Il Battista lo conosciamo già bene: è il profeta, è quello che racconta il senso della storia, che dice la visione di Dio sulla realtà . Mi chiama a uscire dalla schiavitù per andare verso la libertà , che mi chiama a uscire dal mio egoismo per fare attenzione all’altro e agli altri. Mi ricorda che ho sempre un margine di libertà : la libertà di dire sì e no al male, anche al male che è in me, addirittura. Mi prepara ad accogliere, ad attendere il dono del Signore. E l’attesa è importante: chi non attende più nulla è già morto, anche se per caso vive. L’uomo è apertura, è attesa – ed è ciò che attende.
La risposta che Gesù dà alla domanda del Battista non è teorica, è un invito concreto a guardare la realtà nella quale è presente Dio: la verità è la realtà che sperimento. Cosa abbiamo visto? Ciechi che riacquistano la vista. Perché il senso di tutti i miracoli di Gesù è farci venire alla luce. Questa è la vista, l’illuminazione, vedere la realtà e non le nostre ipotesi sulla realtà . Zoppi che camminano. Quando vedi, puoi camminare; se non vedi, vai a sbattere. L’uomo è uno che cammina, ha un cammino da fare; tutta la vita è un cammino per giungere a casa.
Oggi il punto decisivo è capire chi è lui, chi è Giovanni, attraverso quello che fa e dice. E allora Gesù risponde al Battista. Sei tu o dobbiamo aspettare un altro? Dipende da te. Ti scandalizzi di me? Accetti questa mia debolezza come giudizio di Dio? Accetti la mia misericordia come giudizio di Dio o vuoi un’altra cosa? Beato te, se non ti scandalizzi di me. L’accettazione della fragilità di Dio ci fa figli di Dio nella nostra fragilità . La non accettazione di questa fragilità di Dio rischia di farci diventare molto bravi, molto potenti, perfetti religiosi, ma non ci fa figli di Dio e fratelli degli altri. Potremmo diventare superuomini, ma non figli e fratelli.
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Enrica Bonino s.a.
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato