Enzo Bianchi – Commento al Vangelo del 26 Novembre 2023

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Oggi decido il mio rapporto con Cristo

Siamo giunti allโ€™ultima domenica dellโ€™anno liturgico, la quale nei tempi recenti (per lโ€™esattezza dal 1925, ad opera di Pio XI) รจ stata istituita come โ€œSolennitร  di Nostro Signore Gesรน Cristo Re dellโ€™universoโ€: festa di colui che reintesterร  in sรฉ tutte le realtร  create, che si mostrerร  โ€œRe dei re e Signore dei signoriโ€ (Ap 19,16) e che nel giudizio finale emetterร  la parola ultima sul bene e sul male della storia, inaugurando โ€œcieli nuovi e terra nuovaโ€ (Is 65,17; 66,22; 2Pt 3,13; Ap 21,1).

Lโ€™ordo liturgico prevede un brano del Vangelo secondo Matteo, la conclusione del discorso escatologico (cf. Mt 24-25), pronunciato da Gesรน a Gerusalemme nei giorni precedenti la sua passione e morte. Al cuore del lungo discorso riguardante la fine dei tempi, Gesรน ha annunciato la venuta del Figlio dellโ€™uomo, la sua parusia gloriosa: prima comparirร  nel cielo il segno del Figlio dellโ€™uomo, la croce, poi tutti vedranno lo stesso Figlio dellโ€™uomo veniente nella potenza e nella gloria sulle nubi del cielo, attorniato da angeli inviati a radunare gli eletti da tutti confini della terra. Sarร  un avvento di dimensione cosmica, un evento che sโ€™imporrร  a tutto lโ€™universo e che provocherร  nelle genti della terra un sentimento di accusa verso di sรฉ per il male compiuto, fino a battersi il petto. Ognuno contemplerร  questo Veniente nella gloria, trafitto, perchรฉ egli attirerร  a se gli occhi di tutti (cf. Gv 19,37; Ap 1,7).

Dopo questo annuncio (cf. Mt 24,4-44), Gesรน consegna un ammonimento (cf. Mt 24,37-44) e tre parabole sulla vigilanza e sulla responsabilitร  da assumere di fronte alla sua venuta gloriosa (cf. Mt 24,45-25,30). Infine, chiude il discorso con il brano che oggi meditiamo, testo difficilmente catalogabile allโ€™interno dei generi letterari: รจ un racconto che sembra una parabola, ma non lo รจ pienamente; non รจ neppure unโ€™allegoria; รจ piuttosto un racconto esemplare, la descrizione profetica di un quadro apocalittico. Aprendo il cuore e chiedendo allo Spirito santo di operare nella nostra intelligenza, cerchiamo ora di cogliere in queste parole di Gesรน dove stia per noi, qui e ora, il Vangelo, la buona notizia.

โ€œQuando il Figlio dellโ€™uomo verrร  nella sua gloria, e tutti gli angeli con luiโ€ฆโ€. Sรฌ, allโ€™orizzonte della storia cโ€™รจ la venuta del Figlio dellโ€™uomo, il Veniente da Dio, preesistente alla creazione del mondo presso Dio, che nellโ€™umiltร  รจ venuto nel mondo e ha annunciato il Regno in azioni e parole, che ora va verso la passione e morte, ma che verrร  nella gloria alla fine della storia per un decreto estrinseco alla storia stessa, in obbedienza alla volontร  del Padre, Signore e Creatore del cielo e della terra.

Quando verrร  nella gloria, apparirร  con tutti i suoi angeli, creature a noi invisibili. Cosรฌ avveniva, secondo lโ€™Antico Testamento, la manifestazione, lโ€™epifania del Dio vivente: quando Dio appare, รจ attorniato dalle sue schiere di messaggeri (cf. Dt 33,2) e dai suoi santi (cf. Zc 14,5). รˆ loย jom โ€™Adonaj, โ€œil giorno del Signoreโ€ (cf. Am 5,18.20; Is 2,12; Sof 1,7, ecc.) preannunciato dai profeti, nel quale si manifesterร  il Veniente, incaricato di emettere il giudizio su tutta la storia. Egli ha le sembianze di un โ€œumanoโ€ (ben enosh,ย hyiรฒs toรป anthrรณpou), ed essendo giudice va a sedersi sul trono della gloria, il trono sul quale il Signore regna (cf. Sal 9,5.8; 11,4, ecc.).

La visione รจ grandiosa: davanti a lui saranno riunite tutte le genti della terra, di ogni luogo e di ogni tempo, tutta lโ€™umanitร ! Si tratterร  innanzitutto di operare una separazione, di fare un discernimento tra gli umani, allo stesso modo con cui un pastore deve separare le pecore dalle capre. Se la zizzania era cresciuta insieme al grano, ora la si deve separare da esso (cf. Mt 13,24-30.36-43); se la rete aveva catturato pesci buoni e pesci cattivi, รจ venuto il momento di fare la cernita, trattenendo quelli buoni e gettando nel mare i cattivi (cf. Mt 13,47-50).

Questa operazione che il Figlio dellโ€™uomo farร  come pastore, รจ sempre stata annunciata ed รจ necessaria affinchรฉ lโ€™ultima parola sul male e sul bene operato dagli umani nella storia sia di Dio: parola definitiva, parola di giustizia, che contiene in sรฉ la misericordia ma che รจ nel contempo un giudizio. Guai se il cristiano dimenticasse questa realtร  che lo attende, dโ€™altronde confessata nel Credo: โ€œDi nuovo verrร , nella gloria, per giudicare (venturus est โ€ฆ iudicare) i vivi e i morti e il suo Regno non avrร  fineโ€.

Davanti a questo Re universale, che ammette o esclude dal suo regno, vi รจ lโ€™oikoumรฉne, il mondo intero, lโ€™umanitร , i cristiani e i figli di Israele: tutti, veramente tutti! Nello stesso tempo, si avverte che il giudizio รจ dato a ogni persona, uomo e donna, perchรฉ il Re โ€œrenderร  a ciascuno secondo le sue azioniโ€ (Mt 16,27; cf. Sal 62,13). Ecco allora la seconda scena, quella del giudizio vero e proprio, costituita da un dittico che presenta elementi paralleli: una doppia sentenza emessa sullโ€™umanitร , la prima positiva, la seconda negativa. Che cosa considera il Re seduto sul trono della gloria, per formulare il giudizio? Ciรฒ รจ molto interessante, e credo che poco ci si sia interrogati sulla scelta dei capi di approvazione o di accusa scelti e proclamati da Gesรน.

Non si tratta di questioni che riguardano la fragilitร  degli umani, il loro aver compiuto il male in quanto attratti da passioni umane. Non che questi non siano stati peccati, ma in vista della salvezza o della perdizione non appaiono come cause di vita o di morte eterna. Non sono neppure elencati i peccati contro Dio, quali la bestemmia o la mancata osservanza del sabato (di tradizioni religiose). Le colpe che causano lโ€™esclusione o lโ€™ingresso nel Regno sono invece quelle concernenti i rapporti, le relazioni tra gli umani, in particolare in riferimento alla situazione di bisogno o di disgrazia: la fame, la sete, lโ€™emarginazione dello straniero, la nuditร , la malattia, la prigionia. Rispetto a queste situazioni, come si sono comportati gli umani? Sulla risposta a tale interrogativo si fonda la benedizione o la maledizione.

Questo Re dellโ€™universo puรฒ dunque dire: โ€œVenite, benedetti del Padre mio, ricevete in ereditร  il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perchรฉ ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmiโ€. Qui si gioca la salvezza: nella relazione concreta con ogni altro essere umano. Sulla terra avviene giร  il โ€œprocessoโ€, quando di fronte a chi รจ nel bisogno facciamo qualcosa, quello che possiamo e sappiamo fare, oppure non facciamo nulla, perchรฉ passiamo oltre ignorando il suo grido di aiuto.

Alla fine, nel giudizio, ci sarร  solo la sentenza. Non nel culto, non nella liturgia ci si salva, ma nella relazione tra corpi, nel volto contro volto, mano nella mano, carne che tocca la carneโ€ฆ Lโ€™amore che Gesรน richiede non รจ astratto, non รจ fatto di intenzioni e sentimenti, non รจ solo โ€œpreghiera perโ€: รจ azione, comportamento, concreta responsabilitร . Se la liturgia, la preghiera e i sacramenti non ci conducono a questo, allora sono sterili e inutili, in quanto sono finalizzati allโ€™amore, al vivere nellโ€™amore, allโ€™amare persino il nemico, il non amabile (cf. Mt 5,43-48).

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Ma questa sentenza del Re, stupisce e meraviglia coloro ai quali viene rivolta. Per questo essi reagiscono con una domanda: โ€œQuando mai, Signore, abbiamo fatto questo e questโ€™altro?โ€. Lo stupore dei giusti รจ altamente significativo: questi benedetti non sanno di essere stati misericordiosi anche verso Gesรน! Ed รจ fondamentale non saperlo, perchรฉ Gesรน, come Dio, รจ presenza nascosta, elusiva: se non lo si riconosce, si compie lโ€™azione in piena gratuitร , senza pensare di aver fatto unโ€™opera meritoria che Dio ricompenserร  in quanto rivolta al Figlio dellโ€™uomo. La malvagitร  o la bontร  dellโ€™azione compiuta nascono dal modo in cui si vive la relazione con il fratello o la sorella, e non in riferimento al Dio che non si vede.

Su ciรฒ sono sempre istruttive le parole della Prima lettera di Giovanni: โ€œNessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e lโ€™amore di lui รจ compiuto in noi โ€ฆ Se uno dice: โ€˜Io amo Dioโ€™ e odia suo fratello, รจ un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non puรฒ amare Dio che non vedeโ€ (1Gv 4,12.20). Sรฌ, tra queste persone davanti al Re ve ne sono alcuni che non conoscono Gesรน, che mai hanno sentito parlare di lui: sia i suoi discepoli, sia quanti sono estranei al cristianesimo, tutti sono giudicati in base alla relazione con i piรน piccoli (oi elรกchistoi), fratelli e sorelle di Gesรน, il piccolo e il povero per eccellenza.

Al termine di questo ascolto, mi ardono gli orecchi, perchรฉ in quanto ascoltatore e lettore sono costretto a constatare quante volte ho compiuto omissioni, cioรจ non ho fatto il bene: i peccati di omissione sono i capi di accusa contro di noi nel giorno del giudizio. Benedizione per chi ha saputo prendersi cura, con la sua carne, della carne dei fratelli e delle sorelle; maledizione per chi รจ passato oltre, magari bisbigliando preghiere, ma non vedendo, non riconoscendo, non avvicinandosi allโ€™altro che era nel bisogno.

Questa pagina รจ un grande insegnamento per chi pensa di poter amare il Dio che non si vede senza amare il bisognoso che si vedeโ€ฆ Eppure noi cristiani โ€“ confessiamolo โ€“ non siamo tra i benedetti: cโ€™รจ chi ha fame allโ€™entrata dei supermercati, e noi gli diamo solo le monete che appesantiscono le nostre tasche; cโ€™รจ chi รจ straniero, e noi pensiamo a lui dando qualcosa di superfluo alla Caritas, magari per il pasto di Natale, ma mai lo invitiamo alla nostra tavola, a casa nostra, perchรฉ questo ci provoca troppo disagio; cโ€™รจ chi รจ nudo, e tuttโ€™al piรน gli diamo un abito da noi consumato, che riteniamo indegno di stare nei nostri armadi pieni; cโ€™รจ chi รจ in carcere, e noi neanche ci sogniamo di andarlo a trovare, perchรฉ non lo conosciamo e perchรฉ pensiamo che se lโ€™รจ meritata. Quanto siamo ipocriti! Il giudizio del Re lo mostrerร .

Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi

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