La parola “rete” oggi ci rimanda a tante cose: a internet, innanzitutto; poi magari alle calze a rete, alle reti dei campi sportivi, alle reti televisive, alle reti dei distributori commerciali o dei nostri neuroni. Eppure quella della rete è forse la più significativa tra le immagini evangeliche per illustrare il Regno inaugurato da Gesù.
Perché la rete ci ricorda che non siamo elementi isolati, ma innanzitutto relazioni. Nella rete ci sono molti nodi, indispensabili per la tenuta della stessa, con incroci e una trama ordinata. Nella rete a strascico poi si raccolgono dagli abissi e dalle intemperie del mare tanti pesci diversi, di ogni varietà; alcuni forse marci, insulsi, non commestibili, ma ciò che importa a Dio è che la rete sia piena e finché è sott’acqua non si può dire ancora molto della loro qualità.
Quindi non ci sono prove preselettive iniziali, perché si spera che tutti i pesci siano buoni, saporiti, commestibili. Sicuramente si ha fiducia nellʼabbondanza che si otterrà, come la rete stessa è abbondante, in grado di ospitare tutti e di salvare tutti. Lo scopo della rete infatti è quello di raccogliere tutti, non di proporre la salvezza solamente ai migliori.
Poi spetterà — con calma, al compimento del tempo nel fuoco dell’amore — non a noi ma ai messaggeri in uscita, sulla base dell’evidenza, rendersi conto di quali pesci purtroppo sono inservibili, marci, perché hanno rifiutato di vivere, cioè la responsabilità di accendersi per amare. Gli angeli prenderanno atto di ciò solamente quando sarà piena la nostra rete.
Qualcuno forse si sarà giocato l’occasione, ma ricordiamoci che, sulla riva della pace, il tempo della pesca sarà un tempo di gioia.
Commento a cura di:
Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).
Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.
don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 30 Luglio 2020
‘… i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere…’
Quanta serenità in quella immagine dei pescatori seduti a riva! Gli uomini del regno, afferma Gesù, sono quelli che sanno fare propria l’arte di sedersi per vagliare con attenzione, con calma.
In queste parole di Gesù viene messo a tema un rischio, quello di spaventarsi e allarmarsi senza motivo. Per questo è necessario concedersi tempo, il tempo che occorre per passare al vaglio sentimenti, pensieri, emozioni, desideri, chiamando per nome le cose e non temendo di buttare via i cattivi. Il discernimento si compie solo prendendo tempo, curando le disposizioni del cuore e assicurando una giusta comodità. Occorre, perciò, la stessa diligenza dello scriba per non rischiare di essere superficiali e distratti: fare nostre, perciò, l’arte dell’attesa e la forza della pazienza.
La nostra vita come la vita della Chiesa è simile a una rete gettata nel mare: in me c’è il santo ed il peccatore, l’uomo di fede e l’incredulo, colui che è capace di compiere il bene e colui che compie il male. Sta a noi lasciarci continuamente illuminare dalla luce e dalla grazia dello Spirito perché sappiamo diventare conformi a quell’uomo che Dio ha pensato.
Nel tesoro del nostro cuore ci sono cose nuove e cose antiche che custodiscono la loro preziosità. Guai a pensare, perciò, che il valore risieda solo nella ripetizione stanca di un passato ma guai anche a pensare che solo il nuovo abbia diritto di esistere: il nuovo non soppianta definitivamente il vecchio ma lo porta a compimento, né il vecchio può impedire al nuovo di apportare la sua freschezza e la sua capacità di leggere le cose con uno sguardo diverso.
È proprio della sapienza riconoscere il bene da qualunque parte venga sapendo che non è un tempo né un luogo a stabilire ciò che senz’altro è bene ma un cuore docile che si lascia ammaestrare dal Signore a qualunque tempo o popolo appartenga.
Che cosa fa di ciascuno di noi un buon scriba? La capacità di restare ancorato al vangelo e la disponibilità a mettere in dialogo realtà che a tutta prima sembrerebbero inconciliabili.