mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 9 Ottobre 2022

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La lebbra

Bisogna ricordare che la lebbra, malattia reale, è anche una malattia dal forte valore simbolico. Essa significa il peccato. Perché? Certamente perché è contagiosa (il male chiama il male) e soprattutto perché isola. Il peccato è in effetti rottura della comunione, della solidarietà, come la lebbra che marginalizza chi ne è colpito. Come la lebbra malattia, la lebbra peccato colpisce tutti e dappertutto: in Israele e fuori.

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Paolo scrive: “Siamo tutti colpiti dal peccato (giudei e pagani), perché sia fatta grazia a tutti”. E così il cerchio si chiude: la divisione giudei -pagani è in effetti simbolizzata dal peccato stesso, che è divisione, ostilità e violenza. È questa divisione, rappresentativa di tutte le altre, che viene superata dall’opera pasquale. Tutti siamo simili nella lebbra che divide. Tutti siamo uniti per la grazia che ci salva.

“Andate a mostrarvi ai sacerdoti”, dice Gesù ai lebbrosi. Si tratta di andare a verificare la guarigione in vista del reinserimento nella comunità. Gli uomini che si mettono in cammino non sono ancora guariti. Siamo dinanzi alla famosa anticipazione caratteristica della fede: “Quando chiedete qualcosa, credete di averla già ottenuta e vi sarà donata”. Così Israele celebra la cena della liberazione dall’Egitto in vista della liberazione che deve ancora avvenire. Anche Gesù celebra la cena di ringraziamento per la sua resurrezione prima ancora che sia avvenuta la sua morte. La fede presente ci trasporta già alla fine ed è per questa fede che si opera la guarigione. Durante il cammino i lebbrosi sono purificati. La fede nella Parola di Gesù “guarisce” i lebbrosi (versetto 14), ma il lebbroso che torna da Gesù per ringraziarlo, ottiene anche la salvezza. Manifesta una fede più grande, unita alla gratitudine (versetto 19).

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Il versetto12 ci presenta i lebbrosi a debita distanza da Gesù, come pure nella prima lettura Naaman non ha contatto con Eliseo. Anche questa distanza è simbolica. Il testo ci mostra come questa distanza si può annullare o accrescere. Così la fede è presentata in due gradi. Il primo grado consiste nel credere all’amore salvifico di Dio. Se ci allontaniamo restiamo centrati su noi stessi, sulla nostra malattia o sulla nostra salute e Dio non appare che come un mezzo di guarigione. La fede totale sposta il nostro sguardo dalla salute a Colui che ce la dona. Il decimo lebbroso capisce che è più importante aver trovato Cristo che essere guarito. “Il tuo amore vale più della vita”, dice la Bibbia. È questo amore che ci dona la vita ed è più prezioso della vita che dona. La vera fede ci mette in comunione con Dio stesso.

Chi è Gesù? I lebbrosi lo chiamano “maestro”, nel senso di colui che insegna. Il decimo lebbroso torna per rendere gloria a Dio. Lo fa per ringraziare Gesù. Modo delicato per dirci che Gesù e divenuto per lui ben altra cosa dal precettore che insegna. È il luogo in cui si può incontrare Dio e ringraziarlo. Il “Luogo”. Naaman aveva creduto di dover portare della terra da Israele, come luogo per render grazie. Il samaritano non prende la terra, né è entrato in Israele. Per lui Gesù è il luogo in cui Dio si incontra. Così ha compreso la parola della salvezza: “La tua fede ti ha salvato” e la parola della resurrezione: “Alzati!”.

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