La lotta della fede
Nellโodierna pagina evangelica Luca raggruppa alcune parole di Gesรน di cui troviamo dei paralleli dispersi in contesti diversificati ed espressi in maniere differenti nel vangelo secondo Matteo (Mt 7,13-14; 25,10-12; 7,22-23; 8,11-12; 19,30). Lโinsieme costruito dallโevangelista costituisce la lunga e articolata risposta che Gesรน dร alla domanda postagli da โun taleโ (v. 23) circa il numero di coloro che si salveranno.
Nel v. 22 Luca sintetizza lโattivitร consueta di Gesรน durante il suo cammino verso Gerusalemme (cf. Lc 9,51; 17,10): egli insegna mentre attraversa cittร e villaggi (cf. Lc 8,1). Gesรน cammina e insegna. Potremmo dire che cammina insegnando e insegna camminando, ovvero: il suo stesso camminare, la strada che percorre รจ insegnamento. Gesรน sta seguendo il cammino stretto e angusto che lo porterร a Gerusalemme, cioรจ alla croce salvifica. Se egli chiede ad altri sforzo e lotta (il verbo greco usato in Lc 13,24 รจย agonรญzomai) per entrare attraverso la porta stretta che conduce alla vita, lui stesso deve lottare, entrare nello sforzo e nel combattimento spirituale (agรณn: Lc 22,44) per assumere lโevento doloroso della croce. Gesรน vive in prima persona ciรฒ che predica e che chiede ad altri.
Ed ecco che un anonimo lo interroga ponendogli una domanda, tuttโaltro che infrequente allโepoca, sul numero dei salvati (v. 23). Troviamo domande analoghe poste a Gesรน in Lc 10,25 e 18,18. La maniera con cui รจ formulata la domanda (โSonoย pochiย quelli che si salvano?โ) sembra tradire la preoccupazione personale dellโinterlocutore di Gesรน e il suo timore di non far parte del numero dei salvati. La risposta di Gesรน, sottolineando che โmoltiย cercheranno di entrare ma non ci riusciranno, non ne avranno la forzaโ (v. 24), disegna una prospettiva minacciosa che fa da sfondo alla sua esortazione a sforzarsi e lottare, a impegnare completamente se stessi perchรฉ la strada verso la salvezza รจ impervia. Il passaggio dal โtuโ dellโinterlocutore al โvoiโ della risposta di Gesรน (โSforzateviโ) allarga lโorizzonte del discorso che si estenderร ai confini della terra (Oriente e Occidente, Settentrione e Meridione: v. 29) e vedrร la dialettica โpochi-moltiโ trasformarsi in quella โultimi-primiโ (v. 30). Se nel testo parallelo di Matteo (7,13-14) Gesรน, parlando di due porte, una larga e โfacileโ che porta alla perdizione e una stretta e โdifficileโ che conduce alla vita, chiede una scelta, Luca con lโimperativo con valore durativo โSforzateviโ, invita aย lottare con perseveranza. Analogamente, altrove chiederร di โpregare sempre senza stancarsiโ (Lc 18,1). Gesรน non intende dire che lo sforzo arrivi a meritare la salvezza, ma che รจ il disporre tutto da parte dellโuomo affinchรฉ la grazia della salvezza possa trovare un cuore ben disposto ad accoglierla.
Il messaggio di Gesรน รจ importante:ย la vita di fede richiede sforzo, fatica, lotta. Dunque anche sofferenza. La rimozione della fatica e della sofferenza dalla vita di fede รจ una tentazione. La fede รจ semplice, ma non facile. Anzi, per Paolo la fede รจ chiamata a divenire lotta: โCombatti (agonรญzou) la buona battaglia (agรดna) della fedeโ (1Tm 6,12). Questa lotta egli la definisce โbellaโ (1Tm 1,18), cioรจ positiva e diversa da tutte le battaglie mondane, le crociate ideologiche e le contese con altre creature o gruppi umani. Lโunica battaglia che nasce legittimamente dalla fede e anzi รจ esigita dalla fede, รจ la battaglia che sgorga dal battesimo e dallโaver rivestito Cristo: si combatte con armi spirituali (preghiera, pazienza, sobrietร , temperanza, dominio di sรฉโฆ), contro il peccato (cf. Eb 12,1), il Maligno (cf. Ef 6,16) e non contro uomini o con armi e mezzi mondani (cf. Ef 6,12; 2Cor 10,3).ย La fede รจ condizione e fine di tale lotta: occorre lottare con fede, ma anche lottare per conservare la fede (2Tm 4,7). Questa lotta ha valenza escatologica ed รจ orientata soteriologicamente: il premio da conseguire (1Cor 9,24; Fil 3,12.14), รจ la โcorona incorruttibileโ (1Cor 9,25), la corona che viene accordata soltanto a chi lotta โsecondo le regoleโ (2Tm 2,5), la โcorona di giustiziaโ (2Tm 4,8) che il Siยญgnore consegnerร โin quel giornoโ (2Tm 4,8); รจ dunque โla salvezzaโ (1Ts 5,9), โla vita eternaโ (1Tm 6,12), il compimento della vocazione ricevuta. Il cristiano non รจ chiamato solo a iniยญziare, ma anche ad avanzare verso il compimento che, in ogni caso, sarร dono di Dio e della sua grazia, della sua misericordia (Rm 9,16).
Per Gesรน laย preghieraย รจ parte costitutiva dello sforzo e vi dร forma. Al Getsemani Gesรน combatterร pregando e cosรฌ troverร forza per proseguire il suo cammino (Lc 22,43: lโangelo gli โdร forzaโ; verboย enischรฝo). Non a caso, qui Gesรน invita il suo interlocutore e chiunque voglia percorrere il cammino della salvezza, a sforzarsi e combattere perchรฉ molti โnon avranno la forzaโ (verboย ischรฝo: Lc 13,24) di entrare attraverso la porta stretta della salvezza.ย Lo sforzo come apertura alla grazia emerge proprio nellโaffermazione della forza donata attraverso la preghiera.
A differenza di Matteo che parla di due porte, per Luca vi รจ unโunica porta che conduce alla salvezza ed รจ una porta โstrettaโ. ร possibile che nella tradizione allโorigine dellโimmagine vi fosse il riferimento alla piccola e angusta porta che permetteva lโingresso in cittร a ritardatari o a chi aveva urgenze, una volta che la grande e pesante porta principale della cittร stessa era stata chiusa al sopraggiungere della notte. Tuttavia Luca, usando il termineย thรฝraย (vv. 24-25), nonย pรฝleย (cf. Lc 7,12: porta della cittร di Nain), allude alla porta di una casa che il padrone di casa (v. 25:ย oikodespรณtes) a un certo punto chiude impedendo lโingresso. Lโimmagine รจ simile a quella della parabola dellโamico importuno che, bussando a tarda notte alla porta di casa di un amico si sente dire: โLa porta รจ giร chiusaโ (Lc 11,7). In questo modo Luca fa slittare il punto focale del discorso dallโelemento spaziale della casa e della porta a quello temporale: cโรจ un troppo tardi da cui guardarsi. E dunque, finchรฉ cโรจ tempo e si รจ in tempo, occorre pregare, nutrire la relazione con il โpadrone di casaโ per non sentirsi dire โNon so di dove sieteโ (v. 25), vedersi chiudere la porta in faccia ed essere estromessi dalla sala del banchetto del Regno (โsederanno a mensa nel Regno di Dioโ: v. 29). Inoltre, lโimmagine della porta che viene chiusa in modo irrevocabile si colora di una tinta escatologica e si avvicina al senso della porta chiusa della sala delle nozze da cui restano irrimediabilmente escluse le vergini stolte nella parabola matteana (Mt 25,1-13). La figura del padrone di casa e il dialogo che viene messo in scena tra lui e gli esclusi (vv. 25-27) mostra che il varcare la porta che introduce alla salvezza necessitร sรฌ di sforzo e lotta, ma anche di relazione: occorre conoscere il โpadrone di casaโ, essere da lui conosciuti, avere relazione e consuetudine con lui. Luca sta dicendo cheย la salvezza รจ questione di relazione. Relazione con il Signore che inizia qui e ora, che si nutre di fede e di preghiera e che spera di divenire comunione con lui per sempre.
Lo sforzo richiesto al credente comprende poi anche la salutare inquietudine di chi non puรฒ vantare garanzie quanto alla salvezza. La sentenza del Signore-padrone di casa (v. 25) che proclama la sua non-relazione con chi gli sta chiedendo di aprire la porta (โNon so di dove sieteโ) suscita lo sconcerto e la rivendicazione scandalizzata degli esclusi che tuttavia rinviano a una vicinanza e conoscenza esteriore, non profonda, di lui, non interiorizzata: il Signore, che qui appare come giudice, rivela che essi sono rimasti alla porta della comunione con lui, non sono mai entrati con lui in una conoscenza profonda. Mangiare insieme a qualcuno o sentire alcune sue parole non significa introiettare una presenza: si puรฒ vivere accanto, vicino, semplicemente incrociandosi con lโaltro, senza mai veramente incontrarsi. Se poi accordiamo a quella comunione di tavola e ascolto dellโannuncio di Gesรน (v. 26) una valenza piรน profonda in riferimento alla celebrazione eucaristica e allโascolto della parola di Dio, anche qui dobbiamo rilevare che lโappartenenza ecclesiale o la frequentazione sacramentale possono divenire ostacoli alla veritร della relazione con il Signore se si trasformano in presunzione di salvezza. Il giudizio del Signore spiazza certezze e convinzioni umane e disloca le posture assunte: chi riteneva di essere vicino a lui (v. 26) viene svelato essere uno sconosciuto per Gesรน; altri che erano distanti e non conoscevano Gesรน diventano i suoi commensali nel banchetto del Regno (vv. 28-29). I primi diventano ultimi e gli ultimi primi (v. 30). Vi รจ dunque unaย posturaย richiesta dalla relazione con il Signore:ย lโumiltร ,ย la non presunzione di sรฉ e la non pretesa. Il riferimento a quanti sederanno a mensa nel Regno di Dio provenendo dai quattro angoli della terra indica che la grazia del Signore ha aperto โla porta della fede anche ai paganiโ (At 14,27). Lโimmagine delย convito escatologicoย estende a livello universale ciรฒ che Gesรน ha vissuto nelle contrade della Giudea e della Galilea quando viveva la commensalitร con pubblicani e peccatori e quando la sua pratica di umanitร narrava che cosโรจ una vita salvata: una vita umanamente piena e dedita allโamore, una vita obbediente nella gioia alla volontร di Dio, una vita capace di amare la terra e gli uomini e di servire nella libertร e per amore Dio, il Padre.
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



