Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 9 Novembre 2022

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Gratitudine, fede e libertà

La gratitudine che si fa rendimento di grazie e insieme confessione di fede è l’esito della guarigione nell’essere umano di Samaria. Per il Vangelo in tale disposizione risiede una fede matura. Come a dire che nella riconoscenza-gratitudine va trovato una sorta di ritmo cristiano dell’esistenza. Questo va detto nella lucida consapevolezza che non è affatto facile, che non va in maniera automatica, e che si deve fare i conti con le ferite che portiamo in noi e che ci rendono difficile guardare in tale modo alla vita.

E nella coscienza che è altra cosa rispetto al sorriso ebete di chi non è passato “per l’oscura valle della morte”, di chi non ha conosciuto il disorientamento della perdita della terra sotto i piedi che gli dava stabilità, di chi, preso dal suo benessere o dalla sua sopravvivenza, è cieco sul male, sulla violenza, sull’ingiustizia, occasionali o strutturali, presenti nella storia. C’è un benedire e un rendere grazie al Signore che – fatto al di fuori della solidarietà con gli esseri umani e dalla responsabilità verso i sofferenti – è una bestemmia.

La fede si innesta sulla gratitudine come disposizione umana. Quali sono gli elementi di questo atteggiamento? Si riconosce l’accadere di un evento positivo nella propria vita o in quella di altri, un evento immeritato e gratuito. In ciò si discerne che è stato provocato in maniera intenzionale da qualcuno e vi si legge affetto, benevolenza, amore indirizzati a sé. Si generano un senso di meraviglia e un sentimento di stupore. Si attesta così che la cosa non è scontata. Ci si rende conto di quanto siamo interdipendenti e di come la propria vita sia sostenuta da una complessa rete di sforzi, di amore e di considerazione da parte di altri che ci avvolge e che ora cominciamo a non dare più come dovuta e scontata. Si esce da un atteggiamento di pretesa verso gli altri, come se tutto ci fosse dovuto.

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L’esperienza di tale amore donato, se interiorizzata ed elaborata, conduce a rispondere all’amore con l’amore pur nella sproporzione del dono e nell’impossibilità del contraccambio, perché ogni atto di amore riveste un carattere di unicità. A sua volta la custodia di quanto accaduto diventa risorsa di senso, forza di resistenza e di speranza nei momenti in cui si è preda del risentimento, del rancore, della recriminazione, della disperazione.

Questa custodia interiore dà al credente una postura precisa: si sta nella storia come chi è nella condizione di debitore. Senza esserne umiliato né schiacciato nella propria umanità. Anzi, nel testo c’è un legame fra la fede, la gratitudine e la libertà. Un legame reso in maniera incisiva dalle parole di Gesù che chiudono la pericope evangelica: “Risorto, mettiti in cammino: la tua fiducia ti ha salvato!”. La fede è un cammino che può condurre dalla supplica alla lode, dal bisogno alla libertà, tramite l’incontro con Gesù e la sua parola, un cammino che va di inizio in inizio. Questo essere umano ritorna a Gesù e Gesù lo rimette in cammino verso il futuro che si apre nella sua nuova condizione.

fratel Davide

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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