Centrale nell’annuncio delle beatitudini e nell’affermazione dei guai, è l’azione di Dio non la condizione e la condotta dell’uomo. Mettere al centro delle beatitudini l’uomo è un atto di ingiustizia mortale che porta con sé solo l’affermazione di una disparità , propria dell’uomo, che genera ingiustizia al contrario. Se centrale è l’uomo con la nuova giustizia, tutto girerebbe intorno ad una morale col fiato corto. Una morale che ha come scopo di rendere ricchi i poveri e poveri i ricchi. Ma non è questo il dono dell’Evangelo. Lo scopo dell’evangelo è la fraternità che non scaturisce dalla nostra bravura che è sempre dispari, che crea sempre disparità , che vive di vendetta, che cresce con la rivoluzione dove chi era al potere viene abbattuto e chi non lo era vi sale magari peggiorando solo le cose: questo è quanto ci dice la storia dell’umanità , non l’annuncio della Buona Notizia. Mosè sceso dal monte Sinai consegna la Legge che l’uomo deve osservare. Gesù, sceso dal monte su cui si era ritirato a pregare, dice che cosa fa Dio per l’uomo: questa è beatitudine. Non la bravura dell’uomo o la sua moralità , ma l’amore misericordioso del Padre, amore misericordioso che deve diventare il centro della nostra esistenza, l’unica perfezione dichiarata, accettata e vissuta.
Dunque le beatitudini come luogo che parla di ciò che fa Dio per noi nella storia, cosa che solo i piccoli, non i sapienti e i dotti, sanno cogliere e vivere. Vivere tale presenza è gioia del piccolo che vive del sorriso del Padre che non scaturisce dalla bravura del piccolo, ma dall’amore stesso del Padre che gioisce semplicemente perché vede il figlio e sorride anche quando il piccolo combina qualche marachella.
Possiamo vivere questo dono se scopriamo il tesoro vero che ci spinge a lasciare tutto perché ciò che ci interessa è il vero tesoro, non ciò che luccica e appare. Se ciò che vale è il tesoro nascosto che è l’amore del Padre per i suoi figli, tutto ciò che è di impedimento a vivere questo nostro tesoro, anche se buono, lo si lascia perché è altro quello che ci interessa. Quando uno scopre il suo tesoro e si innamora, lascia tutto per amore del suo tesoro, che è l’amata o l’amato.
Noi oggi ascoltiamo questa Parola che ci viene donata per potere essere rapiti in Dio, trasformati in Lui. Oggi è l’eterno di Dio che offre la sua salvezza a tutti. Il pane donato agli affamati o il riso ai piangenti, è dono del Regno che non vuole rendere né ridente né obeso nessuno. Così come il rendere affamati gli obesi e piangenti i ridenti, non ha alcuno scopo di punizione. Unica finalità è la liberazione dell’uomo dalle sue schiavitù per potere vivere dell’amore del Padre nel suo Regno oggi e domani. Lo scopo dell’amore di Dio non è ribaltare le disparità , ma creare fraternità e condivisione.
Se il Regno è dei poveri e dal Regno i ricchi ne sono esclusi con un surrogato di consolazione, desiderio del Padre è andare alla ricerca della pecora smarrita che non è il poveraccio, ma il riccastro. Questo oggi, non domani. Domani vedremo i frutti di questa presa in carico oggi del Signore dell’umanità , quei frutti che matureranno nel futuro.
L’ultima beatitudine e lamentazione – rallegratevi quando sarete rifiutati e perseguitati / guai a voi quando diranno bene di voi – indicano una situazione futura ma che è già attuale. Il discepolo è chiamato alla sapienza della croce seguendo il Maestro, non come rivalsa o con chissà quali manie da martirio, ma semplicemente come dono della propria esistenza. A noi l’invito ad accogliere e ricercare la vera conoscenza dell’amore del Padre che non vuole ribaltare l’ingiustizia, ma attuare la giustizia misericordiosa e amorevole del Regno, giustizia di fraternità .
Non fermiamoci ad una lettura esteriore che coglie i poveri e i ricchi; cogliamo anche la distinzione interiore, di cuore, dove penetra la Parola e discerne nella nostra vita, la distinzione tra beatitudine e guai. Tutti noi siamo combattuti tra l’avere, il potere e l’apparire da una parte e la chiamata del Signore alla povertà , al servizio e all’umiltà dall’altra. A noi scegliere tra il dono della fraternità e la conquista della diseguaglianza.
AUTORE: p. Giovanni NicoliÂ
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