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p. Arturo MCCJ – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Il racconto (Lc 10, 38-42) presenta gli atteggiamenti delle due sorelle: Maria, seduta, ai piedi di Gesù, e Marta, invece, è tutta presa dai molti servizi e si avvicina a Gesù per contestare il comportamento della sorella.

La sua attenzione non è più sul suo invitato ma concentrata su se stessa, e infatti arriva a rimproverare Gesù prendendo come riferimento lei stessa.

Queste succede spesso anche ai bravi cristiani catechisti, o sacerdoti, o religiose/si che fanno 1000 cose ma si dimenticano per chi farle e da ci imparare.

Gesù non contesta all’operosità di Marta il valore di accoglienza riguardo alla sua persona ma mette in guardia la donna dai rischi in cui può incorrere: l’affanno e l’agitazione. Percoli concreti a cui tutti dobbiamo porre attenzione.

Il desiderio di servire Dio non può sostituire quello di volerlo ascoltare: bisogna dedicare un certo tempo e spazio a cercare il Signore.


Fonte: Telegram

Il canale Telegram “Vedi, Ascolta, VIVI il Vangelo”.

Un luogo dove ascoltare ed approfondire la Parola con l’apporto di P. Arturo, missionario comboniano ?? ???????????, teologo biblista. Se vuoi comunicarti con loro, scrivici a paturodavar @ gmail.com BUON CAMMINO!!!

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Don Antonio Mancuso – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Nel vangelo di oggi Marta si esprime in un dialogo con Gesù molto intenso… molto vero… molto attuale e molto credente.

Potremmo dire che Marta è modello del credente che affronta la sofferenza e il lutto in un modo molto concreto… molto autentico… molto incarnato e nello stesso tempo pieno di fede.

Nelle parole di Marta c’è tutto questo…
C’è la sofferenza per la morte del fratello… ma, come spesso capita c’è anche tanta rabbia… ma una rabbia che non è fine a se stessa… non è bloccata sulla domanda del “perché”… “perché è capitato a me… a lui… in questo periodo…” ma una rabbia che si apra alla fede… che non lascia spazio alla paura… al dubbio… all’incredulità!

La sofferenza diventa, allora, per Marta l’occasione per incontrare il Signore e rinnovare la propria fede.

Andiamo a scuola da Marta che non ha smesso di credere nonostante il lutto… che non ha smesso di credere ma ha ugualmente espresso la propria rabbia… composta… decisa… ma pur sempre rabbia.

Come vivo la mia sofferenza?
Come vivo la mia rabbia? Che significato do alla mia sofferenza?

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AUTORE: Don Antonio Mancuso
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don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

“Non t’importa nulla che sia sola a servire?”

Ascoltare la Parola di Dio e servire non sono in contraddizione tra loro ma sono i due binari sui quali viaggia la vita del credente. Gesù mette in evidenza che ascoltare la sua Parola è qualcosa di irrinunciabile. Molto spesso infatti accade che non si riesce a realizzare quanto si aveva in mente nell’arco della giornata, dunque sembra che le cose da fare si sommino giorno dopo giorno. E per portare a termine quanto avevamo in mente siamo disposti a sacrificare noi stessi, soprattutto quei momenti che richiedono riflessione e concentrazione, come lo è la preghiera, la meditazione e l’ascolto della Parola di Dio. È più facile aggiungere altre cose da fare mentre si sta svolgendo già qualche altra attività che fermarsi per prendersi un adeguata distanza dalle cose, entrare in se stessi e rivolgersi verso Dio.

Anche la preghiera è un “lavoro”, che richiede un tempo da prevedere nella giornata e da non lasciare al caso; richiede concentrazione e impegno per cui non può essere rimandata come ultima attività della giornata perchè si è più stanchi; richiede continuità e perseveranza perchè costa fatica e non si può rimandare a quando se ne ha voglia.

In breve

Anche la preghiera è un “lavoro” da organizzare mentalmente nei suoi momenti; da svolgere con la dovuta energia e concentrazione; da praticare con costanza nonostante richieda fatica e impegno.


Di don Vincenzo Marinelli anche il libretto:

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Commento a cura di don Vincenzo Marinelli

Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Gesù «manifesta la sua gloria per la prima volta a Cana su preghiera di sua Madre; a diverse riprese, erige delle donne a modello di fede e compie delle guarigioni che imputa alla loro fede; dell’unzione ricevuta da una donna alla vigilia della sua morte, fa un memoriale della sua passione che prescrive di trasmettere alle generazioni future; accredita le due sorelle, le sue amiche, Marta e Maria, come autentiche discepole, ricevendo dall’una la migliore testimonianza della sua divinità: “Tu sei la Resurrezione e la Vita”, e presentando l’altra come il perfetto ricettacolo della sua Parola: “Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”; infine è ad un’altra donna, un’altra amica, Maria di Magdala, che appare per prima all’uscita dalla tomba e che affida il messaggio della sua resurrezione perché lei ne comunichi la Buona Novella ai suoi apostoli.

Da questi esempi, per quanto eloquenti essi siano (occorrerebbe senza dubbio cercarne altri), mi guarderei dal trarre argomenti a favore dell’ordinazione delle donne, poiché Gesù non ha mai pronunciato la parola sacerdozio; ma ricevo la chiara indicazione che ha creduto in loro, che si è affidato a loro, che ha affidato a loro il suo Vangelo, come ai suoi apostoli, in modo diverso forse: non le invia a percorrere il mondo, ma in modo non meno autentico: ne fa delle trasmettitrici della missione che aveva ricevuto dal Padre di diffondere la Vita nel mondo.

Invitava così la sua Chiesa a trarre risorsa ugualmente dalle donne per continuare la sua opera. Insomma, non può essere tratto alcun principio di esclusione dalle parole o dagli esempi di Gesù, null’altro che una pressante esortazione a non temere di incaricare del ministero del Vangelo chiunque, uomo o donna, abbia abbastanza fede in lui per offrirsi a questo compito: perché lui solo dà la forza di portarlo avanti e gli fa portare frutto».

p. Joseph Moingt S.J.
(19·IX·1915 – 28·VII·2020)


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Medita

Questo quadro della morte di Lazzaro ci vuole imprimere nella mente l’immagine del conflitto tra la vita e la morte. Lazzaro è morto, molti Giudei sono a casa di Marta e Maria a consolarle per la perdita del fratello. I rappresentanti dell’Antica Alleanza non portano la vita nuova; consolano appena. Gesù è colui che porterà la vita nuova, Lui è sorgente di vita per coloro che credono in Lui. Con questo mistero chiediamo la consolazione del signore, che ci rassicuri che la morte è un sonno, quando per noi invece è la fine. Chiediamo, inoltre, di continuare a coltivare la speranza nella vita e nella resurrezione, quando per noi terreni sono rimaste solo le lacrime. Come si legge nel racconto evangelico Gesù non è mai in ritardo rispetto alla nostra umana premura, perché quando arriva ha sempre la possibilità di svegliare i suoi amici e di restituirceli. Ricordiamoci che quando tutto è in disfacimento, il corpo, le membra, il nostro cuore, la nostra fiducia, Egli ci può restituire tutto e renderci liberi dalle bende della morte.

Rifletti

La professione di fede in Gesù è professione di fede nella vita: Gesù sfida Marta a fare questo salto. Non basta credere nella resurrezione che avverrà alla fine dei tempi, ma si deve credere che la Resurrezione è già presente oggi nella persona di Gesù: è colui che è resurrezione e vita.

Prega

Signore Dio, Padre e amico degli uomini,
tu hai voluto riconciliare a te l’umanità intera
nel tuo Figlio Gesù Cristo morto e risorto,
riconciliando così anche tutti gli uomini fra loro.
Manda su di noi il tuo Spirito di vita e santità
perché ci rinnovi nel profondo del cuore,
unendoci per tutta la vita al Cristo risorto,
nostro Salvatore e Fratello.
(Paolo VI)


AUTORE: Claudia Lamberti e Gabriele Bolognini
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi
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don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Ci sono case che frequentiamo più che volentieri, soprattutto quando in esse si gioisce della nostra presenza o quando vi riconosciamo persone che per noi sono particolarmente significative. Oggi il vangelo ce ne indica una verso la quale affrettare i nostri passi più spesso di quanto facciamo così da ritrovare il senso di tante nostre cose. È la casa di Marta, Maria e Lazzaro. Una casa verso la quale lo stesso Gesù più volte ha diretto i suoi passi ricercando il conforto dell’amicizia. Sarà stato così anche quel giorno. Avrà avuto bisogno anche lui di fermarsi mentre era in cammino con i suoi discepoli. Persino Gesù ha conosciuto la sosta e la necessità di un conforto.

Quella che si presenta davanti a noi è una scena domestica con parole domestiche, non religiose. In quella casa Gesù trova una pronta accoglienza. Marta è davvero una persona che sa accogliere generosamente. La sua è una casa aperta: Gesù sa di potervisi recare con libertà. È di casa, noi diremmo. Ci tornerà anche prima della passione.

Tuttavia Marta ha un difetto di prospettiva: è talmente presa dalle sue cose da preoccuparsene più di quanto non si occupi di colui al quale le sue azioni sarebbero indirizzate. Ecco l’errore di Marta. Il rimprovero che Gesù le usa, vorrebbe portarla a scoprire che, in fondo, si sta dedicando a se stessa. Troppo presa dal bisogno di fare, non ha compreso che c’è altro da fare: lasciar fare.

Maria non sente il bisogno di fare nulla: è solo intenta ad ascoltare la parola dell’amico che le ha visitate. A lei sta a cuore non ciò che bisogna fare perché l’altro stia bene, ma aprirsi al dono che l’altro è e rappresenta per la sua vita. Ha capito anzitutto che con quell’uomo sono superate persino le convenzioni sociali che volevano che una donna non potesse stare nella stanza riservata agli uomini, figuriamoci poi farsi discepola di un rabbi. L’essersi messa in ascolto dell’amico ha fatto sì che Maria bruciasse ogni ostacolo.

E com’è ovvio Marta si lamenta di questo evidente disinteresse della sorella per i doveri di una donna. Addirittura rimprovera l’amico perché non si cura del fatto che lei sia stata lasciata sola. Mai parole più vere sulla bocca di Marta. Marta è sola. Non si è accorta che quanto sta facendo non solo la distoglie dall’amico e da sua sorella ma persino da se stessa.

Tutto era cominciato molto bene nel segno di una accoglienza premurosa: al centro c’era l’amico e ciò che bisognava fare per lui. In quel quadro armonioso in cui ciascuna delle sorelle mette Gesù al centro della propria attenzione qualcosa si rompe quando Marta dapprima sposta lo sguardo da Gesù a Maria e a ciò che non sta facendo per poi finire di mettere al centro se stessa e la sua solitudine. Lc, molto finemente, annota che Marta si fece avanti. Tutto è capovolto: Marta ha messo al centro il suo punto di vista. Non ce n’è altri. E vuole che persino Gesù faccia in modo che prevalga il suo punto di vista.

Pur dandosi da fare nel servire, Marta osserva se stessa, per questo si agita. Paradossalmente, proprio il suo servire Gesù finisce per allontanarla da lui: pur lavorando per l’amico non si cura di averlo lasciato in disparte convinta di sapere già in partenza ciò che egli potrebbe gradire. Maria non guarda se stessa, guarda l’amico: al centro c’è lui e la sua parola, la sola che pur nella molteplicità delle cose da fare consente di non essere interiormente divisi.

Al Maestro non importa che si lavori per lui ma che si lavori con lui.

Di una cosa sola c’è bisogno. E io per che cosa mi sto dando da fare? È davvero la cosa giusta ciò che sto facendo?

Il problema non è scegliere una realtà particolare facendo la quale si è al sicuro, mentre chi sceglie altro è ad un livello inferiore. Il problema, semmai, tanto per chi sceglie la preghiera quanto per chi fa dell’altro, è non smettere di rimanere discepoli. Quello che sto facendo ora – qualunque cosa essa sia – lo sto vivendo da discepolo di nuovo bisognoso di ripartire dal Maestro o son convinto di sapere già in partenza in che modo viverlo?


AUTORE: don Antonio Savone
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don Marco Scandelli – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Il commento di don Marco Scandelli

Santa Marta: quando nella Chiesa c’è davvero posto per tutti!

Commento al Vangelo di Luca 10, 38-42

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AUTORE: don Marco Scandelli
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don Mauro Leonardi – Commento al Vangelo del giorno, 29 Luglio 2020

La consolazione che possiamo darci come fratelli supera le differenze tribali e in questa unione c’è Dio Padre e viene Gesù come vita e Resurrezione.

Tornerà la vita

A cosa altro dovrei credere?
C’è da credere qualcos’altro?
Qualcun altro a cui credere esiste?
Tu sei Gesù.
Il mio Gesù.
Mi hai ridato la vita.
Mi tieni in vita.
Non temo più la morte perché non temo più la vita.
Si, credo in te.

Sono in tanti a consolarmi.
Ma aspetto te.
Pronta a correre da te.
Perché tu asciughi le lacrime con la vita.
Perché tu fai del tempo, speranza.
Dolore, pianto, non sono più condanna.
La vita vince.
La vita torna.
La vita non finisce più se tu sei qui.
Con me.
E allora corro da te.

Quando te ne vai.
Arriva la morte.
Quella vera.
Quella della tomba.

Appena ti vedo.
So che la morte andrà via.
E tornerà la vita.
Quella vera.
Quella eterna.

Fonte: il sito di don Mauro Leonardi

Mauro Leonardi (Como, 4 aprile 1959) è un presbitero, scrittore e opinionista italiano.


don Nicola Salsa – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Festa di Santa Marta (Lc 10, 38-42)

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p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 29 Luglio 2020

Non mi convince leggere questo brano del vangelo evidenziando il contrasto tra Marta e Maria. Soprattutto non mi convince leggerlo come qualcosa di esterno a noi, come se in noi non vi fosse lo spirito di Marta e di Maria che non si integrano, che vanno in contrasto.

Forse questo brano ci parla innanzitutto dell’invidia e della gelosia, più che della capacità di lavoro e di ascolto. Quante situazioni nelle nostre parrocchie ci parlano di questo? Se due signore si dicono disponibili per gestire i fiori della chiesa, presto o tardi entreranno in conflitto pensando che una sia più brava dell’altra e che il parroco preferisca l’una all’altra. Oppure un organista o un direttore di coro: di fronte alla prima richiesta del parroco o chi per lui, manifesta tutta la sua possessività nei confronti del coro che a quel punto non è più un servizio alla comunità che canta durante le assemblee, ma è un semplice talismano, magari bello ed erudito, magari che disprezza chi canta con la chitarra o canti troppo moderni o troppo antichi, per farsi bello di fronte agli ignoranti e per fare esibizione di sé di fronte al popolo bue.

Forse il problema non è il lavoro o l’ascolto ma la coscienza di un servizio a cui tutti siamo chiamati. A volte ascoltiamo di più e a volte ci diamo da fare di più. A volte io lavoro di più e tu ascolti di più e viceversa. Ciò che importa è che riusciamo a vivere quanto ha vissuto Gesù che da ricco che era si è fatto povero, si è fatto servo. Parole brutte per l’uomo moderno, ma parole vere.

Gesù sta camminando dalla Samaria a Gerusalemme dove va a portare a compimento il suo servizio morendo in croce. Va a Gerusalemme e, come Buon Samaritano, incontra l’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada dai briganti. Impolverato e stanco per il cammino incontra Marta, Buona Samaritana, che si accorge del suo stato di cose e lo ospita in casa. Incontra anche Maria, la Buona Samaritana, che lo vede affaticato e con volto triste: intuisce, con intuito tutto femminile, che qualcosa lo fa soffrire e si mette ad ascoltarlo. Mi piace vedere Gesù che si confida con Maria e cogliere in questo confidarsi tutta una forza di Parola di Dio, anche se non sarà mai scritta né letta in alcuna liturgia domenicale.

Ma facciamo un passo indietro: più che dell’aiuto di Maria, Marta è invidiosa dell’approvazione che il Signore dà alla sorella e del fatto che ha visto l’esteriorità di Gesù e non la sua interiorità. Per questo desidera che Gesù rimproveri la sorella approvando lei che sa cosa fare e fa ciò che sa. Il riconoscimento della sua bravura sarebbe sufficiente per lei per continuare a servire.  È il rimprovero dei legisti che si lamentano di coloro che gioiscono sotto il gioco leggero dell’amore del Signore Gesù. È il rimprovero del figlio maggiore al figlio minore e al Padre stesso.

Cogliamo la tensione che ci può essere in comunità tra chi fa e chi prega, dimentichi che nell’una troviamo il principio e il fine dell’altra. Diversamente ci sentiremo sempre beffati, come Marta, perché oltre che affaticati ci sentiremo disapprovati. Non giova fare tanti servizi per Lui, magari con l’intento nascosto di ottenere gratifica. Giova molto di più farsi lavare i piedi che sforzarsi di essere lindi.

In fondo siamo chiamati ad ascoltare sia i bisogni del cuore come quelli del fisico, ma soprattutto siamo chiamati a vivere sia l’ascolto che la carità nella libertà e nella gratuità, cosa questa che nessuno ci può dare ma che possiamo solo ricevere e far crescere in noi. Diversamente l’approvazione o la sua mancanza la faranno da padrona sulla nostra esistenza.

Siamo in fondo chiamati a riconoscere nel Samaritano Buono il compimento di ciò che è scritto nella Legge. Il Samaritano vede, ascolta, agisce senza che alcuno lo veda, per questo si prende cura e si prende a cuore con libertà e gratuità.

Forse Gesù non rimprovera Marta, ma la esorta a diventare anche come Maria. In Lei chiama l’uomo di Legge ad ascoltare la voce dello Sposo. Nel suo cammino si è fatto vicino e fratello per potere essere baciato e accolto in casa. Lì insegna ciò che nessuno ha mai udito: l’arte dell’amore che solo Dio, in Gesù Buon Samaritano, conosce.

Ascoltando questo cuore che vibra di amore in una voce che è voce di vita, puoi cogliere un amore che supera ogni barriera di riconoscimento, perché l’amore vive di per sé, non di riconoscenza.

Marta, Marta! È la sua chiamata, chiamata nella quale possiamo sentire la nostra.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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