Laura Paladino – Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2022

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Ci è stato dato un Figlio dall’Alto

«Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce. Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio». Questo è l’annuncio pieno di speranza che ci affida Isaia, grande profeta messianico, nella I lettura della Veglia di Natale. Nelle diverse Messe (della Notte, dell’Aurora e del Giorno) il tema della Luce che vince le tenebre e della Salvezza che si realizza nel Figlio torna continuamente, perché il Natale del Signore è esattamente questo: la consegna di Dio all’uomo come Figlio, «Luce per illuminare le genti».

L’Onnipotente, incarnatosi nel seno di Maria, porta del Natale, gestato con amore per nove mesi dalla Madre, atteso «con stupore e gioia grande», nasce come ogni uomo, dentro una famiglia, tra gli ordinari e straordinari problemi della quotidianità, minacciato, come può essere ogni persona umana, nella sua nudità, nella sua vulnerabilità, nella sua stessa dignità, nella vita fragile che da un momento all’altro può finire, anche perché non è abbastanza amata e custodita, perché è abbandonata, perché non le si riconosce il valore immenso che essa ha: un pezzo di Infinito dentro ciascuno di noi, che come tale non finirà mai.

Il Natale del Signore, con i racconti di speranza che ogni anno ascoltiamo dai Vangeli dell’infanzia, rischia di ripetersi come un rito senza anima e non ha senso se non ci apre gli occhi per vedere la Luce, come l’hanno vista i pastori, reietti e ultimi del mondo ma capaci di «vegliare», dunque vere sentinelle di Avvento. Sono i primi «avvolti dalla Luce»: essa rifulge sempre nella culla di un bambino. Cristo ci è dato come Bambino e come Figlio, da custodire e da difendere. […]

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