Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 26 Novembre 2022

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Attenzione e preghiera

Gesรน si trova nel tempio di Gerusalemme a ridosso della Pasqua e del compimento della sua passione e pronuncia questo grande discorso sugli ultimi tempi, sulla venuta del Figlio dellโ€™uomo. Noi viviamo oggi una grande vigilia, entriamo con i primi vespri nel mistero e sacramento dellโ€™Avvento, tempo della gioiosa attesa del Signore che viene nella gloria.

Noi cristiani abbiamo perso questa dimensione fondante della fede in Gesรน Cristo: lโ€™attesa, la consapevolezza che ciรฒ che ci rende discepoli, e anzituttoย la certezza e la speranza che il Signore viene a ristabilire la giustizia e la veritร , ad asciugare le lacrime sui nostri volti, a portare la pace e compiere il suo grande, terribile e misericordioso giudizio.

Abbiamo ascoltato nei passi che precedono i nostri versetti come questo giudizio non si debba leggere in termini di distruzione di tutto, non come unโ€™apocalisse catastrofica e cosmica; queste cosa avvengono certo: guerre, terremoti, catastrofi, persecuzioni, maย non รจ subito la fine. Se ci guardiamo intorno, se osserviamo la storia degli esseri umani, tutto questo appartiene ad una quotidiana ordinaria follia nel nostro oggi, non serve pensare ad un futuro distopico come quello immaginato in certi film.

Perรฒ il Signore Gesรน ci mette in guardia: non รจ subito la fine,ย la lettura catastrofica della fine dei tempi non รจ la sola lettura possibile. Il fine ultimo della vita e della fede non sono il male e la distruzione che osserviamo intorno a noi,ย il fine ultimo รจ la nostra salvezza, รจ la redenzioneย e la liberazione verso le quali siamo esortati a procedere con la testa alta, vigilanti per stare in piedi davanti al Signore che viene.

Sono due le esortazioni fondamentali che il Signore ci rivolge: state attenti a voi stessi e vegliate e pregate in ogni momento.

Queste parole:ย guardatevi, state attenti a voi stessi non devono suonare a nostri orecchi come la minaccia di un terribile castigoย qualora la nostra vita fosse dissipata. Esse dovrebbero risuonare nel nostro cuore piuttosto come unย invito pressante ad avere cura di noi, delle nostre vite. Solo prendendoci cura di noi possiamo sperare di avere cura degli altri. Questo prendersi cura di noi stessi assume i tratti della fede cristiana quando รจ sostenuto dalla speranza e dallaย certezza che il Signore viene, colui che รจ mite e umile di cuore, che ha preso su di sรฉ, sulla sua croce i pesi e gli affanni che ci piegano e ci schiacciano perchรฉ noi possiamo alzare il capo per guardare a lui, per invocarlo incessantemente: โ€œMaranathร , vieni Signore Gesรนโ€.

Dobbiamo sempre ricordarci di questo quando le vicende della vita ci schiaccianoย impedendoci di sollevare il capo, dobbiamo ricordarcene quando sentiamo il peso e la sofferenza per il male che ci circonda ed รจ rivolto verso di noi; tutto questo non รจ lโ€™effetto del giudizio di Dio, perchรฉ Dio per noi vuole la salvezza, la redenzione perchรฉ noi possiamo stare in piedi davanti a lui nel giorno del suo misericordioso giudizio.

La vigilanza e la preghiera rendono possibile tutto questo. Maย vegliare e pregare significa per noi rimanere nella sua parola, significa invocare il suo Spirito santoย che solo puรฒ darci la forza per andare avanti quando siamo perseguitati e oppressi, significa desiderare e sperare nella sua gloriosa e misericordiosa venuta, forti della sua Parola che non viene mai meno, forti della soliditร  della parola sulla quale possiamo e dobbiamo fondare la nostra perseveranza, ogni nostra speranza e desiderio.

Solo cosรฌ con cuore alleggerito e sollevato potremo incessantemente con speranza continuare a invocarlo: โ€œMaranthร , vieni Signore Gesรนโ€.

fratel Nimal

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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