don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 8 Gennaio 2022

574
Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

Il pane spezzato che ricostruisce la fraternità

Pieno di compassione, Gesù volge immediatamente lo sguardo verso le persone che lo aspettano sulle rive del lago di Tiberiade, coglie il loro smarrimento, la silenziosa richiesta di una relazione che dia senso e direzione alla vita e comincia ad insegnare. Il suo insegnamento non è vuota espressione di nozioni astratte o richiamo a buonismi disincarnati, ma contiene una forza unificante che genera, in chi l’ascolta, il senso dell’appartenenza reciproca il formare un unico corpo.

 Viviamo in una cultura che esalta la libertà come assenza di vincoli e impegni, con il risultato che tanti non credono nel valore della comunità o della famiglia stessa, non tollerano l’idea del “per sempre”. La Parola che Gesù dispensa sazia la fame di relazioni umane, orienta la volontà verso alti ideali e genera, in chi l’ascolta con cuore aperto, comunione e condivisione. Nel brano del vangelo i discepoli fanno un’analisi realistica della situazione, offrendo una soluzione al problema della folla rimasta ad ascoltare Gesù fino a tardi e probabilmente affamata: congedala in modo che possa andare a procurarsi da mangiare. Questo significa consegnare la gente, che è già divisa e isolata, a dinamiche tipiche della competizione e della lotta per accaparrarsi il meglio. 

È come dire, pensando alla nostra vita comunitaria: stiamo insieme negli incontri, ma poi ognuno risolva da solo le proprie difficoltà. Non si tratta neanche di sostituirsi alle singole persone nella risoluzione dei problemi perché sarebbe impossibile o difficile. È necessario riconoscere in ciascun fratello un ospite gradito per il quale preparare qualcosa di buono e quindi distribuire quello che Gesù dà. La distribuzione che fanno i discepoli non consiste nel dispensare ciò che appartiene a loro ma è condivisione di ciò che essi ricevono per grazia. Il vero miracolo consiste nel fatto che quei cinque pani e due pesci sono stati oggetto della condivisione attraverso le mani di Gesù che spezzano e poi di quelle dei discepoli che distribuiscono. 

Gesù invita i suoi discepoli a imitarlo nell’attenzione ai fratelli perché nella comunità ecclesiale trovino compagni di viaggio che sappiano condividere gioie e dolori e li guidino con sapienza e amorevolezza per giungere insieme alla vita eterna. Gesù ci aiuta a fare dei nostri deserti di solitudine pascoli dell’intimità umana nei quali ritrovare il gusto dello stare insieme, in piccoli o in grandi gruppi, in coppia o in casa, in chiesa come nella società. Nel gesto dello spezzare il pane si rivela il senso della compassione che conduce a farsi vicino a chi soffre per sostenerlo nella lotta a mantenere viva la speranza che oltre l’angoscia c’è la pace, oltre la morte c’è la vita e oltre la paura c’è l’amore. Il pane spezzato è il sacramento della vita di Cristo che fa della sua vita spezzata, della sua sofferenza, il mezzo per arrivare alla gioia, la via per raggiungere la pace.  

Signore Gesù, buon Pastore che hai compassione di noi e cogli nei nostri cuori spezzati la sofferenza e il nostro bisogno più profondo di amore, insegnaci a non cedere all’istinto che ci induce a rifiutare la povertà e a rinnegare la nostra appartenenza alla famiglia di Dio. La tua sapienza ci educhi a sguardi che non alimentano giudizi e sensi di colpa, ma che ci aprano ad una visione della realtà più intelligente e luminosa di speranza. Aiutaci a fare delle nostre vite spezzate delle vite donate con fiducia affinché nessuno si senta abbandonato nella sua solitudine ma tutti possano sperimentare la gioia di essere destinatari di un dono che guarisce l’angoscia e restituisce la dignità a chi l’ha smarrita credendo maggiormente in sé stessi quali figli amati e benedetti da Dio.