Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 28 Maggio 2022

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A queste parole si fa fatica credere: tutti abbiamo chiesto qualcosa al Signore, a volte cose importanti, in cui c’era in gioco la nostra vita o quella di qualcuno particolarmente caro, e non abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto. Alla necessità si è aggiunta l’esperienza di non sentirsi ascoltati. Cosa intende dire Gesù allora? Che cosa significa “chiedere”?

Due specificazioni ci aiutano a capire il significato.

La prima è che va chiesto nel suo nome. Dobbiamo ricordarci che questa frase è inserita all’interno di tutta la Scrittura, che ci dà la cornice in cui contestualizzare ogni frase, anche questa. Per comprenderne il significato quindi dobbiamo richiamare il modo in cui lui stesso fa domande alle persone che incontra. «Che vuoi che io ti faccia?», «chi cercate?», «Chi dite che io sia?» e tutte le altre ci rivelano un Gesù che tratta le persone che incontra da adulti… Non esaudisce le richieste come il genio della lampada, ma chiede per aiutare chi ha di fronte a conoscere se stesso, i suoi desideri e i suoi freni. Non è raro invece trovarci a chiedere quello che chiederebbe un bambino come lo chiederebbe un bambino, che vive ancora una dimensione di dipendenza e di bisogno con i genitori. Ma noi non siamo più bambini.

La seconda è il fine del chiedere: perché la nostra gioia sia piena. Molte cose che chiediamo non sono per la nostra gioia. Spesso quello che chiediamo sono scorciatoie, soluzioni a problemi che poi magari si ripresenteranno, gesti magici che facciano scomparire le manifestazioni dei problemi più che il problema in sé. Forse più che soluzioni veloci, da fastfood, dovremmo imparare a chiedere il coraggio per andare al fondo delle cose, la forza per sciogliere i nodi della nostra vita, la pazienza per abitare gli spazi di difficoltà che non hanno soluzioni immediate.

Ecco, da qui passa la strada per la gioia piena.

Leonardo Vezzani SJ


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato