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Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Gesù chi parla apertamente dell’azione del demonio nella vita del mondo. Il demonio semina la zizzania, il male, ciò che è tossico, ciò che velenoso… tale è il seme della zizzania che assomiglia in modo straordinario al grano.

È tipico dell’azione del maligno confondere scimmiottare Dio, far passare il male per bene. Allora l’attenzione del cristiano deve essere di saper cogliere la zizzania ovunque si trovi, nella propria vita, e a saper fare la distinzione ma senza avere la pretesa di condannare o di giudicare il male: tutto questo tocca a Dio, è il suo mestiere, lasciamo a Lui di giudicare il male e chei opera il male, noi cerchiamo di essere un buon grano quello che viene appunto seminato dal cuore di Dio.

Chi vive nell’amore che Dio riversa nel suo cuore, certamente è un buon grano, certamente porta nel Regno la fecondità di Dio. Il grano è proprio il simbolo della fecondità della farina che dà pane, quindi dà vita: l’elemento essenziale per la vita dell’uomo. L’essenziale è l’amore, tutto ciò che è contrario all’amore non viene mai da Dio. Viene dal demonio. Impariamo a dare anche noi i nomi Giusti ai valori, alle situazioni che viviamo, e chiediamo al Signore di tenerci lontano dallo spirito della zizzania, di non essere noi operatori di zizzania. D’altra parte si tratta di appartenenza.

Gesù qui parla di “figli”, quindi un’appartenenza molto stretta al bene o al male. A chi vogliamo appartenere? Questa domanda oggi solleciti il nostro cuore di una profonda riflessione. Il bene e il male coabitano in noi. Sta a noi distinguerli e optare sempre per il bene. Il cristiano gioca tutta la sua vita sull’amore. E questo comporta impegno. Ma dà ricompensa eterna e gioia duratura.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 28 Luglio 2020

La liturgia persevera nel parlarci del “ Regno dei Cieli “.

Vuole, probabilmente, richiamarci alla grande importanza del tema per la nostra fede.

Se deve essere la “ nostra meta “, è necessario capire bene cosa sia questo “ Regno “.

Oggi, in particolare, Cristo lo paragona ad un campo di frumento a cui si è mescolata la zizzania.

Zizzania.

E’ una pianta erbacea simile al frumento, che nasce nei campi coltivati e che produce una farina tossica, la quale nuoce al frumento, con il quale si confonde.

Da cio’ nasce l’espressione “ seminare ” o “ mettere zizzania ”, che significa creare, subdolamente e con malignità, ostilità fra le persone.

E’ accaduto al Signore e…accadrà anche a noi: è questo l’insegnamento da trarre.

Dobbiamo prendere atto che se vogliamo iniziare a costruire “ il regno dei cieli “ già su questa terra, seminando buon frumento, cioè diffondendo la Parola, testimoniando la nostra fede, ci sarà qualcuno che ci osteggerà, ci combatterà, ci calunnierà, metterà, cioè, zizzania, per cercare di screditare noi e, soprattutto, la Parola.

Animo dunque…, è successo a Cristo e, quindi, non lamentiamoci, anzi, insistiamo, quando capiterà a noi poiché….. sappiamo come andrà a finire.

Quando saremo faccia a faccia con Cristo, se avremo perseverato e avremo sempre seminato frumento “ splenderemo come il sole nel Regno del Padre “.

Chi, invece, avrà seminato zizzania, sarà “ gettato nella fornace ardente “.

Restiamo sempre creatori di unione, di concordia, e mai di divisione.

Buona giornata e buona riflessione a tutti.


don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Iniquità: invidia, gelosia, inimicizia contro l’innocente

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AUTORE: don Marco Scandelli
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don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Sulle rive del fiume Giordano era stato annunciato come il Messia della separazione e della purificazione: finalmente stava per venire colui che avrebbe pulito l’aia dalla pula, avrebbe posto la scure alla radice. Giovanni Battista si faceva interprete di una attesa che era di tutta una fascia di persone che coltivava la pretesa di costruire un popolo santo di fedeli osservanti della Legge. Viene il Messia, nulla di tutto questo. Anzi! Sembra vada nella direzione opposta rispetto alle attese del popolo e dello stesso Giovanni che gli manderà addirittura a chiedere, scandalizzato com’era: sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?

Non apparterranno a Gesù i verbi suggeriti da Giovanni. Ne coniugherà un altro: voce del verbo lasciare. Non il lasciare della rinuncia ma il permettere che l’altro sia. Lasciare: il verbo del mite, colui che lascia che l’altro sia. Verbo che a fatica sentiamo nostro soprattutto quando si tratta di qualcosa che non rientra nel nostro orizzonte interpretativo. Vorremmo continuamente porre linee di demarcazione tra il bene e il male, tra i buoni e i cattivi, tra chi è dei nostri e chi non lo è. Vorremmo finalmente che la comunità cristiana (soltanto questa?) sia un luogo di puri.

Appartiene anche a noi lo zelo dei discepoli che vorrebbero riconoscere l’evidenza del regno di Dio, che invece manterrà sempre la misura umile del granellino di senapa e del poco lievito in grado di far fermentare tutta la pasta. Ciò che ci manca è quello sguardo profetico che ci permette di riconoscere l’interminabile travaglio del suo regno, la sua continua gestazione.

La pagina evangelica, piuttosto, che parla della e alla vita ci restituisce un dato incontrovertibile: Ambiguo è il tempo – ogni tempo – che viviamo. E non solo fuori di noi ma anzitutto dentro di noi. Un’ambiguità che ci appartiene e ci accompagna. Perciò bando ad ogni sterile allarmismo oggi tanto frequente anche sulle nostre labbra come se tutto dipendesse solo ed esclusivamente da noi, rimasti gli ultimi strenui difensori della verità delle cose. Bando ad ogni fretta di voler finalmente situazioni chiare e distinte. A fronte dell’allarmismo e della fretta dei discepoli (vuoi che…?) la mitezza e l’indulgenza del Signore (lasciate…). A chi vorrebbe farsi prendere dalla smania di estirpare il Signore propone il far crescere…

Altro è lo sguardo di Dio sul mondo, sulla storia, su di me. Ed è questo sguardo che dobbiamo imparare a fare nostro ponendoci continuamente in ascolto della parola del vangelo, per non lasciarci guidare da disamine sul reale tanto sicure quanto sommarie.

Il problema non è stabilire ciò che è bene e ciò che è male e finalmente distinguerlo. A tema c’è piuttosto come stare in un tempo segnato inevitabilmente dalla presenza del male. È in questo tempo pure ambiguo, infatti, che il regno di Dio è già all’opera.

La prospettiva non è quella di costituire un gruppo di soli giusti ma stare con pazienza in questo tempo, nella consapevolezza che non è questa l’ora per giudicare e che non spetterà a noi il farlo. Il rischio di estirpare il grano con la zizzania è dietro l’angolo. Non è forse accaduto così con Gesù, grano estirpato perché non corrispondente alle aspettative separatiste di un gruppo?

Gesù non coniugherà mai i verbi della separazione ma quelli della prossimità a tal punto da essere annoverato tra gli empi. Osare la prossimità, rischiare la prossimità: ecco i verbi consegnati alle nostre comunità che volentieri prenderebbero le distanze. Rischiare la prossimità a tal punto da essere considerato amico dei pubblicani e dei peccatori. Così Gesù. Così l’invito evangelico. Perché nulla è mai del tutto perduto.

Ecco la dolce speranza che deve abitare il cuore dei discepoli, quella che deve far osare ancora la prossimità. Se il buon grano è buon grano non rischia affatto la contaminazione. A tema, semmai, è come essere buon grano. Il male non lo si combatte estirpandolo: lo si vince con il bene. Combattere il male, infatti, equivale ad usare le sue stesse armi. E ciò non è mai evangelico, anche se in gioco c’è un bene da difendere.

Lasciate…


AUTORE: don Antonio Savone
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Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Non è difficile da capire la parabola del grano seminato a grano in cui cresce anche la zizzania. Semmai è difficile da vivere. Capiamo tutti il messaggio: nel campo buono della nostra vita, della storia, l’avversario ha seminato la zizzania.

L’odio, la vendetta, l’astio, la piccineria, la divisione. La portiamo nel cuore, è evidente, non abbiamo bisogno che qualcuno ci convinca della sua esistenza. Esiste, la zizzania, anche se a volte giriamo il volto dalla parte opposta. Semmai si tratta di prenderne coscienza e di decidere cosa fare, come muoverci.

L’istinto immediato che portiamo nel cuore, la reazione immediata, è quella di strappare la zizzania. Fare una bella cernita, impegnarci, pregare, fare sacrifici, o qualcosa del genere. Salvo poi, magari dopo anni di sforzi, accorgerci che non è cambiato niente, che il nostro uomo vecchio, intonso, è lì che fa la guardia al santo che pensiamo di essere diventati.

Non preoccupiamoci, amici, fidiamoci di Dio, lasciamo fare a lui. La pazienza che Dio porta verso noi stessi e verso il mondo, usiamola anche noi. La mietitura e la separazione avverranno decisamente più avanti…

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LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO DEL GIORNO


Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

Il commento alle letture del 28 Luglio 2020 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Il nemico che l’ha seminata è il diavolo

MARTEDÌ 28 LUGLIO (Mt 13, 36-43)

La Parola del Signore è Parola di verità, giustizia, luce. Essa dona vita eterna. La parola di Satana è menzogna, falsità, inganno. Ha come frutto la morte eterna. Il Paradiso è la casa della luce. Satana si invaghì della sua luce. Si proclamò Dio. Sottrasse al suo Creatore e Signore ogni obbedienza. Nella casa della luce seminò la zizzania. Un terzo di Angeli fu da lui trascinato nelle tenebre eterne. Da quell’istante altro non fa che seminare nel cuore degli uomini la parola della falsità, dell’inganno, della morte: “Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme ai suoi angeli, ma non prevalse e non vi fu più posto per loro in cielo. E il grande drago, il serpente antico, colui che è chiamato diavolo e il Satana e che seduce tutta la terra abitata, fu precipitato sulla terra e con lui anche i suoi angeli. Allora udii una voce potente nel cielo che diceva: «Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, perché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto grazie al sangue dell’Agnello e alla parola della loro testimonianza, e non hanno amato la loro vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è disceso sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo». Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a fare guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che custodiscono i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù” (Ap 12,7-17). Finché non avverrà la creazione dei cieli nuovi e della terra nuova, sempre Satana vomiterà la sua parola di falsità e di menzogna nel cuore degli uomini. Il discepolo di Gesù può non lasciarsi infangare dal vomito di Satana. Cristo mai si è lasciato sporcare dalla sua menzogna.

Il potere di Satana non è illimitato. Esso è sempre controllato dal Signore. Satana volle mettere alla prova Giobbe. Il Signore gli ha posto un limite. Satana vuole tentare la Chiesa. Sempre il Signore pone dei limiti invalicabili e anche gli dona un tempo fissato: “E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell’Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell’Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po’ di tempo” (Ap 20,1-3). Oggi a Satana è stato concesso il potere di vagliare tutta la Chiesa come si vaglia il grano. Ognuno è messo alla prova. Il Signore vuole conoscere chi è a Lui fedele e chi invece lo tradisce, lo abbandona, lo rinnega, tradendo, rinnegando, abbandonando la sua Parola.

In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

L’insegnamento di Cristo Gesù è divinamente luminoso. Chi cade nella tentazione di Satana e si consegna alla sua falsità e menzogna non vedrà la luce eterna. Sarà gettato nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Solo i giusti splenderanno come il sole nel regno del loro Padre celeste. Oggi Satana è riuscito a togliere dal cuore degli uomini proprio questa verità e cioè l’eternità della gloria e l’eternità della perdizione eterna. Alla fine del mondo, o alla sera della vita, tutti andranno nella luce eterna. Questa falsità ormai è nel cuore di tutti i discepoli di Gesù. A nulla più serve Cristo Gesù e tutto ciò che viene da Lui: grazia, verità, giustizia, vita eterna, parola, luce, conversione. A nulla serve essere cristiani. Tutti sono già salvi.

Madre di Dio, Angeli, Santi, liberateci da questo peccato contro lo Spirito Santo.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.

don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020 – Mt 13, 36-43

Gesù non è uno sprovveduto, sa bene che la realtà non può essere giudicata dalle semplici etichette che mettiamo noi. Infatti il male si insinua in un modo misterioso che a volte sfugge al nostro stesso controllo e buone intenzioni. La zizzania è seminata dal “nemico” quando nessuno se ne accorge.

Ma la domanda vera è cos’è la zizzania? <<La zizzania sono i figli del maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo>>, così dice Gesù. E ciò è interessante perché noi solitamente pensiamo che la zizzania sia la semplice “maldicenza”, invece Gesù dice che sono delle persone vere e proprie. Chi sono questi figli del maligno”?

È facile riconoscerli, anche se a volte non hanno nemmeno loro consapevolezza di essere tali: sono tutti quelli che seminano divisione, cattiveria, egoismo, paura, insicurezza, tristezza ovunque passano. Ma “figli del maligno” non si nasce ma si diventa. Ciò accade quando la zizzania non la mettiamo in minoranza dentro di noi prendendo così il sopravvento anche sul “buono” che ci abita.

Rischiamo tutti di diventare “figli del maligno” e di vivere la nostra vita portando a compimento il progetto del male e non del bene. Credere significa avere un’immensa cura di ciò che ci portiamo dentro, per essere sempre pronti a non lasciarci inquinare il nostro vero essere, la nostra vera pace, lo scopo vero per cui siamo nati.

Persino il dolore può diventare dentro di noi causa di marciume. Quando non viviamo bene le esperienze tristi della vita, allora esse si trasformano dentro di noi in rancore, rabbia, invidia e così disseminiamo tutto questo fuori di noi. Il brutto di tutto ciò sta nel fatto che solo alla fine Dio metterà mano per tirare delle conseguenze alla nostra vita di “grano” o di “zizzania” , e magari allora sarà troppo tardi per virare in un’ altra direzione.

Ma ciò è anche un’opportunità, è l’opportunità di avere ancora del tempo per iniziare questa santa coltivazione dentro di noi senza aver paura della zizzania che ci abita o ci circonda, ma sforzandoci di metterla quanto più possibile in minoranza.


AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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FONTE: Amen – La Parola che salva

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d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 28 Luglio 2020

È parte del buon seme seminato avvertire anche del male che può cercare di confondere i discepoli. L’appoggiarsi a Gesù protegge nel profondo da questi pericoli.

Che inganno pensare di discernere con la propria intelligenza di fronte a cose tanto più grandi di noi. In questo cammino dove si diventa sempre più liberi dalle apparenze e dagli artifici del mondo e nascosti in Cristo, nella sua opera, vi è la consolante certezza di non vivere in una realtà dove prevale la menzogna. Un giorno tutto sarà nella luce.

Una luce piena di amore, di comprensione, di perdono ma anche di verità.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 2 Agosto 2020

Gesù predica per pochissimi anni eppure non di rado si reca in luoghi appartati. La sua manifestazione è graduale e delicata. Egli sa che le persone spesso devono scegliere di cercarlo per avere così il cuore almeno germinalmente aperto alla sua grazia. Dio si può manifestare ad una persona anche in un periodo di un certo benessere, non è necessariamente il dolore la via per trovarlo.

Il bisogno comunque può aiutare a comprendere la propria creaturalità, dipendenza da Dio. Ma anche sperimentando l’aiuto di Dio, persino i suoi miracoli, per esempio il suo potere di sciogliere tanti nodi, di guarire, è un cammino lasciarsi portare sempre più nella fiducia nel Suo operare. La sera che giunge sembra porre termine a tante umane possibilità ma questo limite, dietro a Gesù, diviene occasione per rivelare il suo oltre che, in Lui, è anche l’oltre dei suoi discepoli e della gente.

Quella situazione di apparente ristrettezza, quei pochi pani e pesci non sono meramente esigua materia, sono il dono, il seme di Dio che fruttifica secondo la sua sapienza. Se Dio giudica che quei pochi pani diventino molti ciò potrà avvenire, la moltiplicazione è sviluppo grande di ciò che Dio sa serve veramente a quelle persone.

Quel poco, nella grazia, è il tutto di cui vi è bisogno. Che fiducia, che pace, credere e sperimentare la potenza dello Spirito, che nel profondo libera da ansie, competizioni, perché non si tratta di opere nostre ma di Dio. Ma il miracolo può richiedere una piccola collaborazione umana. Forse la folla si siede, che significava in quel tempo e in quel popolo mettersi a tavola, aiutata dalla fede dei discepoli.

Forse non a caso le ceste avanzate sono dodici, come i dodici apostoli.


A cura di don Giampaolo Centofanti nel suo blog.

don Francesco Dell’Orco – “Tendi la tua mano al povero”

O Dio Padre, creatore e amante del creato, giusto e provvidente verso tutti i Tuoi figli, nel drammatico momento che stiamo vivendo a causa del Covid-19, ci abbandoniamo con fiducia fra le Tue braccia benedicenti, accogliendo il Tuo invito a tendere la mano al povero, che porta impressa in sé la Tua immagine.

Ti ringraziamo per le mani tese degli operatori sanitari, degli amministrativi, dei sacerdoti, dei volontari, di tutti coloro che lavorano per offrire servizi essenziali a quanti mancano del necessario. Converti coloro che continuano a tenere le mani in tasca e non si lasciano commuovere dalla povertà, di cui spesso sono anch’essi complici. Trasforma le loro mani in strumenti di giustizia e di pace per il mondo intero.

O Signore Gesù, che hai rivelato di essere presente nei Tuoi fratelli più deboli, ricordaci che i poveri sono con noi per aiutarci ad accogliere la Tua compagnia nell’esistenza quotidiana.

O Spirito Santo, scrollaci di dosso l’indifferenza, non lasciarci mai tranquilli e continua a stimolarci al bene. Facci riconoscere e amare Gesù nel volto del povero.

O Beata Vergine Maria, Madre di Dio,  custodisci nel Tuo Cuore i poveri, Tuoi figli prediletti, e trasforma la nostra mano tesa in un abbraccio di condivisione e di fraternità ritrovata.

Amen. Alleluja!

don Francesco Dell’Orco

(Preghiera ispirata dal Messaggio del Santo Padre Francesco del 13.6.2020 per la IV Giornata Mondiale dei Poveri che si celebra la 33.ma Domenica del Tempo Ordinario, il 15.11.2020)

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