p. Gian Paolo Carminati – Commento al Vangelo del 24 Ottobre 2021

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Occhi nuovi

Il profeta Geremia era stato inviato dal Signore al suo popolo per portare la sua parola: «Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: “Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca. Vedi, oggi ti do autorità sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare”» (Ger 1,9-10; cf. 18,7-9; 24,6; 31,28; 42,10; 45,4).

La parola del profeta accompagna un passaggio epocale, il cammino verso la salvezza, reso tuttavia doloroso dall’orgoglio umano che vuole costruire il mondo, le culture e le società attraverso l’ingiustizia e la violenza.

Il Dio di Israele si erge a barriera contro la sopraffazione dei poveri, e con l’autorità del profeta sottopone a giudizio anche il re di Giuda così come le nazioni pagane.

“Sradicare e demolire”, contrastare i progetti e le realizzazioni dell’ingiustizia, è solo il primo passo verso una nuova “piantagione”, un nuovo “cantiere” (cf. Ger 4,3: «Dissodate un campo nuovo»), che solo Dio può avviare insieme agli sconfitti e in loro favore, con la forza della sua parola. La prima conversione, il primo “ritorno”, per Israele, consiste nell’accettare questa trasformazione, un’apparente “sconfitta”, che lo include tra i “poveri”. Questa solidarietà è la condizione esistenziale per accogliere un dono inaspettato, paradossale, eppure reale, incipiente, progressivo.

Così, al capitolo 29, la lettera di Geremia agli esiliati li invita a cercare il bene, la “pace”, nelle terre di esilio, aspettando il tempo di Dio, il suo “giorno”, e annuncia come presente la realizzazione del “ritorno”, il “ristabilimento delle sorti” del suo popolo (Ger 29,14: 30,3.18; 31,23; 32,44; 33,7.11.26): «Erano partiti nel pianto, io li riporterò tra le consolazioni» (Ger 31,9).

Aprirsi a questa “speranza contro ogni speranza” (cf. Rom 4,18) significa credere in Dio e nella sua bontà, nei suoi “progetti di pace e non di sventura” (Ger 29,11; cf. 38,4), nella sua “vigilanza” fedele ed efficace (cf. Ger 1,11-12; 31,28: «“Come ho vigilato, […] così vigilerò…»), anche nel momento della prova e della trasformazione: «Concluderò con loro un’alleanza eterna e non cesserò più dal beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si allontanino da me. Proverò gioia nel beneficarli; li farò risiedere stabilmente in questo paese, e lo farò con tutto il cuore e con tutta l’anima» (Ger 32,40-41). […]