Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 13 Settembre 2022

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Leggere le lacrime

Soltanto il Vangelo di Luca riporta l’episodio della resurrezione del figlio della vedova di Nain. È un racconto sobrio, scarno, in cui tutto è ridotto all’essenziale, ma è introdotto da un’espressione solenne che vuole richiamare l’attenzione degli ascoltatori o dei lettori di questo testo: “E avvenne che …” (cf. v. 11). Gesù è in cammino; lo accompagnano i discepoli e una grande folla; è un corteo di povera gente che ha riposto la sua fiducia in Gesù, che in lui trova vita. Questo corteo si imbatte in un corteo funebre, un corteo di altra povera gente nel dolore, che accompagna una donna, moglie di un marito morto, madre di un figlio unico morto. Questa donna resta anonima, rappresenta tutti i poveri, tutti quelli che sono segnati dalla sofferenza, dal lutto. I due cortei, quello della vita e quello della morte, si incrociano; Gesù si ferma, non passa oltre come il levita e il sacerdote della parabola del buon samaritano (cf. Lc 10,31-32). Si ferma perché l’ha vista, perché ha letto il suo dolore, perché è il sommo sacerdote misericordioso e degno di fede che sa compatire le nostre infermità (cf. Eb 2,17; 4,15). La donna non chiede niente, non dice una parola, le resta soltanto il linguaggio del pianto. Gesù vede queste lacrime, sente su di sé la sofferenza di questa donna, ed è mosso a compassione, rivela la compassione di Dio. “Il Signore è misericordioso e compassionevole … com’è tenero il padre con i figli con chi lo teme è tenero il Signore” (Sal 103,8.13). “Non piangere” (v. 13), già ora si realizza quello che accadrà alla fine dei tempi: “Non avranno più fame né avranno più sete, non li colpirà il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che sta in mezzo al trono, sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi” (Ap 7,16-17). Il figlio è richiamato dalla morte e restituito alla madre. La gente riconosce il segno profetico, la visita di Dio e sembra riprendere il cantico di Zaccaria: “Benedetto il Signore, Dio di Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo … Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci visiterà un sole che sorge dall’alto” (Lc 1,68.78).

Ma noi non vediamo ancora i nostri morti restituiti alla vita e raramente accade che qualcuno sappia leggere le nostre lacrime e ci aiuti a non piangere. Il cristianesimo non aggira “il tragico” dell’esistenza, la sofferenza, la malattia, la morte. Non abbiamo scorciatoie, vie privilegiate. Ma il Dio amante della vita (cf. Sap 11,26) ha posto nel cuore dei suoi figli una dolce speranza (cf. Sap 12,19). Il corteo della vita e della morte si incrociano attorno alla bara di un figlio unigenito richiamato alla vita: quale immagine più chiara della chiesa, della comunità cristiana radunata attorno a un Figlio unigenito, messo a morte dalla malvagità degli uomini e richiamato alla vita dal Padre? Al cuore della nostra fede, al cuore della chiesa vi è il Signore Gesù crocifisso e risorto dai morti. Guardando a lui, facendo nostri i suoi sentimenti (cf. Fil 2,5), possiamo ravvivare la speranza e lasciarci muovere a compassione dal dolore di chi incontriamo lungo il cammino ed asciugare le lacrime di chi è nel pianto.

sorella Lisa

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Per gentile concessione del Monastero di Bose

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