don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 12 Agosto 2023

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La forza della vita risiede nella fede – Sabato della XVIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dal libro del Deuteronòmio Dt 6,4-13

Amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore.

Mosè parlò al popolo dicendo:

«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze.

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Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato, case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guàrdati dal dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile.

Temerai il Signore, tuo Dio, lo servirai e giurerai per il suo nome».

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Il precetto dell’amore

Il Dio d’Israele è il Dio dell’amore. Egli è Amante che chiede di essere amato. L’amore è la vita che, ricevuta, diviene generatrice di altra vita. L’amore cresce se si diffonde nella condivisione e la vita sovrabbonda se donata con gioia. Dio ama con tutto sé stesso e indica all’uomo nell’amore totale e oblativo la via che porta alla vita. Dio vive per amare e indica all’uomo che non c’è altro modo di vivere che amando.

I comandamenti ricordano all’uomo che è fatto per vivere amando. I comandamenti nascono dal cuore di Dio che ama le sue creature e desiderano che vivano senza più morire, senza più peccare. Ascoltare la Parola vuol dire meditarla, custodirla nel cuore, renderla roccia sulla quale fondare la propria vita con le sue scelte.

La Parola educa i sensi, la volontà e la libertà e li orienta verso Dio per fare della propria vita un dono di amore a Lui. Mettere in pratica la Parola diventa il sacrificio spirituale perfetto, santo e gradito a Dio perché così non si compie semplicemente una prestazione, ma si offre il servizio dell’amore, il quale è la preghiera che Dio accoglie e trasforma in benedizione.

+ Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17,14-20)

Se avrete fede, nulla vi sarà impossibile.

In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo».

E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito.

Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».

La forza della vita risiede nella fede

La reazione di Gesù alla supplica di un uomo che lo pregava di guarire suo figlio dall’epilessia lascia interdetti a prima vista. Eppure, ci costringe ad interrogarci. Il Signore stesso, dopo aver stigmatizzato la incredulità dei suoi interlocutori pone delle domande che rivelano la superficialità con la quale si tratta il problema della sofferenza.

Nelle parole del papà dell’epilettico si evince che il problema del figlio sia la sua malattia alla quale i discepoli, che pure avevano avuto il potere di guarire, non erano riusciti a trovare il rimedio. Per quell’uomo solo Gesù può guarirlo. La dura reazione di Gesù ci mette in guardia dalla degenerazione della fede che assume due forme: il fideismo o l’efficientismo. La soluzione dei problemi la deleghiamo ad altri soprattutto quando i fallimenti ci inducono a deresponsabilizzarci. Il demonio non appare evidente nella sua azione.

L’incredulità e la perversione s’infiltrano silenziosamente dentro di noi attraverso il pensare, ovvero il modo con il quale approcciamo la realtà. Il papà dell’epilettico pensa che la soluzione del problema consiste nella guarigione dalla malattia ed evidentemente così la pensano anche i discepoli. In realtà la cura non consiste nel compiere o dire qualcosa ma nel farsi compagni portando il peso dell’altro. Il demone dell’efficientismo mette in primo piano il male da cui guarire invece del malato da curare che, in tal modo appare sempre di più come un peso insopportabile.

Il fideismo è la perversione della fede in quanto deforma la relazione con Dio e con gli altri. Fidarci e affidarci a Dio non significa gettarsi a peso morto e abbandonarci al destino come se andassimo alla deriva. La fede non ci fa arrendere ma perseverare. Ciò che difetta ai discepoli è la presunzione di fare da sé, ovvero il credere troppo in sé stessi e poco nella potenza di Dio. La fede consiste nel farsi continuamente accompagnare e aiutare dalla parola di Gesù perché possiamo farci compagni di cammino dei nostri fratelli e, prendendoci cura di loro, condurli a Lui.

Solo una preghiera fatta con fede veramente ci guarisce perché nasce da un cuore che accoglie la parola di Gesù come il piccolo granello di senape. Quel chicco rappresenta la fede che va coltivata perché produca frutti di carità nei gesti di attenzione, di tenerezza e di cura. La forza della vita risiede nella fede.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna