Nico Guerini – Commento al Vangelo di domenica 22 Novembre 2020

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Cristo re: Il giudizio del re-pastore

รˆ probabile che il titolo di โ€œreโ€ non susciti oggi grandi emozioni nรฉ evochi immagini di grandezza e maestร  come poteva capitare in tempi lontani.

Giร  nel passato, per il vero, non รจ che ci fosse una comune percezione positiva. Ricordo, in proposito, di aver visto in una voluminosa opera storica, credo sul Settecento, una serie di tre vignette che presentava cosรฌ la figura del re: una prima immagine raffigurava un uomo ordinario, calvo, in pantaloni e camicia; una seconda mostrava un manichino dal quale pendevano una veste sfarzosa e un manto splendido, sopra il quale si vedeva una maestosa parrucca; la terza raffigurava lโ€™uomo della prima rivestito degli ornamenti della seconda. Le didascalie indicavano nelle tre figure rispettivamente: Luigi, il re, Luigi XIV!

Credo non ci sia bisogno di commenti. Ridurre il Re sole al suo vestito la dice lunga su quale potesse essere la stima per un re tra i piรน famosi. Mi chiedo, stante il contesto contemporaneo che circonda questa figura, dove si possa cercare il senso di una festa come quella di Cristo re, creata da Pio XI nel 1925 per reagire, mettendo al centro lโ€™unico vero re, al ยซlaicismoยป dilagante in ยซstati atei e secolarizzatiยป, e forse anche con un occhio ai totalitarismi nascenti in Europa, che il papa avrebbe successivamente condannato.

La festa fu collocata dalla riforma conciliare nellโ€™ultima domenica dellโ€™anno liturgico per indicare lโ€™orizzonte e il traguardo del cammino di fede.

La risposta รจ chiara e immediata: quella di Cristo รจ una regalitร  che mette radicalmente in crisi tutte le altre, perchรฉ manda allโ€™aria e rende un mucchio di futilitร  e paccottiglia lo sfarzo di vesti e manti, parrucche e corone oltre ai riti che le accompagnano. Perchรฉ Gesรน รจ dichiarato โ€œreโ€ sulla croce, nel punto piรน basso della sua umiliazione, come proclama lโ€™inno antico di Venanzio Fortunato (VI secolo): Regnavit a ligno Deus! Quando si pensa che il trono รจ un patibolo, e la veste di porpora รจ il sangue che scorre sul suo corpo, e che la corona che sormonta il capo รจ fatta di spine, si รจ costretti a rivedere alla radice cosa fa โ€œgrandeโ€ una persona e la rende tale da meritare il titolo di re. A questo ci guida magistralmente la liturgia odierna.

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Lโ€™immagine del pastore
Diversamente dagli anni della mia infanzia, quando dโ€™inverno vedevo passare dalle vie del mio villaggio interi greggi in transumanza che venivano a svernare nei nostri campi, da tempo la figura del pastore ha cessato di essere un elemento noto del paesaggio. Ma ciรฒ non impedisce di farsene unโ€™immagine concreta solo che si consideri il capitolo 34 di Ezechiele, di cui ascoltiamo oggi alcuni versetti (Ez 34,11-12.15-17), che ne esalta e ne descrive minutamente la figura, sia in positivo che in negativo. Su questo capitolo santโ€™Agostino ha composto un mirabile discorso, il 46, che lโ€™Ufficio delle letture propone integralmente nelle settimane XIV e XV del Tempo ordinario.

Quale immagine ricaviamo dai versetti di Ezechiele che sono stati selezionati?

Una prima serie di affermazioni (vv. 11-12) mostra che il pastore รจ anzitutto preoccupato di โ€œradunareโ€ le pecore disperse, perchรฉ ha con esse un rapporto personale, le passa in rassegna una ad una, e non si quieta fino a che non ha ricomposto lโ€™unitร  del gregge.

Un secondo gruppo (vv. 15-17) elenca alcune azioni che traducono la sollecitudine che diremmo materna con cui il pastore governa le sue pecore: le nutre conducendole al pascolo, le fa riposare, va in cerca di quella che si รจ perduta, fascia quella ferita, cura quella malata, ha pure cura della grassa e della forte, riassumendo questa serie di attenzioni nella formula: ยซle pascerรฒ con giustiziaยป.

Infine, appare anche nel pastore una aspettativa che riguarda le pecore stesse e la risposta che viene loro chiesta alla sollecitudine del pastore: ยซIo giudicherรฒ tra pecora e pecora, fra montoni e capriยป. Sono affermazioni che trovano unโ€™eco precisa in quello che dice Gesรน quando si descrive come pastore buono (Gv 10,1-16), inclusa la funzione di giudizio che discrimina tra pecore e capri, come si ascolterร  nel vangelo di oggi. Un quadro del genere trova un completamento naturale nel Salmo 22 che lo segue.

Il Signore della vita
Se la prima lettura e il salmo propongono una regalitร  tutta intrisa di affetto e di tenerezza, la seconda (1Cor 15,20-26.28) introduce un altro tema che completa le figura del re, questo sรฌ chiaramente glorioso e trionfale: Cristo รจ re perchรฉ รจ Signore della vita, dato che la morte non ha avuto alcun potere su di lui che, dopo il fallimento e lโ€™umiliazione della croce, รจ risorto, ยซprimizia di coloro che sono mortiยป.

E questo รจ una gioia per tutti noi, perchรฉ nellโ€™iconografia della risurrezione non mostra, come lโ€™arte occidentale alla quale siamo abituati, un Cristo che esce dal sepolcro e se ne va per conto suo in cielo, ma la discesa agli inferi, dopo che le porte di quel carcere sono state abbattute, e appaiono sotto i suoi piedi a formare una croce, e Cristo prende per mano Adamo ed Eva per portarli con sรฉ nel regno della vita. รˆ un ben noto ribaltamento totale di situazione: ยซCome in Adamo tutti muoiono, cosรฌ in Cristo tutti riceveranno la vitaยป. Questa vita poi raggiungerร  lโ€™intero universo, perchรฉ vedremo ยซcieli nuovi e terra nuovaยป (2Pt 3,13), frutto della distruzione di ยซtutti i nemiciยป, compresi i regni fasulli o perversi, compreso quello della ยซmorteยป, che ยซsarร  annientata come ultimo nemicoยป. Cโ€™รจ di che esultare e respirare nella meditazione di questa prospettiva.

Dobbiamo essere tutti โ€œpastoriโ€
Resta un altro passo da fare, e non dei meno importanti. Ce lo descrive Matteo nellโ€™ultimo brano che precede il racconto della passione, quello noto come giudizio finale (Mt 25,31-46).

Il termine โ€œgiudizioโ€ fa sempre un poโ€™ paura, e intendere Gesรน come un โ€œgiustiziereโ€ potrebbe sembrare in contrasto con quanto si รจ detto sin qui. Ma non cโ€™รจ nessuna contraddizione. Intanto, il giudice non รจ il Padre, ma il Figlio dellโ€™uomo, titolo piรน volte usato da Gesรน, che era il modo per suggerire insieme la sua realtร  di uomo dietro la quale si sarebbe dovuto intravedere il suo potere di giudizio (vedi Dn 7,13-14.26-27) indicato dal suo ยซapparire sulle nubi del cieloยป (Mt 24,30; 26,64), cioรจ nellโ€™area che รจ lo spazio di Dio.

Giudicare significa separare, innanzitutto i buoni dai cattivi, i giusti dagli ingiusti, o โ€“ come dice il vangelo โ€“ ยซle pecore dalle capreยป, il che ci riporta nellโ€™iconografia del pastore, che nel testo di Ezechiele era giร  duplice, in quanto il profeta distingue tra pastori buoni e pastori cattivi, tra quelli che nutrono le pecore e quelli che le sfruttano.

Lโ€™elenco delle azioni in base alle quali i buoni sono selezionati รจ ben noto, anche perchรฉ รจ stato presto formalizzato a livello catechistico nella serie delle sette opere di misericordia corporale.

Vorrei fare solo due osservazioni. Per entrare tra le โ€œpecoreโ€ non รจ necessario, e neanche lodevole, che tali opere vengano ostentate come mezzi di propaganda. Si ricordi quanto si รจ detto della folla di santi anonimi nellโ€™omelia per la festa di Tutti i santi. Siccome Gesรน si identifica con i suoi ยซfratelli piรน piccoliยป, che vivono varie situazioni di fragilitร , quanto viene fatto per alleviare varie forme di povertร  รจ giร  come fatto a lui, e viceversa.

La seconda annotazione riguarda il perchรฉ Gesรน accoglie costoro alla sua destra e li considera come โ€œsuoiโ€, degni di essere ยซbenedetti dal Padreยป e di ยซentrare nel regno preparato per loro fin dalla creazioneยป. Semplicemente perchรฉ, operando secondo il suo esempio, le pecore sono diventate esse stesse figure del Pastore buono alla cui scuola si sono messe.

Questo basti per capire che il ministero โ€œpastoraleโ€ non รจ riservato ai ministri ordinati, cioรจ ai preti, ma รจ compito di tutto il gregge, di tutta la comunitร  cristiana, e riguarda tutte le aree della vita. Non si esige per questo alcuna licenza in teologia. Basta il battesimo. Su come lโ€™abbiamo vissuto sarร  fatto il giudizio.

FonteSettimana News | Commento a cura di Nico Guerini


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