don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 14 Giugno 2023

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Dio insegna ad amare e l’uomo impara l’arte del vivere

Mercoledì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 3,4-11

Ci ha resi capaci di essere ministri di una Nuova Alleanza, non della lettera, ma dello Spirito.

Fratelli, proprio questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio. Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale anche ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita.

Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu avvolto di gloria al punto che i figli d’Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore effimero del suo volto, quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?

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Se già il ministero che porta alla condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero che porta alla giustizia. Anzi, ciò che fu glorioso sotto quell’aspetto, non lo è più, a causa di questa gloria incomparabile.

Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo.

La spiritualità del ministro della Parola

Paolo ha degli avversari che provengono dalle fila dei giudeo-cristiani i quali vorrebbero “giudaizzare” la fede cristiana. Paolo ha chiarito che non intende fare da padrone ma vuole essere collaboratore della gioia dei Corinzi. Egli, nel giorno del Signore vorrebbe vantarsi del fatto che ha accompagnato i fedeli a comprendere e ad attuare la volontà di Dio.

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L’apostolo vorrebbe che i credenti comprendessero che la sua missione consiste nell’accompagnarli nel cammino di fede affinché ognuno possa sperimentare la misericordia di Dio ed esserne a sua volta il testimone-messaggero. Paolo si presenta come ministro della nuova alleanza e non semplicemente come esperto della legge e inflessibile giudice che esercita l’autorità imponendone l’esecuzione. L’apostolo vuole spogliarsi nel vecchio abito del censore e custode di una tradizione che faceva sentire il suo peso comminando sentenze di morte per coloro che la violano.

Egli, che porta nel cuore la gioia del perdono, sente di essere stato chiamato e inviato per essere consolatore e annunciatore del vangelo della gioia. L’apostolo non vuole essere un burocrate della Legge, ma un ministro della nuova alleanza grazie alla quale fluisce in dono dello Spirito e con Esso la vita. L’autorevolezza che Paolo rivendica per sé non l’attribuisce ai suoi studi o competenze, ma all’azione dello Spirito che lo ha convertito facendo di lui un testimone credibile dell’amore di Dio.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,17-19

Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Dio insegna ad amare e l’uomo impara l’arte del vivere

Il primo insegnamento di Gesù inizia, come il salterio, con la parola «Beato». Il salmista dichiara felice colui che «nella legge del Signore trova la sua gioia e la sua legge medita giorno e notte». Gesù s’identifica con il giusto descritto dal Salmo 1 perché lui osserva pienamente la Torah e insegna a fare altrettanto affinché la Parola di Dio non sia solamente conosciuta ma anche assimilata e messa in pratica.

Il Vangelo di Gesù diventa la chiave di lettura di tutta la Scrittura perché aiuta ad interpretare le intenzioni dell’Autore divino della Bibbia che ha parlato insieme e per mezzo degli autori umani. Dio ha donato la Legge con l’intento d’insegnarci ad amare, ovvero l’arte del vivere. La legge è strettamente legata alla libertà perché essa non può esserci senza regole.

I comandamenti sono un esercizio di attivazione per potenziare la libertà, ovvero la capacità di fare della nostra vita un dono. Senza questo esercizio non si allena la coscienza e il senso di responsabilità personale grazie al quale facciamo discernimento riguardo al bene e al male e possiamo determinare la direzione della nostra vita. Obbedire alla volontà di Dio non significa rinunciare alla libertà, al contrario comporta la sua piena valorizzazione.

Solo chi ama è veramente libero e non c’è forma più alta di libertà che amare i propri fratelli fino al dono totale di sé. Sulla croce la Legge e i Profeti trovano il loro pieno compimento e da lì scaturisce, come un tempo dal Monte Sinai, la legge, non scritta più su tavole di pietra, ma nei nostri cuori.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna