p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 1 Gennaio 2021

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Maria, tu sei la prima, e Giuseppe con te, a rivolgere lo sguardo di benvenuto all’atteso delle genti.

Quanti hanno atteso questa venuta e quanti sguardi di profeti e di poveri di Jaweh hanno voluto vedere quello che tu hai visto e non l’hanno veduto!

Tu hai visto e hai amato l’incarnazione dello sguardo di Dio su di noi, e hai guardato, tu puerpera del Dio con noi, con una lacrima di tenerezza quello che era deposto sul tuo seno. Sguardo di amore, sguardo di tenerezza, sguardo di protezione per il fragile per eccellenza.

Hai dato il benvenuto a Dio accarezzandolo col tuo sguardo umanamente santo. E con te, Maria, dopo Giuseppe, i pastori. Che sguardo avranno avuto questi emarginati del tempo. Che senso avrà avuto il loro sguardo sul nuderello Gesù? Eppure videro dopo avere ascoltato l’invito dell’angelo, e ascoltarono le meraviglie che si diceva su Colui che vedevano. E il cuore scoppiava di gioia per quello che vedevano al di là del visibile. Ci vuole vista per vedere ciò che è invisibile e non si vede. Ci vuole vista e quando c’è vista nasce lo stupore.

Stupore di Maria e di Giuseppe, stupore dei pastori. A noi l’invito a riscoprire uno sguardo di stupore. A noi che abbiamo perso la capacità di trasalire. A noi che abbiamo gli occhi stanchi. A noi incapaci di aguzzare la vista perché non attendiamo più nulla, solo conferme del nostro non vedere e del nostro sguardo vuoto di speranza. E l’anima nostra è riarsa; le capacità di meraviglia si sono prosciugate. Le nostre sorgenti si sono seccate e non dissetano più.

Vittime come siamo della noia conduciamo una vita che non ha più estasi, capacità di volare, di volare alto. I nostri occhi vedono cose già viste e udiamo cose già udite. Cose ripetute fino allo sfinimento, cose che ci mettono paura in cuore, cose disumane che uccidono la nostra capacità vitale di stupore.

Non riusciamo e non possiamo più vedere il miracolo del primo acino d’uva e di un pulcino che nasce alla vita. Non ascoltiamo più l’ouverture che un campo di grano canta al sorgere del sole in primavera.

Viviamo stagioni, ma non gustiamo le primizie delle vendemmie di ogni tipo.

Maria la prima a vedere l’invisibile che si è fatto carne ci invita a ritrovare il gusto di esperienze che salvano, di incontri che ci cambiano la vita, se li sappiamo vedere e ascoltare.

Il primo sguardo è lo sguardo della tenerezza, è lo sguardo del rimanere a bocca aperta, è lo sguardo più vero e più profondo che ci sia. È lo sguardo di Maria su Gesù; è lo sguardo di Giuseppe; è lo sguardo dei pastori che vedono ciò che gli era stato annunciato perché sapevano ancora vedere il miracolo della vita che sboccia ogni giorno.

Le palpebre di Maria sfiorano l’Agnello di Dio. Le nostre palpebre si posano continuamente sulle cose, pesanti come pietre, ruvide come stracci di bottega che feriscono i volti.

Gli occhi di Maria vestirono la carità di Dio, i nostri sono avvolti da una cupidigia che tende a spogliare i figli dell’uomo.

Nello sguardo di Maria si illuminano i tanti sguardi di generazioni passate e future. Grazie allo sguardo di Maria gli umili pastori si illuminano nel loro guardare.

Contempliamo questo sguardo di Maria, noi che quando guardiamo rischiamo di contaminare le cose più belle e più umane rischiando di spegnere lo sguardo delle generazioni future.

Lasciamoci accarezzare dallo sguardo di Dio che in Maria avvolge tutta la nostra umanità. Sentiamo su di noi questo sguardo che non è lo sguardo dell’occhio minaccioso di un Dio che ti vede perché ti controlla. È lo sguardo di amore di Dio che ci accarezza e ci tiene d’occhio con la sua tenerezza e protezione. Sorride di noi e ci accarezza con una tenera lacrima ogni volta che ritorniamo alla luce, che veniamo di nuovo alla vita, risorti a vita nuova.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM