Padre Giulio Michelini – Commento al Vangelo del 7 Agosto 2022

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Nell’attesa del ritorno del Figlio dell’Uomo.

A tal punto il lezionario di oggi è problematico, da far scrivere a un noto esegeta: «Abbiamo l’impressione che le letture bibliche di questa domenica non siano state né coordinate né ritagliate troppo bene: così, ad esempio, non si vede chiaramente come la prima lettura leghi con la terza; il brano di Vangelo ci riporta delle pericopi non del tutto omogenee fra di loro, ecc.» (Settimio Cipriani, Nutriti dalla Parola). Intanto, i tre versetti che aprono l’odierno vangelo (12,32-34) sarebbero da collocare a parte, perché chiudono un’intera pericope consacrata all’insegnamento di Gesù sul possesso dei beni materiali: questo invito finale si coglie solo se si ha in mente quanto è scritto appena sopra nel vangelo, ma che non viene proclamato nella liturgia (che ha tagliato proprio i vv. 22-31).

I versetti seguenti, dal 35 al 48, invece, si possono considerare un’esortazione alla vigilanza, e formano una raccolta di materiale vario (sentenze, immagini, parabole), e parabole così brevi da essere state definite “parabole accennate” (Bruno Maggioni). Questi versetti hanno un denominatore comune: il tema del ritorno di Gesù come Figlio dell’uomo e, come si è detto sopra, quello dell’attesa vigilante.

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A cosa si paragona Gesù? Di volta in volta, ad un padrone che torna da un banchetto, arriva e bussa (12,36), poi premia i servi rimasti svegli servendoli a tavola; a un ladro, che viene in casa (12,39); ad un signore che incarica di responsabilità un amministratore (12,42); infine, ad un padrone che – più genericamente – torna a casa sua (12,43). Solo in 12,40 sappiamo che tutte queste immagini si esplicitano nella persona del «Figlio dell’uomo (che) verrà nell’ora che non pensate».

Chi sono coloro che devono attendere? Rispetto alle diverse identificazioni di Gesù, e a loro volta, servi e amministratori. Ma in tutto il testo le persone chiamate alla vigilanza sono soprattutto denotate dalla seconda persona plurale, che ingloba i discepoli e noi ascoltatori attuali: «voi siate pronti» (12,35); «voi dovete essere simili a…» (12,36); «voi tenetevi pronti» (12,40). Infine, nell’ultimo versetto («A chiunque fu dato molto…», 12,48b) scopriamo che vi è anche una certa graduatoria di urgenza: è qui, precisamente, la risposta alla domanda di Pietro (12,41: «Questa parabola la dici per noi o anche per tutti?»), risposta che sottolinea quanto più grave sia il compito degli amministratori: «mediante l’intervento di Pietro l’evangelista precisa i destinatari dell’insegnamento parabolico: sono tutti i credenti, ma in modo speciale i responsabili della comunità ai quali Luca dedica la parabola seguente» (G. Rossé).

La scena – nonostante le diverse caratterizzazioni – è coerente anche sul piano spazio-temporale: siamo in un contesto domestico, sin dall’apertura della parenesi: ce lo dicono i “reni cinti” (Lc 12,34: una citazione precisa di Es 12,11, dove la celebrazione pasquale avviene in famiglia, in casa: cf. Es 12,3), e altri segnali nel testo (il termine “casa” che appare esplicitamente); come sfondo c’è la notte (12,35: “lucerne accese”; 12,38: “seconda e terza veglia”) ma soprattutto un tempo non meglio identificato, ovvero “un’ora che non pensate” (12,40). Nonostante si sia “a casa”, in un momento feriale, che può essere sia di giorno che di notte, domina però su tutta la narrazione un senso di imminenza per qualcosa che deve ancora accadere ed implica tutt’altro che la staticità e lo stare fermi: i reni sono cinti perché si sta per partire; qualcuno (il padrone, un ladro) sta per tornare ma tarda a venire: anche i servi devono saper aspettare, aprire la porta, essere svegli, essere al lavoro e non a gozzovigliare…

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Da tutto quanto abbiamo visto sopra ad emergere è una indeterminatezza, che però rende bene il senso dell’esperienza cristiana: noi, che viviamo sulla terra, siamo solo pellegrini, e la nostra residenza è nei cieli (Lettera a Diogneto); siamo chiamati ad un’attesa che tante volte ci supera. Il problema della vigilanza nelle parabole che stiamo commentando, detto in altro modo, è quello del tempo, e soprattutto del tempo quotidiano, feriale.

Ogni giorno, qualsiasi giorno feriale, se colmo di attesa, è “giorno del Signore”: come nella parabola di Luca, ogni giorno è buono per stare svegli, tenere le lampade accese, e accogliere il Figlio dell’uomo che tornerà. Preghiamo allora dicendo: “Non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna” (Colletta).

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