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don Francesco Paglia – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

“Il regno dei cieli é simile a una rete gettata nel mare che raccoglie ogni genere di pesci”

Una rete… L’immagine é davvero bella, non é da leggere nel senso del limite della rete però, perché a una prima lettura potrebbe sembrare un’immagine limitante… La rete può raccogliere solo i pesci fin dove può arrivare… Non tutti…

Ma lo dice Gesù stesso che il regno é simile a questa rete, una rete che raccoglie ogni genere di pesci, e solo quando é piena arriva il momento della scelta dei pesci… Dalla totalità Gesù sposta l’asse del regno sulla pienezza, vuole che in questa rete ci siamo proprio tutti, buoni, cattivi, tiepidi…

Tutti! Ma ci fa anche guardare al dopo, al giudizio, alla scelta da parte del pescatore dei pesci buoni e di quelli cattivi che sono destinati a essere buttati via… In questa rete, tra questi pesci, ci siamo anche noi… Che pesce siamo é la scelta di ogni giorno, da ogni piccola scelta, in ogni orientamento del cuore, per noi che “non viviamo per noi stessi ma per Lui che é morto e risorto per noi”!

Non sentiamoci mai esclusi dal regno, ci siamo proprio tutti, ma dipende da noi come vogliamo esserci!


A cura di don Francesco Paglia

Coordinatore del Centro diocesano vocazioni della Diocesi di Frosinone


fra Mario Berišić – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

La rete che viene gettata di per catturare quanti più pesci possibili è un’immagine della misericordia di Dio, Padre. È colui che non crea privilegi, non fa dal Regno dei Cieli un posto per un’élite speciale.

Gesù ci parla chiaramente con questa parabola. Dio è come un pescatore che lascia andare le reti e tira fuori tutto ciò che ha catturato con quella rete, quindi vuole che tutti noi siamo dove è Lui. Desidera altrettanto la felicità di tutti noi. Eppure, così come nella rete si intreccia ogni cosa, anche ciò che è spreco oppure ciò che è da buttare, così tutti noi siamo presi da una rete del amore di Dio, là ai trovano tutte le persone di questo mondo.

Però in quella rete ci sono due tipi di persone, persone che ai riconoscono come peccatori amati, e sanno che senza la bontà di Dio possono essere solo una cosa da buttare, e non qualcuno che fa parte del regno dei cieli.

Ci sono anche persone che non riconoscono nemmeno il loro peccato, e tanto meno la necessità di essere salvate. Quindi la differenza tra persone buone e cattive è che persone buone sono molto più consapevoli del bisogno di salvezza e non respingono questa verità, mentre persone cattive sono quelle che rifiutano essere salvate e riconosciute come buone.

Siamo tutti chiamati a scegliere il regno dei cieli ancor prima che la rete della morte ci catturi e ci porti davanti al volto di Dio.

Commento a cura di fra Mario Berišić OFMCap

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Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 30 Luglio 2020

Siamo alla fine del discorso in parabole, similitudini con le quali in Matteo si tratteggia il regno dei cieli, il regnare di Dio, il suo modo di reggere il mondo e assicurargli vita.

All’ultima parabola della rete potremmo dire che segue ancora una similitudine: “Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (v. 52).

L’immagine può riferirsi all’evangelista stesso, competente scriba, padrone di casa a suo agio nelle Scritture di Israele, attento però al loro compiersi in Cristo, capace di rileggere ciò che è antico alla luce della novità portata da Gesù, e così di ridare vita alle cose antiche grazie alle nuove, che non a caso qui vengono prima.

L’immagine tuttavia può anche riferirsi a ciascun lettore che si lasci istruire dal Regno, che cioè, indipendentemente dal suo grado di conoscenza biblica, sappia far tesoro di ciò che le Scritture gli rivelano della sua vita e di ciò che la sua vita lo conduce a comprendere delle Scritture.

C’è davvero da far tesoro di ogni esperienza, lasciandosi istruire sin d’ora anche “dal pianto e dallo stridore di denti” (cf. v. 50) per le occasioni mancate o sprecate, l’ostinato rifiuto, lo sterile ripiegarsi su di sé… imparando a situare ogni cosa nell’orizzonte ampio del Regno, in dialogo con Cristo, perché non è detto che da soli si sappia farne tesoro nel modo giusto: “L’uomo buono dal suo buon tesoro trae fuori cose buone, mentre l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori cose cattive” (Mt 12,35).

È essenziale imparare a leggere alla luce della Parola ciò che mettiamo via nel nostro cuore e determina il nostro agire buono o cattivo, perché viene il giorno che lo rivela. A questo proposito la parabola della rete (come quella del grano e della zizzania) è molto chiara. La scena, che Gesù propone proprio “in riva al mare” (Mt 13,1), evocava un’attività comune: la selezione dei pesci dopo la pesca. Ma è per dire che la separazione avverrà alla fine del mondo e non sarà opera nostra.

Non possiamo essere noi ora a selezionare le persone, non dobbiamo cedere a discriminazioni che le condannino a restare per sempre definite da ciò che hanno fatto, come non lo vorremmo per noi. Sarebbe negare la nostra identità che è sempre più grande, sempre in possibile evoluzione nell’orizzonte del Regno. Lì, se è Dio a regnare, il giudizio ultimo spetta a lui solo.

Affermare questo non è però abdicare a ogni forma di giudizio. Non siamo noi a giudicare – grazie a Dio! –, ciò nonostante siamo chiamati – da Dio stesso, attraverso le Scritture – a esercitarci in un costante discernimento.

Perché tutto ciò che Dio ha creato è buono (cf. Gen 1), ma tutto può essere usato male, senza discernimento, e diventare cattivo. Sicché in noi, nella chiesa, nel mondo “pesci di ogni genere” (v. 47) si muovono incontro alla rete del Regno. Il Signore, in un’altra parabola, ci conferma che il suo invito rimane rivolto a tutti, “cattivi e buoni” (Mt 22,10). Per avanzare verso il Regno sulla via della beatitudine, facciamo tesoro della consapevolezza così espressa dal salmo che apre il salterio con la parola “Beato!”:

Non così, non così i malvagi,
ma come pula che il vento disperde …
il Signore veglia sul cammino dei giusti,
mentre la via dei malvagi si perderà (Sal 1,4.6).

fratel Fabio


Fonte

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Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 30 Luglio 2020

Consolante leggere che il Signore accoglie tutti nella sua rete gettata in mare aperto, come in abbraccio aperto a chiunque cerchi affetto, consolazione, un riferimento.

Come il pescatore seleziona il pesce buono, così, Signore, lascia che io mi sieda al tuo fianco e impari a scegliere tra ciò che è buono e ciò che è cattivo per me, per la mia vita. Insegnami a discernere tra buio e luce, tra pianto e gioia, affinché la mia vita sia sempre a forma del tuo abbraccio.

Martina Pampagnin


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato

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Sr. Palmarita Guida – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

Continua il capitolo 13 di Matteo con una serie di parabole a grappolo che ci raccontano Il regno di Dio. Questa parabola che abbiamo già ascoltato domenica è la similitudine della rete che viene gettata in mare e raccoglie i pesci, quelli commestibili e quelli non commestibili.

I primi vengono salutati dalle grida da applausi, i secondi vengono gettati via perché ritenuti non commestibili e l’immagine della separazione tra il buono e il cattivo tra ciò che è conforme al regno di Dio è ciò che non è conforme. Ma questa separazione tocca solo a Dio. Questa è la finalità della parabola: nessuna di noi si può aggiudicare il diritto di fare una cernita tra chi è buono o chi è cosiddetto cattivo.

Nella vita dobbiamo saper convivere. Il tempo in cui viviamo è il tempo della Misericordia di Dio su tutti… poi verrà il giudizio che tocca a Dio solo, e questo è un grande peso che ci viene scrollato dalle spalle. È pesante giudicare gli altri perché con la misura con cui giudichiamo saremo giudicati anche noi : un grande sollievo sapere che solo Dio può e deve giudicare e il suo giudizio è fondato sull’amore.

Anche questa è una bella notizia. impariamo a saper convivere con chi è diverso da noi, con chi la pensa diversamente da noi, con chi agisce diversamente da noi, e convivere significa rispettare e accogliere… a volte non condividere ciò che l’altro dice o fa… sapendo che l’altro è sempre un mio fratello.

Oggi chiedo al Signore questa grazia.


A cura di Sr Palmarita Guida della Fraternità Vincenziana Tiberiade 


don Claudio Bolognesi – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

Dal Vangelo di oggi:
“Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci”. (Mt 13,47)

Non è una rete-trappola. È più una rete-net. Sono fili e nodi, una comunità di relazioni che esiste per salvare. Un filtro per liberarci da ció che è tossico.
Proprio un bel regalo. Dobbiamo spacchettarlo e iniziare a montarlo.


don Fabio Rosini – Commento al Vangelo di domenica 2 Agosto 2020

Il biblista don Fabio Rosini commenta il Vangelo di domenica 2 Agosto 2020, da Radio Vaticana (per il file audio) e dalle pagine di Famiglia Cristiana.

Link al video

 «Avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte ». Il profeta è stato ucciso barbaramente durante un banchetto grottesco, per soddisfare le voglie di una danzatrice adolescente. Ma se la profezia viene messa a tacere allora inizia la realtà, perché la profezia, se è vera, si compie.

La metabolizzazione della notizia della morte del Battista richiede la solitudine di un deserto, è bene cercare un luogo fuori portata. Ma in questo spazio Gesù trova tanta gente povera e malata. Il vuoto creato dalla fine della profezia diventa allora lo spazio della compassione. Questo è più importante di quanto possa apparire a prima vista: se la profezia non prelude all’amore, che profezia è? Non è secondo lo Spirito ma un vaticinio vuoto.

E come ragiona la compassione? «Egli vide una grande folla, sentì compassione per loro»: si parte dallo sguardo. Ci vogliono occhi per vedere. Come quando si cambia canale perché vanno in onda immagini di dolore, di fame e di malattia, e non si regge, si fa zapping, per paura di essere “presi”; o come quando si cambia discorso per non pensare troppo a qualcosa che scardinerebbe il nostro assetto, che ci metterebbe troppo in discussione. Reggere, invece, lo sguardo e continuare il discorso, perché la compassione è lì che ci aspetta, che mendica i nostri neuroni, che deve essere, in fondo, solo accolta, innescata, assecondata.

I discepoli non hanno questo sguardo, vedono altro: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Va bene la compassione, ma ad impossibilia nemo tenetur, anzi, in stato di necessità, continua il latinorum della razionalità romana, Necessitas non habet legem, sed ipsa sibi facit legem – la necessità non sottostà alla legge perché è lei stessa legge. C’è poco da decidere, è necessario e quindi già deciso: che la gente si vada a cercare da mangiare. I discepoli usano l’imperativo, questo non è consiglio, è dovere.

DARE SÉ STESSI. […]

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Qui tutti i commenti al Vangelo della domenica di don Fabio Rosini


Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

Gesù conclude le parabole con un’affermazione che stupisce: loda lo scriba che, diventato discepolo, tira fuori dal suo tesoro cose vecchie e cose nuove. A chi si riferisce?

Forse Matteo parla dei farisei come Nicodemo o degli scribi che hanno accolto la Parola del Maestro e si sono convertiti e questo è possibile. Oppure, sostengono alcuni, si riferisce ad alcuni della classe sacerdotale, come sembra essere Giovanni l’evangelista. Mi piace pensare che Matteo colga la frase del Signore attribuendosela, sentendosela propria.

Gesù non gli ha chiesto, né mai chiede, di azzerare il passato, di rigettare il percorso di vita fatto fino ad allora. Ma chiede di tirare fuori le cose positive da ciò che abbiamo vissuto, anche in una vita trascorsa lontano da lui. Così è accaduto, ad esempio, proprio a Matteo che ha fatto tesoro della sua esperienza.

E come ha fatto Ignazio di Loyola, che oggi ricordiamo, il fondatore dell’ordine dei gesuiti, quello di Papa Francesco, per intendersi, che ha fatto della sua precedente esperienza di ufficiale il punto di partenza per diventare un “soldato” a servizio del Regno…

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don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020 – Mt 13, 47-53

Non si fa fatica a capire che l’immagine che Gesù usa nel Vangelo di oggi nasce per essere compresa soprattutto da un popolo di pescatori: <<È simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci>>.

Infatti non è compito della rete separare ciò che è mangiabile, da ciò che invece non lo è. La rete non ha la capacità di fare differenza tra un pesce buono e uno cattivo. Questo possono farlo solo i pescatori a riva. Per la durata della pesca ciò che conta è prendere. Tutta la storia è il tentativo di Dio di prenderci in qualche modo.

Di pescarci dal mare del non senso, di tirarci fino alla riva della fine della storia. Ma la salvezza non è un fatto automatico. La salvezza è essere riconosciuti buoni, e non semplicemente presi. Infatti tutti noi “siamo presi” da questa rete tutte le volte che ci accostiamo ai sacramenti, che ascoltiamo la Parola, che preghiamo, che facciamo un qualsiasi gesto che abbia a che fare con la fede. Ma essere presi nella rete non ci salva in automatico. Conta la scelta del bene o del male.

Sono le nostre scelte nella vita che ci qualificano come “buoni” o come “cattivi”. Serve poco ad essere presi se poi veniamo riconosciuti come cattivi. Il regno dei cieli è un misto tra la grazia e la nostra libertà. Non solo la grazia, e non solo la nostra libertà, ma entrambe le cose contano. Per troppo tempo, forse, ci siamo convinti che tutto poggiava sulle nostre scelte e le nostre forze, ma così non è; senza la grazia, senza l’essere presi non serve a molto il nostro sforzo.

Ma è vero anche il contrario, non possiamo delegare alla grazia ciò che poi dovremmo e potremmo fare noi con la nostra libertà. Solo scegliere concretamente il bene alla fine ci rende anche buoni. La nostra deve essere la stessa capacità dello <<scriba divenuto discepolo del regno dei cieli che è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche>>.

Non solo le cose antiche ci salveranno, né la ricerca smodata del nuovo, ma la saggezza di tenere insieme tradizione e profezia.


AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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FONTE: Amen – La Parola che salva

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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020

Non solo uomini del “sapere” ma persone dal “sapore” della gioia

Giovedì della XVII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La Chiesa è come una rete, dice Gesù, che raccoglie tutti senza una previa selezione. La prima missione della Chiesa è quella di creare spazi di accoglienza in cui ognuno possa fare esperienza di unità e comunione. A tutti deve essere offerta questa possibilità. Chi entra in contatto con i cristiani attraversa la soglia di quello che gradualmente sente come casa sua, lì dove è circondato di tenerezza, è sostenuto nelle difficoltà, trova agio nel condividere le proprie difficoltà e rendere partecipi gli altri delle proprie gioie. 

Discepolo del Regno si diventa non per meriti acquisiti, quasi che sia un titolo da esibire, ma per la costanza con la quale si compie un cammino di conversione. Chi progredisce in questo cammino seguendo Gesù non è nostalgico e ripetitivo ma creativo. Dall’incontro con Gesù, il vero tesoro della vita, avviene una trasformazione per la quale si diventa creativi nel bene, cioè s’inventano nuove forme di annuncio del vangelo e promozione umana. Cristo è un tesoro inesauribile in cui le tradizioni dell’antico Israele si coniugano e si compongono con lo stile di vita del nuovo Israele. 

Gesù non è venuto ad abolire la legge ma a dare pieno compimento; sicché i segni e le profezie dell’antico Testamento trovano piena luce e significato nelle parole e nei gesti di Gesù e attualizzati nella vita quotidiana dei suoi discepoli. 

Il cristiano non solo rispetta le tradizioni che ha ricevuto, ma le coniuga con le istanze sempre nuove che il mondo offre. Il discepolo di Cristo non rinnega nulla della storia di cui è parte e non è proiettato solo verso un futuro tanto lontano quanto incerto, ma vive oggi la missione di portare il vangelo ad ogni creatura preparando il suo cuore e quello dei fratelli al giudizio finale nel quale emergerà la verità, cioè chi si è lasciato trasformare dalla grazia e chi invece le ha opposto resistenza rimanendo legato a norme, precetti e tradizioni di cui è rimasta solo la forma esterna ma che col tempo hanno perso il loro significato originario. 

Lo scriba può essere considerato come colui che cerca la volontà di Dio, studia per cogliere nella parola di Dio la verità. Così facendo accumula «saperi» ma diventa veramente discepolo di Cristo quando ciò che impara lo impiega non per giudicare ma per evangelizzare, attirare nella rete della comunione con Dio e dei fratelli nella Chiesa. Così da uomo del sapere diventa discepolo della Sapienza e persona dal sapore dell’amore. A nulla servirebbe sapere tante cose ma non essere saporosi, cioè incapaci di far gustare agli altri la sapienza dell’amore che dà gusto alle relazioni che intessiamo.

Abbiamo sempre bisogno d’invocare il dono dello Spirito santo che ci aiuti non solo a comprendere le verità della fede e vivere per sé le esigenze del vangelo ma anche a metterle a disposizione di tutti coloro che incontriamo in modo che il nostro cuore sia veramente lo scrigno aperto dal quale tirar fuori le cose più belle, antiche e nuove, quelle che hanno e danno il sapore della gioia. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]