L’espressione celibataria dell’affettivita’ – Prof. Franco Poterzio

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Anche se da un punto di vista fenomenologico il celibato potrebbe venire analogato alla continenza, alla castità, all’astinenza sessuale, alla rinuncia o all’impossibilità a contrarre matrimonio, ad una condizione sociale, irreversibile o transitoria, di celibe/nubile, a situazioni psicopatologiche di sessuofobia o di altre condizioni morbose, antropologicamente se ne diversifica in modo sostanziale. Più esattamente, per indicare la chiarezza di coscienza e la determinazione della volontà nell’assoluta libertà della persona, bisognerebbe parlare di scelta celibataria. Non è facile intendere il celibato né da un punto di vista umano nè tanto meno da un punto di vista delle scienze del comportamento. L’ambito di ricerca della psicologia e della psichiatria non può tener conto della distinzione paolina tra l’uomo spirituale (o pneumatico) e l’uomo psichico (o carnale). Non può prendere in considerazione pertanto l’evento e l’intervento soprannaturale neppure nelle motivazioni profonde che sospingono una persona umana a fare la scelta celibataria Celibato significa essere come Gesù. Identificarsi con Cristo. Vergine. Celibe. AssomigliarGli. Il celibato, per un cristiano cattolico, vuol dire celibato apostolico Senz’altra consacrazione che il battesimo oppure in virtù di altri sacramenti o di altre promesse o voti che dir si voglia. Soprattutto è un dono di Dio. Un grande dono, come quello dell’apostolo Giovanni che segue Gesù in tutto e per tutto, fino nel celibato. Giovanni il prediletto al quale viene consegnata Maria Vergine e nel quale, sotto la Croce, viene considerato tutto il genere umano. L’amore celibatario è trascendente, grande, umano e divino: da Dio si diffonde agli altri uomini quale amore di amicizia (“vi ho chiamati amici” Giov 15,15, “Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici” Giov. 15, 17-19). Questo amore di amicizia ha il suo sbocco naturale nell’ apostolato. Con il celibato il corpo umano assume tutta la sua dignità di fronte all’uomo e di fronte a Dio. San Paolo è esplicito: “glorificate Dio nei vostri corpi” (Cor.I, 6: 19) . Non si può intendere il celibato se non si pensa al corpo, quel corpo umano creato da Dio a Sua immagine e da Lui predisposto per l’Incarnazione. Le parole che fenomenologicamente lo descrivono sono esplicite. Il celibe non si sposa. Il celibe non ha rapporti sessuali. Perché lo vuole. Perché lo sceglie. Perché trasferisce nel celibato tutto l’eros, tutta la carica affettiva destinata ad un consorte. La rivolge a Dio . E tramite Dio, al prossimo. Pertanto, non si può prescindere, a proposito del celibato, da un’antropologia considerata in riferimento alla Rivelazione sul significato del corpo. Il corpo riveste in conseguenza un ruolo centrale nell’economia della salvezza di ogni uomo. Nel corpo che si relaziona e che entra in comunione si trova già in una certa quale somiglianza con Dio “ ….Un riflesso di questa somiglianza è la consapevolezza primordiale del significato sponsale del corpo pervasa dal mistero della originaria innocenza. Così, in questa dimensione, si costituisce un primordiale sacramento inteso quale segno che trasmette nel mondo visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall’eternità” (beatoGiovanni Paolo II:”Uomo e Donna lo creò” Cap. XIX pag. 91). In quanto orientato alla relazione, il corpo individuale si fa “persona”. Il Pontefice Beato Giovanni Paolo II così prosegue: (“Uomo e Donna lo creò” cap. XXXII, pag 142) “Il corpo umano nella sua originaria mascolinità e femminilità (..) non è soltanto fonte di fecondità, cioè di procreazione, ma fin dal principio ha un carattere sponsale: cioè esso è capace.