p. Alessandro Cortesi op – Commento al Vangelo di domenica 6 Febbraio 2022

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p. Alessandro Cortesi op

Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose ‘santa Caterina da Siena’ a Firenze. Direttore del Centro Espaces ‘Giorgio La Pira’ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira – Firenze.

Il tema della chiamata ritorna nella prima lettura e nel vangelo. La vocazione del profeta Isaia e la vocazione di Simone sono paradigma della vocazione di ogni credente.

La chiamata di Isaia è posta in un contesto liturgico e solenne, nell’anno 740 a.C. Isaia è un sacerdote di Gerusalemme, e vive un’esperienza particolare di vicinanza di Dio proprio mentre sta per svolgere il culto. Tra le volute dell’incenso nello spazio sacro percepisce la gloria di Dio: Dio che si manifesta a lui rimane tuttavia inaccessibile. Il racconto esprime questo presentando la reazione di Isaia che dice la sua piccolezza di fronte alla santità di Dio. E subito dopo il segno delle labbra toccate dal carbone dell’altare racchiude un’investitura ad essere portatore di una parola proveniente da Dio che è come fuoco che purifica e consuma.

“Chi manderò e chi andrà per noi?”. Isaia risponde “Eccomi, manda me”. Due movimenti compaiono in questo racconto di chiamata: da un lato l’irrompere di una iniziativa inattesa, sorprendente da parte di Dio, che si rende vicino in modo irresistibile. La sua vicinanza trasforma non lascia indifferenti. D’altro lato la disponibilità ad un coinvolgimento per una missione: ‘eccomi manda me’. Accettando la chiamata Isaia sceglie di entrare nel rischio della fede. Così sarà il suo annuncio tutto centrato su di un richiamo al credere come unica esperienza per trovare stabilità e senso (Is 7,9b). Nelle sue parole proporrà la fiducia nel Dio dell’alleanza in contrasto alla ricerca d sicurezza nell’uso delle armi e per via di alleanze con gli imperi del tempo. Isaia si farà portatore del sogno messianico, di un tempo nuovo di pace e gioia in cui le spade saranno trasformate in vomeri e le lance in falci, un tempo di giustizia in cui un bambino sarà principe della pace (Is 9,5; 11,6).

Luca presenta la chiamata di Simone in un contesto diverso, di lavoro, di quotidianità, sulle rive del lago. Dopo una notte di fatica Simone, pescatore esperto e conoscitore dei segreti del lago, rientrava a riva con la sua barca vuota. Segno di un fallimento e di delusione. La parola di Gesù raggiunge questi pescatori sfiduciati che gli dicono “abbiamo faticato … non abbiamo preso nulla”. Gesù invita Pietro a prendere il largo e a gettare le reti ancora. Da questo invito accolto prende le mosse un nuovo partire: “Sulla tua parola getterò le mie reti”. La pesca è abbondante oltre ogni attesa e misura. E’ un esito che supera ogni previsione umana.

Il racconto indica così la fecondità nuova che è generata nella vita dalla parola di Gesù accolta. Pietro avverte così la sua condizione di peccatore davanti alla forza della parola di Gesù. E rimane cambiato dalla forza della sua parola. C’è una insistenza propria di Luca sulla parola di Gesù che genera cose nuove nella vita di chi l’accoglie. Lo stupore è il sentimento che permea il racconto. Pietro anziché essere allontanato, viene chiamato da Gesù ad essere pescatore in modo nuovo. Sarà chiamato ancora a gettare reti nuove sulla parola di Gesù: ‘pescatore di uomini’ indica un modo di orientare l’esistenza a servizio degli altri.

Luca sottolinea anche un altro aspetto della chiamata, la disponibilità nello scegliere una nuova gerarchia delle cose importanti nella vita. Tutto il resto vale meno rispetto al seguire Gesù e la sua parola. Si tratta di una scelta di povertà, propria dei discepoli, che diviene via di libertà da quanto può essere di peso e far perdere l’essenziale. ‘Non temere’… La vita al seguito di Gesù non è esperienza di paura ma di gioia nuova.