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p. Gaetano Piccolo S.I. – Commento al Vangelo di domenica 17 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Gv 1,6-8.19-28

La vita parla

La nostra vita dice molto più delle parole che usiamo. Possiamo fare chiacchiere, proclami, costruirci profili immaginari, ma alla fine ci raccontiamo attraverso quello che viviamo. Gli esperti della comunicazione dicono che solo una piccola percentuale della comunicazione dipende dalle parole che pronunciamo, gran parte del messaggio viene veicolato attraverso il nostro corpo, i gesti, le intonazioni delle nostre espressioni. La coerenza ha un potere enorme o, se vogliamo usare una parola più spirituale, conta la testimonianza! Ecco perché a volte ci meravigliamo di non essere stati capiti, ci lamentiamo di essere stati fraintesi. Forse dovremmo chiederci piuttosto cosa ho detto con la mia vita?

Dire qualcosa

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Ognuno di noi è chiamato a dire qualcosa con la propria vita. Lo Spirito del Signore è su ciascuno di noi, ma forse lo soffochiamo, non ci lasciamo più spingere. Siamo ripiegati su di noi e allora non vediamo più il misero, il cuore spezzato, lo schiavo o il prigioniero. Parliamo solo a noi stessi. Facciamo fatica a trovare qualcuno che esprima la sua gioia. E la giustizia rischia di diventare ideologia.

La realtà

Non solo quello che cerchiamo di dire rivela la nostra identità, ma anche la realtà con cui ci scontriamo contribuisce a farci venire fuori per quello che siamo. La realtà ci interroga, gli altri ci interpellano, e, al di là di quello che vogliamo mostrare, la vita ci svela. Alcuni resistono maggiormente e tendono a occultare il loro volto, costruendosi un profilo irreale, altri accolgono la benedizione delle domande che la vita ci pone continuamente e cercano di raccontare in modo onesto ciò che sono. Il Vangelo di questa domenica sembra dirci che solo in questo modo permettiamo a Dio di trasformare la nostra vita in un luogo teologico, uno spazio dentro cui Egli può parlare.

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Un uomo libero

Giovanni Battista è infatti l’uomo che non ha paura di lasciarsi interrogare dalla realtà e di lasciarsi vedere per quello che è: riconosce i suoi limiti («Non lo sono»), ammette di non essere il protagonista («Io sono voce di uno che grida…»), confessa di dipendere da un altro («non sono degno di slegargli il laccio dei sandali»).

Rispetto al narcisismo galoppante dei nostri tempi, in cui dobbiamo essere per forza noi al centro dell’attenzione, in una cultura del protagonismo, in cui valiamo solo se siamo al vertice della piramide, Giovanni Battista si presenta come l’anti-narciso, colui che sa riconoscere la differenza tra sé e gli altri, colui che sa riconoscere il proprio ruolo nel servizio per un altro: egli non è la luce, ma il testimone della luce; non è lo sposo, ma l’amico dello sposo; non è la Parola, ma la voce della Parola.

Giovanni Battista trova la propria identità nel servizio affinché qualcun altro possa svolgere il proprio ruolo. Un’immagine molto lontana da una cultura come la nostra malata di protagonismo.

Giovanni Battista è l’uomo che non ha bisogno necessariamente di stare al centro della scena: sa farsi da parte, va nel deserto, non rimane nel tempio del potere e delle sicurezze. Si allontana fino al punto da rischiare di non essere visto.

Una vita che interroga

E proprio in questo modo riesce a mettere in moto una rivoluzione culturale. Giovanni Battista è infatti un contestatore, uno che con la sua vita sa mettere gli altri in discussione, la sua vita suscita domande: Giovanni Battista non indossa le vesti sacerdotali, sebbene ne avesse il diritto per la sua appartenenza alla casta sacerdotale; non abita i luoghi previsti per un sacerdote; pone lui stesso domande piuttosto che dare risposte preconfezionate. Giovanni appare vestito in maniera essenziale affinché la sua persona non copra il messaggio: non si impadronisce della Parola, ma si mette al suo servizio.

La paura di fare domande

All’inizio del Vangelo di Giovanni, dunque, i farisei, con i sacerdoti e i leviti, hanno il coraggio di porre domande e di cercare la verità, ma pian piano, lungo il Vangelo, scoprendo che si tratta di una verità scomoda, smetteranno progressivamente di fare domande. Forse anche noi siamo diventati un po’ timorosi di porre domande, ci accontentiamo di quello che sappiamo o di quello che ci viene detto, abbiamo rinunciato a cercare, non usiamo più il punto interrogativo, l’abbiamo sostituito con il suo acerrimo nemico: abbiamo solo certezze, diamo solo ordini, non chiediamo più un parere, ma dispensiamo solo consigli, siamo tutti diventati appassionati utenti del punto esclamativo!

In questo modo la vita si irrigidisce. Continuiamo a rigirarci dentro le nostre certezze. Ci affatichiamo a tenere in piedi un profilo falso che ha bisogno continuamente di una manutenzione faticosa e artificiale. Diventiamo ripiegati sulla nostra immagine e non permettiamo più a Dio di fare della nostra vita una parola di speranza per gli altri.

Leggersi dentro

  • In questo momento la tua vita cosa sta dicendo agli altri?
  • Nella tua vita c’è spazio per Dio o sei completamente ripiegato sull’immagine che vuoi offrire?

Per gentile concessione di P. Gaetano Piccolo S.I.
Fonte

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