don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 17 Agosto 2020

Il sazio non potrà mai credere a chi è a digiuno

Lunedì della XX settimana del Tempo Ordinario 

Nel discorso, chiamato “della montagna” o “delle beatitudini” Gesù aveva detto ai suoi discepoli: “Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei non entrerete nel regno dei cieli”. E poi aggiunge: “Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei cieli”. Gesù spiega che la perfezione del Padre consiste nel fatto che ama ogni sua creatura e in particolare l’uomo a cui riserva una cura particolare perché il suo valore supera quella di ogni cosa creata. Sicché Dio Padre è l’unico vero buono e fonte di bene. Gesù è la guida per giungere anche noi alla perfezione, alla pienezza della bontà ed essere benedizione per gli altri. Il bene non può essere ridotto a compiti da svolgere, a doveri da attuare, a regole da seguire, a norme da rispettare, a tradizioni da tenere vive. Tutto questo è importante ma è solo il primo passo per andare oltre le usanze umane e il legalismo formale dietro cui spesso si nasconde la presunzione di salvarsi da sé. Gesù sembra dire: non accontentarti di mettere la coscienza a posto perché fai il tuo dovere osservando i comandamenti, ma se senti interiormente una sana inquietudine e insoddisfazione, se avverti il desiderio di diventare più grande e maturare umanamente e spiritualmente, allora puoi osare di più. Svestiti di ciò che ha valore nella misura viene condiviso e investilo nel tesoro della fraternità. 

La giustizia non si ottiene innanzitutto con le piccole opere buone perché, lo sappiamo, da soli non potremo mai cambiare il mondo. La missione che Gesù affida non è quella di salvare il mondo, ma di entrare in comunione con i poveri, cioè i più vulnerabili ed esposti alla prevaricazione e all’iniquità dei prepotenti. Come il sazio non può credere a colui che sta a digiuno, così non si può predicare e attuare la giustizia se non si sente dentro lo stesso morso della fame, della rabbia e della paura. Vendere i propri beni e darli ai poveri significa avere con essi una vera compassione perché il nostro senso di giustizia non consista nella difesa dei propri diritti o nella soddisfazione di una coscienza che si sente a posto, ma nell’inclusione dei poveri ed emarginati dalla comunità. 

Dio non è il prigioniero di una perfezione irraggiungibile, ma è il padre buono, che fa sua ogni nostra sofferenza, ma al contempo ci tira fuori dal baratro dei sensi di colpa e degli isolamenti che la piccola giustizia umana produce.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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