Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 10 Luglio 2021

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La fiducia che vince la paura

“Il Signore è in mezzo a noi sì o no?” (Es 17,7). È il grido degli ebrei nel deserto, spaventati dalla durezza della traversata di luoghi aridi e deserti in cui sembra non ci sia prospettiva di vita. “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”: è anche il nostro grido dinanzi alla durezza della traversata della vita. Perché la malattia, la morte di quelli che amiamo? Perché i continui conflitti, le tensioni che rendono impossibile vivere nella pace? Perché sono tanto fragile?

“Signore, ho paura! Dove sei?”. L’esortazione: “Non abbiate paura” ritorna quattro volte nel vangelo odierno. Il Signore ci esorta a non avere paura, a non lasciarci vincere da quella paura che avvelena la vita, la paralizza, le toglie la libertà. Discepoli del maestro Gesù, viviamo con lui, per lui, in lui. “Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore”. Seguiamo la sua via, una via che ha conosciuto gioie e sofferenze, pace e persecuzione. Anche Gesù nel Getsemani ha avuto paura – “Cominciò a provare tristezza e angoscia” (Mt 26,37) –, ma l’ha vinta affidandosi al Padre, nella certezza del suo amore e ci ha insegnato così in che modo attraversare la paura.

Il cristiano non è né cinico, né stoico; davanti alle difficoltà prova paura come tutti gli altri esseri umani; come elaborarla, come viverla senza pretendere di negarla o di rimuoverla? “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”: è la promessa del Risorto che chiude il vangelo di Matteo. “Sono con voi”, in ogni momento bello o brutto, in ogni situazione felice o avversa; sono con voi anche quando voi non lo percepite, anche quando temete che vi abbia abbandonato. “Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso” (2Tm 2,13). Siamo un po’ tutti come Pietro che risponde all’appello di Gesù di andare a lui camminando sulle acque, ma non appena il vento diventa più forte, abbiamo paura. Come Pietro dobbiamo invocare: “Signore salvami!” (Mt 14,30).

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Bisogna annunciare la Parola senza timore, con coraggio e franchezza, senza temere le conseguenze dell’annuncio del vangelo. Ma c’è un genere di paura, o meglio di timore salutare, che ci deve sempre accompagnare: il timore di Dio, che le Scritture antiche definiscono “principio di sapienza” (Pr 1,7; Sal 111,10). Timore di Dio significa riconoscere che Dio è Dio e non mettere nessuno al suo posto: né noi stessi né alcun altro. E il timore di Dio relativizza il timore degli uomini. Se diamo il primo posto ad altri o ad altro, periamo anima e corpo, ci togliamo la possibilità di una vita vera, una vita non da schiavi dominati dalla paura. Chi dà il primo posto al Dio e Padre si abbandona a lui, con accettazione umile e fiduciosa, sapendo che nessun passero cade a terra “senza il Padre” (e non: “senza che il Padre lo voglia”). La fiducia nel Signore vince la nostra paura anche nei momenti “di caduta”, anche quando ci sembra che tutto crolli. Se il Salmo 56,9 ci ricorda che il Signore raccoglie ogni nostra lacrima – “Hai raccolto le mie lacrime in un vaso” –, Gesù ci dice: “perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati”. Non abbiamo paura, nulla è perduto per il Signore!

sorella Lisa


Fonte

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