p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 26 Novembre 2023

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La pagina evangelica รจ costituita dallo straordinario affresco del giudizio universale che Matteo dipinge con la sua penna. Non si tratta di una parabola ma di una visione di giudizio. Al centro cโ€™รจ il Figlio dellโ€™uomo descritto come giudice escatologico che siede sul seggio del giudizio di fronte a cui si presentano โ€œtutte le gentiโ€.

Il giudizio finale รจ espresso dallโ€™immagine della separazione del grano dalla zizzania e dei pesci buoni da quelli cattivi. Si tratta di Cristo Re della profonditร  che raggiunge il cuore umano: si tratta del giudizio di tutti gli uomini e di tutto lโ€™uomo.

Colpisce che la visione che abbraccia lโ€™intera umanitร  si accompagni allo sguardo posato su ciascuno e, in particolare, su quelle persone che normalmente sono le piรน invisibili: poveri, malati, carcerati, affamati, assetati, stranieri, ignudi. Non a caso il nostro testo li chiama โ€œminimiโ€.

La logica รจ quella del tutto nel frammento. La caritร  verso il bisognoso, il gesto di condivisione che รจ cosรฌ semplice, umano, quotidiano, alla portata di tutti, credenti e non credenti, diviene ciรฒ su cui si esercita il giudizio finale.

Venanzio Fortunato commenta che โ€œfra entrambi i poveri รจ diviso il calore e il freddo, il freddo e il caldo diventano oggetto di scambio, lโ€™uno riceve una parte del tepore, lโ€™altro prende una parte del freddo: una stessa povertร  รจ condivisa da due personeโ€.

Matteo ci pone di fronte allo sguardo di Cristo che vede ciรฒ che gli umani non vedono o faticano a vedere. Sguardo che dร  rilievo agli invisibili della storia, che sono spesso i senza voce, spiazzando anche i destinatari del giudizio che restano tutti sorpresi nel ricevere la rivelazione di ciรฒ che hanno o non hanno fatto.

Il giudizio del Figlio dellโ€™uomo giudica il tipo di sguardo che abbiamo sul povero e sul bisognoso. Giudica il nostro giudicare lโ€™altro per cui il carcerato รจ uno che ha ricevuto ciรฒ che si merita, lo straniero รจ uno che disturba la nostra tranquillitร , il malato รจ uno che sconta i suoi peccati, il povero รจ uno che potrebbe lavorare di piรน: il giudizio divino giudica il nostro chiudere le viscere a chi รจ nel bisogno. Giudica il nostro sguardo che vede nellโ€™altro un colpevole e non una vittima. Lo sguardo che Gesรน ha sempre avuto nei suoi incontri con tante persone nel corso della sua vita ha sempre visto la sofferenza degli umani prima che il loro peccato.

Lโ€™universalitร  del giudizio emerge anche dal fatto che si fonda sulla valutazione di gesti umani, umanissimi, fatti (o non fatti) da credenti e da non credenti. I semplici gesti di aiuto, caritร  e vicinanza espressi costituiscono una sorta di grammatica elementare dellโ€™umana relazione con lโ€™altro, senza la quale non si potrร  mai comporre una frase veramente cristiana. Il volto mi interpella: lโ€™uomo รจ colui che risponde di un altro uomo.

Se il giudizio si fonda sulla tradizione ben nota al mondo giudaico delle opere di misericordia, qui la novitร  consiste nel fatto che il Giudice si identifica con i destinatari delle azioni misericordiose: โ€œTutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli piรน piccoli, lโ€™avete fatto a meโ€.

Ben diversa รจ la sorpresa dei benedetti e quella dei maledetti: cโ€™รจ una ignoranza benedetta del bene che si compie e cโ€™รจ una ignoranza del male che si compie o del bene che non si compie.

Questa pagina evangelica pone lโ€™accento su quella dimensione del nostro peccare che รจ la piรน diffusa: lโ€™omissione. Chi mai puรฒ sfuggire allโ€™omissione? Chi mai puรฒ dire in assoluta certezza di aver fatto davvero tutto ciรฒ che era in suo potere di fronte a una determinata situazione di bisogno? Nรฉ vale il dire di non aver visto: i nostri occhi si chiudono di fronte a visioni di sofferenti e i nostri orecchi si chiudono di fronte a chi cerca di dire il proprio dolore. Temiamo il contagio.

Gesรน dice: โ€œTutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, voi fatelo a loroโ€: amando lโ€™altro amerรฒ il Signore.

Quanti racconti nella letteratura monastica (nella letteratura lo splendido racconto di Tolstoj, Dove cโ€™รจ lโ€™amore, cโ€™รจ Dio) in cui facendo il bene in maniera semplice e quotidiana a un misero, dando da bere a una persona assetata, dando riparo a una persona smarrita, portando sulle spalle un anziano, si scopre di aver fatto questo a Cristo stesso. Non perchรฉ quella persona non fosse un vecchio o un assetato o uno che ha perso la strada, ma perchรฉ Dio รจ in quellโ€™amore, in quella uscita da sรฉ in totale gratuitร .

โ€œLโ€™amore per Dio non puรฒ far altro che esprimersi nellโ€™amore per il prossimoโ€.

Negli esempi di aiuto e prossimitร  enumerati nel testo evangelico vi รจ un aspetto spesso trascurato nella riflessione: lโ€™attitudine di lasciarsi aiutare, di lasciarsi avvicinare, toccare, curare, servire. La capacitร  e lโ€™umiltร  di lasciarsi amare fattivamente. Una capacitร  che rivela una dimensione di povertร  piรน radicale della malattia o della fame o della nuditร  e che si chiama umiltร .

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