cui grano e zizzania crescono insieme nel campo rappresenta invece un’opportunità per entrambi. Il grano può produrre ancora più frutto nonostante la zizzania e quest’ultima, fuori di metafora, può convertirsi in grano.

In breve

A volte vorresti separare nettamente tra buoni e cattivi e allontanare quest’ultimi dalla tua vita. Ma devi riconoscere che il tempo è un’opportunità per entrambi, e favorire tu stesso il processo di crescita degli uni o di cambiamento per gli altri.


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Commento a cura di don Vincenzo Marinelli

Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

A sentire le parole sul compimento della storia, è facile farci prendere dalla fretta di posizionarci tra i buoni e di puntare il dito contro chi riteniamo cattivi. Ma è proprio ciò che la parabola della zizzania vuole evitare: la sua spiegazione è come rimprovero per chi già la conosce, ma nei fatti fatica a viverla e quindi ha bisogno di sentirsela ripetere, oggi, nella comunità in cui vive.

Sin dall’inizio la Chiesa ha dovuto affrontare le eresie di chi voleva creare una setta esclusivamente di perfetti; Gesù, al contrario, andava in cerca proprio dei peccatori – non dei già puri – per costituire la sua comunità che accoglie tutti, a partire quindi dai più bisognosi di santità. Nello sguardo di Gesù nessuno è così incapace di portare almeno un frutto di bene; anche noi siamo invitati a stimare i fratelli con la medesima fiducia: alla fine tutti potrebbero essere grano, anche se al momento ci sembrano zizzania.

È vero, l’erba cattiva è una realtà – anche nelle nostre comunità e pure all’interno del nostro cuore – intrecciata a quella buona, ma non spetta a noi togliere via tutto frettolosamente. Non è giunto ancora il momento della mietitura: non possiamo rischiare di perdere qualche pianta che potrebbe maturare frutti di beatitudine. Dio li vuole cogliere tutti quanti, perché alla fine resterà solo il risultato dell’amore; la sua premura è proprio per quella pianta che sembra più debole, fragile, sterile.

Non sta a noi condannare chi apparentemente non vive il Vangelo, né a svelare i complotti malvagi tra noi, perché siamo i primi ad assomigliare alla zizzania e ai seminatori di ingiustizie. Se invece assumiamo lo stesso sguardo generoso di Gesù ci premuriamo di non essere noi quello skandalon, cioè quello sgambetto di chi si mette di traverso e intralcia il libero cammino di tutti i cuori attratti da Dio.

Sono infatti i troppi giudizi sommari, pettegoli e moralistici – anziché lasciare agire la generosa misericordia che abbiamo ricevuto – a tenere lontane dalle nostre chiese tante persone che sarebbero pronte a fruttificare. Le nostre vite non siano dunque di ostacolo, ma di sostegno rispettoso per chi soprattutto fatica a trovare Dio.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Medita

È sempre Matteo che scrive; il gabelliere che rispose alla chiamata di Gesù mentre era intento al tavolo di lavoro. Il pubblicano diventato apostolo che, secondo la tradizione, predicò il suo Vangelo agli ebrei di Palestina. E proprio questo suo rivolgersi agli ebrei ed essere “figlio del mondo” è, forse, la chiave di lettura di questo passo evangelico.
La fede che salva non è tanto quella scritta nella legge di Israele, nei suoi innumerevoli precetti che ne fanno un “giogo pesante”, ma è quella in Gesù. È Lui il seminatore di cui parla la parabola; colui che semina non con le mani ma attraverso la sua Parola. Una Parola che è un “giogo leggero”, un richiamo che si condensa in due soli precetti: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, e il prossimo come noi stessi. Il di più e il diverso che viene dagli uomini è frutto del maligno.
Il campo non è solamente il popolo eletto di Israele, ma è tutto il mondo.
Il buon seme sono tutti coloro che ascoltano la parola di Gesù e la fanno propria testimoniandola e professando la loro fede con parole ed opere di carità. Così facendo si radicano in Dio, e sono perciò figli del Regno. Sono loro il seme buono che produrrà frutto e che convertirà alla fede in Gesù, riconoscendolo come il Messia atteso; il nostro Salvatore e redentore. E sarà proprio dai frutti che producono che si potrà verificare se erano seme buono oppure zizzania.

Rifletti

Posti quotidianamente di fronte alla antitesi fra religiosità e immanente positivismo in virtù del quale niente esiste al di là della realtà percepita, sappiamo replicare alla maniera di Gesù che ci richiama a non confondere la ritualità con la fede e a rivolgersi a Dio in modo essenziale? Sappiamo conformarci alla Sua volontà e amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amati, oppure riduciamo la fede ad una serie di pratiche rituali? Non chi dice “Signore! Signore!” entrerà nel Regno dei Cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio. Questo ci dice Gesù.

Prega

Maria, che alle Nozze di Cana
con fede nel tuo figlio Gesù,
hai invitato i servi
a fare quello che Lui avrebbe detto,
aiutaci ad avere la tua stessa fede in Gesù
e ad essere testimoni credibili della Sua Parola.


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Dal Vangelo di oggi:
Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». (Mt 13,36)

Possiamo accettare che il Regno sia qualcosa di piccolo ma accogliente come il cespuglione di senape o magicamente potente come la pasta che lievita. 
Che però sia un posto in cui dobbiamo rinunciare a sentirci i migliori, i perfetti, questa ce la devi spiegare.
Non si tratta di rinunciare alla perfezione. 
Ma di accogliere quella che interessa a Te e che coinvolge noi tutti.


don Franco Mastrolonardo – Commento al Vangelo di oggi – 28 Luglio 2020

Il commento di don Franco Mastrolonardo.

Sito web – preg.audio

don Mauro Leonardi – Commento al Vangelo del giorno, 28 Luglio 2020

Dio è misericordioso e aspetta la fine del mondo per bruciare il male. Ma il male stesso è il mondo “mondanizzato” che viene bruciato dall’amore senza fine dell’Onnipotente.

Vieni da me

Ho orecchie.
Aprimele.
Riempimele del suono della tua voce.
Del peso delle tue parole.
Dai vita alla mia vita.
Rimani in casa con me.
Congeda via tutti.
Rimani con me e parlami.
Riempimi la vita di vita.

Vieni da me.
Avvicinati.
Parlami del seme buono e del seminatore.
Parlami del campo e dei mietitori.
Parlami degli angeli.
Parlami dei giusti e del padre.
Parlami di quanta bellezza c’è.
Di quanto bello sei.
Parlami di tutto quello che semini nella mia vita e che io non so.
Insegnami l’attesa.
Insegnami.

Fonte: il sito di don Mauro Leonardi

Mauro Leonardi (Como, 4 aprile 1959) è un presbitero, scrittore e opinionista italiano.


p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Si diceva un tempo che quando non si sapeva di cosa parlare o non si voleva parlare di cose importanti, si parlava del tempo. Cosa vogliamo evitare parlando del tempo, che cosa vogliamo raggiungere non parlando di ciò che maggiormente ci sta a cuore?

L’altro argomento importante che occupa le nostre giornate per non parlare di cose serie, è il parlare dei difetti degli altri, dei loro sbagli. La misericordia è data a noi per gli altri, noi invece la usiamo per giustificare noi stessi e per condannare gli altri. Se non fosse cosa seria la condanna del prossimo, ci sarebbe materia per rendersi ridicoli quando giustifichiamo noi stessi e condanniamo gli altri. La verve adolescenziale che c’è in noi viene a galla con tutta la sua forza e mette in atto tranelli disumani con cui noi pensiamo di difenderci dal cosiddetto mondo malvagio.

Il giudizio di Dio è solo suo ed è solamente alla fine dei tempi, non possiamo continuare il gioco al massacro dove noi ci mettiamo al posto di Dio e dove noi giudichiamo oggi ciò che è solo del domani. Il presente è il tempo della grazia, è il tempo della pazienza come virtù che non è nata per sopportare ma per guardare avanti, per guardare il futuro. Il futuro è questo: che tutti siano salvi e che tutti giungiamo a conversione e a salvezza. Come? Il come è cosa di Dio ed è cosa secondaria rispetto alla sostanza che è la salvezza da Lui a noi donata e che noi dobbiamo accogliere.

Ma se noi abbiamo comprensione con tutti non si rischia il disimpegno? Se Dio perdona comunque, allora si può fare quello che si vuole, quello che ci pare e piace trascurando l’amore? Qui, non vi è dubbio, facciamo un passo indietro: da adolescenti diveniamo bambini capricciosi. Un ragionamento che è insensato e che di ragionamento ha ben poco.

Sarebbe come dire: “Mia madre mi vuole bene e non si vendica. Allora posso impunemente maltrattarla”. Può avvenire questo? Sì! Ma non venitemi a dire che questo sia bello, buono e giusto e che questo faccia parte dell’orizzonte della nostra speranza.

In fondo questi versetti di vangelo ci dicono che l’altra faccia della medaglia della libertà, a cui noi tanto guardiamo, è la responsabilità, che noi così poco ascoltiamo. Essere responsabili significa essere persone che non giudicano ma usano misericordia. La comunità cristiana non è una setta di giusti e neppure una banda di malfattori. La comunità cristiana è una comunità di misericordia verso l’altro.

Ascoltare la zizzania che c’è in noi e intorno a noi e contemplare la misericordia che viene a noi è la strada non per perdere giudizio ma per far sì che il giudizio diventi creativo nel fare crescere la vita proprio laddove la vita è deficitaria. Vedere il deficit di vita per amare la vita e creare condizioni perché la vita possa fare un passo avanti, è misericordia che fa nascere vita e non la uccide col giudizio.

Non possiamo separare il male dal bene, la zizzania dal grano buono. Non possiamo neppure continuare a vedere Dio come separato dall’uomo. L’uomo è distinto da Dio, non separato. Come il male è distinto dal bene, non separato. Come la zizzania è distinta dal grano buono, non separata. La vita di Dio e la nostra libertà sono distinti ma guai se le vivessimo come realtà separate: sarebbero due realtà zoppe. L’uomo senza Dio come Dio senza l’uomo non stanno in piedi e non camminano. L’azione di Dio rende possibile l’azione dell’uomo. Come l’azione dell’uomo porta a buon fine, a compimento, l’azione di Dio.

Noi siamo nella misura in cui rispondiamo liberamente all’azione di Dio in noi. Dio non si sostituisce a noi ma ci fa come Lui fino a potere dire che: siamo tutto nostro Padre, è tutto suo Padre.

Questa è la nostra salvezza: diventare ciò che siamo.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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