Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 14 Maggio 2021

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«Niente che resti non amato». È veramente possibile una cosa del genere? Guardo dentro il mio cuore e mi rendo conto che la mia tristezza viene da alcune parti della mia vita che non sono capace di amare, non riesco ad accogliere del tutto quel fratello da cui mi sento giudicato, quello che mi ha ferito o che ho ferito, non riesco ad amare del tutto neanche me stesso.

Mi fermo sulla parola comandamento, che oggi torna tante volte.
Questo imperativo mi sta stretto associato all’amore, mi disturba, ma vedo che si affianca subito alla parola Padre. Cosa fa un Padre se non tentare in tutti i modi di trasmettere ai suoi figli le cose più importanti, la sua esperienza, per il nostro bene?

Allora mi rendo conto che nella mia povertà è il Suo sguardo che arriva per primo ad amare lì dove proprio non riesco ad arrivare, viene per me, per te. Ha dato la vita per un “noi”, questo ci accomuna. C’è un amore che “passa” non nel senso che finisce, ma che ti attraversa, ti cambia, e che non puoi trattenerti dal riversare su chi ti è accanto perché a sua volta lo riversi. Il paradosso è che, proprio in questo passare, resta.

È la sola cosa che resta, l’amore che dal Padre va al Figlio, e a noi figli e fratelli e poi ancora torna al Padre. Senza forme malsane di dipendenza, non è richiesta nessuna cieca obbedienza, ma la trasparenza del poter rinunciare volontariamente ad ogni forma di potere e di difesa per amore, nella libertà dell’amicizia. Da pari a pari, un restituirsi continuamente a Dio che dà la vita, finché non ci rendiamo conto che ogni cosa abita già nel Suo amore.

È da scoprirlo, da ricordare insieme, ascoltandoci, sottovoce, ad alta voce, con un gesto, un tenersi per mano, un abbraccio, il nostro compito è solo questo: non trattenerlo.

Caterina Bruno


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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato