HomeVangelo della Domenicamons. Giuseppe Mani - Commento al Vangelo di domenica 4 Febbraio 2024

mons. Giuseppe Mani – Commento al Vangelo di domenica 4 Febbraio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 1, 29-39

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Gesù nostro Salvatore

I primi cristiani non hanno posto un limite alle loro fatiche pur di annunciare la Buona Novella! Cristo è oggi come sempre vittoria sul male, potenza di salvezza.

La prima lettura ci parla di Giobbe che non ha bisogno di essere presentato. Tanta è la fama di cui gode anche tra la gente comune che ne ha fatto l’immagine di ogni essere umano con l’espressione con cui si apre la lettura: “Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra?”. Il pianto di un uomo minato dalla depressione. Una esistenza senza salvezza, né orizzonte. Tutto è privo di senso. Non è forse questa la situazione di molti contemporanei?

Dopo l’esperienza dell’incontro con i tre amici, Giobbe osa considerare Dio come Dio, come colui che è più grande di tutte le cose. Per questo passa dal ragionamento all’invocazione.

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Giobbe è il povero che mette in luce tutti i limiti dell’uomo. Non si ripiega su sé stesso, ma si apre a colui che è maestro della vita. Anziché trattenersi sull’origine del male, Giobbe risolutamente si rivolge a Colui che è all’origine di ogni vita. Lo invoca con tutte le forze e sa che troverà pace nell’abbandono confidente in Colui che può tutto. La storia di Giobbe è illuminante per l’uomo di oggi, per noi. Le persone nella prova hanno bisogno di essere ascoltate. La presenza conta più di ogni sforzo di spiegazione. La nostra presenza può essere presenza di Cristo Salvatore se sappiamo essere trasparenza della sua presenza.

Nella seconda lettura ci parla Paolo come cooperatore nell’opera di Dio. Si presenta dicendo: “Io mi son fatto tutto a tutti, cercando di guadagnarne il maggior numero”. Non possiamo rivelare il volto di Cristo Salvatore senza farci deboli e piccoli. Paolo non cerca di realizzare un’opera per Dio, ma, più pazientemente, cerca di entrare nell’opera di Dio. Si abbandona pazientemente al volere di Dio che lo supera: “Io non faccio nulla da me stesso, ma mi affido all’opera che mi è stata affidata”. L’apostolo si sforza di essere trasparente alla presenza di Colui che continua a visitare il suo popolo. Si è lasciato sedurre da Cristo per agire in suo nome e in fedeltà allo Spirito.

Gli itinerari di Paolo e Giobbe si ricongiungono nello stesso punto: l’uno e l’altro si abbandonano con fiducia in Colui che è “più grande del nostro cuore”.

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Gesù è maestro di vita.

Domenica scorsa abbiamo visto Gesù che libera dal Maligno, oggi libera dalle malattie. Non soltanto dice, ma manifesta che il Regno di Dio è già venuto.

La prima guarigione del vangelo di Marco evoca l’ambiente della resurrezione. Per questo Gesù è venuto: per donare la vita, una vita più forte della morte.

San Marco presenta la missione di Gesù come una manifestazione del Regno di Dio in parole ed in atti. È questa la missione che qualifica ogni cristiano: manifestare al seguito degli apostoli, in atti e in parole, che è già cominciato un mondo nuovo.

Per realizzare questo ci sono due condizioni da realizzare: una trasparenza allo Spirito Santo e una piena fiducia nella potenza del Vangelo.

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