don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 16 Giugno 2020

L’Amore vero è a prescindere, come il sole che sorge e la pioggia che cade

Martedì della XI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari) 

Un giorno un tale domandò a Gesù: «Chi è il mio prossimo?». Non è una domanda banale o retorica perché la legge indica nell’amore al prossimo, insieme all’amore a Dio, il comandamento da cui dipendono tutti gli altri. I comandamenti sono dati perché la vita proceda dritta verso il suo compimento, senza perdersi per strada. A ben vedere, dato che non è in gioco qualcosa di secondario ma la vita stessa, la risposta a questa domanda determina non solo il rapporto fraterno col prossimo ma anche quello filiale con Dio. 

L’«io vi dico» di Gesù esprime il punto di vista di Dio e il suo modo di applicare la stessa regola di vita che ha dato all’uomo. San Paolo dice: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi… Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita» (Rm 5, 8.10). 

Nella visione tipicamente mondana il prossimo è sinonimo di amico e il contrario di avversario. Se l’amico è quello che mi assomiglia, che asseconda l’idea che ho di lui, che realizza le mie aspettative, l’amore nei suoi confronti tenderà sempre più a renderlo a mia immagine e somiglianza. In questo senso l’amore che si dona al prossimo coincide con il bene che piace a me o che ritengo utile per l’altro, ma senza averlo consultato o ascoltato. Questo tipo di amore facilmente scade nella possessività creando legami asfissianti e condannando un rapporto a finire. Il prossimo è amato perché se lo merita. In quest’ottica al nemico, che è ingrato, che si rivela indegno, è tolto il privilegio di essere amato. 

Nell’ottica divina, espressa nell’insegnamento e nella vita di Gesù, l’uomo, pur essendo un nemico perché peccando tradisce le aspettative e non risponde alle attese di Dio, dunque anche se non è amabile è amato. Lo ha dimostrato morendo in croce, quando non ha ritirato la mano del suo giuramento, ma si è consegnato nelle mani degli uomini. 

Gesù insegna e mostra che amare il nemico significa trasformare il proprio dolore in offerta, ovvero in preghiera, come egli ha fatto sulla croce per i peccatori perché si salvino. È vero che amare il nemico non è facile perché non è piacevole. Infatti, è possibile amare il nemico solo se prima gustiamo il piacere e lo stupore dell’amore di Dio verso di noi, soprattutto quando non ci mettiamo frettolosamente dalla parte dei buoni ma realisticamente e umilmente ci annoveriamo tra i cattivi e tuttavia beneficiari dell’opportunità di un nuovo giorno per vivere e del perdono a pioggia. 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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