Segni di luce
Cari fratelli e sorelle,
cari amici e ospiti,
mentre la notte scende, eccoci riuniti per rivivere, nella fede, il mistero della trasfigurazione del Signore Gesรน Cristo. Mistero di luce e anticipazione della Pasqua. Luce che viene dallโalto e che illumina il volto del Figlio, facendo presagire ai tre discepoli da lui condotti sul monte, e a ciascuno di noi, la trasfigurazione promessa alla creazione intera.
Ne abbiamo bisognoโฆ in questo momento in particolare. Noi infatti siamo qui e sentiamo parlare di luce e di trasfigurazione, ma intorno a noi non vediamo che sfiguramenti. Celebriamo la luce sfolgorata sul corpo del Signore, e intanto, in questo momento, in tante parti del mondo, sono altre le luci che fendono i cieli: luci che uccidono anzichรฉ illuminare.
Il contrasto รจ talmente forte che noi questa sera potremmo sembrare solo dei poveri illusi, degli estatici svampiti o, peggio ancora, dei pericolosi irresponsabili. Irresponsabili verso un mondo che brucia, verso le tante vittime innocenti uccise, affamate, tenute prigioniere, abbandonate a destini di morteโฆ Vittime inermi, soprattutto bambini, che ci guardano con occhi increduliโฆ Sรฌ, increduliโฆ perchรฉ stentano a credere che per qualcuno โ per qualcuno di quegli โadultiโ nei quali nutrono ancora una fiducia istintiva! – essi possono essere dei โnemiciโ; e per questo essere ridotti alla fame, essere usati come merce di scambio, essere impiegati come materiale bellico, o semplicemente essere lasciati morire in mare. Non possono neppure credere che per degli โadultiโ la loro vita valga cosรฌ poco: che la si possa sacrificare a una qualsiasi ragione; che la si possa ridurre a un banale prezzo da pagare in vista di un presunto bene ritenuto piรน grande.
Questo รจ il nostro mondo! ร anche il nostro mondo! E consapevoli di tutto questo, noi siamo quiโฆ e vogliamo metterci in ascolto ancora una volta la buona notizia della trasfigurazione del Signore. Ricevere un poโ di luce, per andare avanti, senza disperare… Lo facciamo per fedeltร . Lo facciamo per obbedienzaโฆ Lo facciamo con la speranza di trovare nella luce che promana dal volto del Figlio un poโ di chiarore per orientarci in questo mondo.
Alla luce di questo vangelo, in questa notte, accoglieremo anche il โsรฌโ definitivo che una nostra sorella, Chiara, al termine del suo cammino di probazione, pronuncerร davanti al Signore, legandosi in alleanza con noi, fratelli e sorelle di Bose, alla sequela di Cristo, nella vita monastica.
La scena descritta dallโevangelista Lc nel brano che abbiamo appena riascoltato sโinserisce tra il primo e il secondo annuncio della passione di Gesรน. Dunque, come una sorta di punto luminoso, in una storia che si annuncia complessa e dolorosa. Tale anche per i discepoliโฆ Infatti Gesรน, dopo aver parlato per la prima volta della sua passione, cosรฌ si rivolge ai suoi: โSe qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderร , ma chi perderร la propria vita per causa mia, la salverร โ (v. 23-14).
Il cammino รจ esigente per il Maestro come per i discepoli. Gesรน perรฒ parla anche di โgloriaโ e promette: โIl Figlio dellโuomo verrร nella gloria sua e del Padre suo e degli angeli santiโ (v. 26). E subito aggiunge: โAlcuni dei presenti non morranno prima di aver visto il regno di Dioโ (v. 27). Su questa promessa sโinnesta il nostro racconto: โCirca otto giorni dopo questi discorsi, Gesรน prese con sรฉ Pietro, Giovanni e Giacomoโ (v. 28).
Si apre cosรฌ una scena di pace, โaltraโ rispetto al prima e al dopo. Siamo sul monte, in disparte e il clima รจ di intimitร โฆ Non solo, ma Lc avvolge lโintera scena in un clima di preghiera. Dice che Gesรน โsalรฌ sul monte a pregare; e mentre pregavaโ avviene qualcosa che rende โaltroโ anche il volto di Gesรน. Il testo infatti continua dicendo: โLโaspetto del suo volto divenne altro (e[teron)โ (v. 29).
Per Lc la trasformazione รจ dunque effetto della preghiera, o quanto meno avviene mentre Gesรน รจ in preghiera. Lโevangelista quindi indugia su questo tratto, dicendo che a un certo punto la preghiera si apre a un dialogo a piรน voci: โEd ecco due uomini conversavano con lui: erano Mosรจ ed Elia, apparsi nella gloriaโ (v. 30-31). Cโรจ il Padre, ma ci sono anche Mosรจ ed Elia, che entrano in quellโintimitร .
E poi scava ancora in quella preghieraโฆ e, a differenza degli altri evangelisti, specifica lโargomento di quel dialogo: โParlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemmeโ (v. 31).
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Quindi la scena continua come nelle altre narrazioni evangeliche, con la reazione maldestra di Pietro, che vorrebbe fissare quel momento: โMaestro รจ bello per noi essere qui. Facciamo tre capanneโฆโ (v. 33). Con la nube che avvolge ogni cosa e mette fine a quella visione: โVenne una nube e li coprรฌ con la sua ombraโ (v. 34). Con la voce che viene dal cielo e indica in quel Figlio, lโeletto, da ascoltare: โQuesti รจ il Figlio mio, lโeletto; ascoltatelo!โ (v. 35). Infine, con lโeco della voce celeste che sfuma nel silenzio dei discepoli. Letteralmente il nostro testo si conclude cosรฌ: โE mentre la voce parlava, Gesรน si trovรฒ solo; ed essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciรฒ che avevano vistoโ (v. 36).
Questo รจ il racconto, che abbiamo ascoltato e commentato molte volte. Questโanno, anche pensando a quanto stiamo vivendo come umanitร e come comunitร , vorrei soffermarmi su quel particolare proprio di Lc: โParlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemmeโ (v. 31).
ร chiaro di cosa si tratta: Gesรน lo ha appena detto parlando della sua passione, e ora lo riprende, facendone oggetto della sua preghiera e del suo dialogo con Mosรจ ed Elia. Perchรฉ soffermarsi proprio su quellโesodo? E proprio ora, in una scena di pace come questa? Perchรฉ tornare a parlare di morte, proprio qui, in questo raro istante di luce? Le ragioni possono essere varie: Gesรน lo fa per portare quellโesodo nella preghiera e confrontarlo con le Scritture; lo fa per trovare pace e per trovare senso; lo fa per non fuggire, e per accogliereโฆ E cosรฌ ci rivela il luogo in cui la luce puรฒ rifulgere, nel mondo come nel cuore di un essere umano, di ciascuno di noi!
Cosa cโรจ al cuore della luce di cui Gesรน รจ circonfuso? Da dove gli vengono luce e pace? Gli vengono dallo scendere consapevolmente nel proprio esodo, dallโaccogliere consapevolmente quella missione che lo porterร a bere lโamaro calice della croce. Gli vendono non dal rifugiarsi nella potenza della sua divinitร , ma dallโaccogliere la fragile consistenza della propria umanitร . E lรฌ, in quellโumanitร fragile accolta e non fuggita, accolta e non mascherata, i discepoli contemplano la luce divina. La potenza del Regno si manifesta mentre Gesรน dialoga con il โsuo esodoโ.
Non รจ dunque un caso se in questa scena il Maestro coinvolge i tre discepoli, Pietro, Giovanni e Giacomo. Li vuole lรฌ perchรฉ vedano e odano! E questa sera, a vedere e ad ascoltare, invita anche noiโฆ perchรฉ possiamo osservare il punto fontale della luce: da dove scaturisce la luce di cui tanto abbiamo bisogno nella nostra tenebra, personale o collettiva!
La luce, quella vera, nasce dal coraggio di vivere lโesodo, il proprio esodo! Nasce dallโonestร di chi non fugge la propria umanitร , la propria finitudine. Gesรน รจ uomo di pace e diventa luminoso mentre discorre del suo esodo, e discorrendone lo accoglie.
La tenebra invece, quella che avvilisce il nostro mondo, nasce dallโatteggiamento contrario. Nasce dalla non accettazione di quello che siamoโฆ dai nostri deliri di onnipotenza, che sono agli antipodi dellโatteggiamento di Gesรน!
Cosโaltro cโรจ infatti alla radice di ogni violenza, guerra, sopraffazione, se non lโarroganza di chi mente sulla propria umana finitudine? Di chi non riconoscendosi โumanoโ, non รจ piรน capace di riconoscere lโumanitร dellโaltro? Dietro ognuna delle guerre e delle violenze che insanguinano il nostro mondo cโรจ sempre la medesima menzogna: quel narcisismo che si trasforma in delirio di onnipotenza da cui รจ generata ogni violenza, ogni guerra, ogni divisione. ร sotto i nostri occhi: la violenza nasce da cuori di uomini che si credono immortali, che non fanno i conti con il proprio โesodoโ. Un esodo per la vita: quella che Gesรน dona, rifiutandosi di sottrarla agli altri.
Questa notte siamo allora qui ad accogliere questo messaggio, tendere lโorecchio a quel dialogo di Gesรน sul suo โesodoโ. E alla luce di questo esodo vogliamo anche accogliere come nostra sorella con sempre te, Chiara. Non ti sembri triste o angusta questa prospettiva: accogliere e lasciarti accogliere nella logica di un esodo! Perchรฉ si tratta di un esodo verso la vita, verso la resurrezione. Vita che passa per una spoliazione, per una semplificazione, per lโaccettazione di una diminuzione. Non di una restrizione! Perchรฉ per questa via il cuore si dilata, come ricorda san Benedetto.
Non avere paura, Chiara, di riconoscerti creatura umana, e dunque fragile. Perchรฉ รจ lรฌ che il Signore compie meraviglie. ร lรฌ che sgorga la luce, quella vera: laddove rimettiamo noi stessi nelle mani del Creatore, perchรฉ ci plasmi e ci riplasmi ogni giorno. Abbi perรฒ questo coraggio: affidati a lui! Vivi anche il rischio di affidarti alle sorelle e ai fratelli che insieme a te camminano dietro a lui. Dico il โrischioโ, perchรฉ affidarsi comporta sempre un rischio. Perchรฉ la fiducia puรฒ essere tradita, e lo sappiamo bene. Eppure, non vi รจ altro modo per camminare liberamente nella via del nostro esodo.
Pensando a questo, mi viene in mente la conclusione di una lettera attribuita a santa Chiara, la Lettera a Ermentrude di Bruges (la critica la considera non proprio autentica, ma una rielaborazione di testi di Chiara). Dice alla fine: โNon avere paura o figlia: Dio, fedele in tutte le sue parole e santo in tutte le sue opere, effonderร su di te e sulle tue figlie la sua benedizione e sarร vostro aiuto e ottimo consolatore; egli รจ nostro redentore ed eterna ricompensa. Preghiamo Dio vicendevolmente, e cosรฌ, portando il peso della caritร (onus caritatis) lโuna dellโaltra, adempiremo facilmente (leviter) la legge di Cristo. Amenโ (Lettera a Ermentrude di Bruges 15-17). Un onus che si porta leviterโฆ
Ecco la via dellโesodo: camminare senza paura, come Gesรน ha fatto dirigendosi decisamente verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51). Un viaggio in cui ti รจ chiesto di farti carico solo di una caritร vicendevole, che rende leggero il comandamento, che poi รจ la legge di Cristo.
Anche il carico della nostra fragilitร diventa leggero quando รจ portato insieme. Insieme alle sorelle e ai fratelliโฆ e insieme al Signore! In una doppia comunione cui invita ancora santa Chiara al termine della Benedizione (questa volta un testo certamente di suo pugno), dove scrive cosรฌ: โSiate sempre amanti delle vostre anime e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite a osservare quanto avete promesso al Signore. Il Signore sia sempre con voi, e possiate voi essere sempre con lui. Amenโ (Benedizione 14-16).
Santa Chiara esorta a un duplice amore: di se stessi e delle proprie sorelle! Mai lโuno senza lโaltro: per diventare umani รจ necessario volersi bene e volere bene. Per accogliere e vivere il proprio esodoโฆ รจ necessario volersi bene e volere bene. Per uscire dal narcisismo mortifero e dal delirio di onnipotenza che distrugge noi stessi e il mondo, รจ necessario volersi bene e volere bene. Per questa via sarร allora possibile riconoscere la propria umanitร e dunque anche quella altrui. Riconoscersi esseri umani, per riconoscere gli esseri umani.
Chiara carissima, sono questi i sentimenti con i quali ti accogliamo e con i quali ricordiamo e rinnoviamo anche noi tutti, fratelli e sorelle, il nostro impegno. Nellโabbraccio che tra poco ti daremo, cโรจ anche quello di tutte le sorelle e i fratelli che dallโinizio della comunitร fino ad oggi, in modi diversi, hanno edificato questa comunitร , siano o no fisicamente qui questa sera. Accogli questo abbraccio con gratitudine.
La gratitudine che, a nome delle sorelle e dei fratelli, vorrei esprimere a chi ti ha accompagnata e aiutata a crescere: i tuoi genitori, il resto della tua famiglia, i tuoi insegnanti, le tue amiche e amici.
Gratitudine a nome di noi tutti vorrei anche esprimere ai tanti amici e amiche che si sono fatti presenti in questi giorni e che non hanno potuto essere con noi. Tra loro, tanti monaci e monache di monasteri italiani ed esteri, vari vescovi (compreso il patriarca ecumenico Bartholomeos). Un grazie particolare vorrei esprimere ai monaci presenti, i fratelli di Pra โd Mill, di Dumenza e di Arona, alla comunitร delle Sorelle del Signore quasi al completo, allโarcivescovo di Palermo, Corrado, che fedele a una tradizione cui ormai non possiamo rinunciare, รจ tra noi e presiede la liturgia eucaristica. A voi tutti, che vorrei menzionare per nomeโฆ il nostro grazie per lโamicizia fedele e per la preghiera con cui ci accompagnate.
E che il Signore metta nei cuori dei potenti di questa terra, e anche nei nostri, pensieri di pace, perchรฉ torni presto la pace!
Per gentile concessione del Monastero di Bose.
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