don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo del 22 Maggio 2022

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«Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato”».
Il tradimento, il massimo del male subìto, Gesù lo fa coincidere col massimo della gloria. Il buio che colpisce Gesù, diventa possibilità di manifestare la luce, la stoffa di cui è fatto l’Amore, la divinità.
L’amore riporta la vittoria quando viene ferito.

Le nostre fragilità, limiti, fallimenti, il male invincibile che ci accompagna possono diventare – se solo lo volessimo – il luogo della manifestazione della gloria di Dio, della ri-creazione, dell’inizio di qualcosa di nuovo e inaudito.
«Mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» ci ricorda Paolo (2Cor 12, 9s.).

Sulla croce abbiamo la manifestazione massima dell’essenza dell’Amore; lassù viene in qualche modo rivelato il nome stesso del divino, la sua stessa sostanza.

“Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (v. 34). La novità di questo comandamento sta nel far perdere a questo l’aspetto di legge. Con Gesù s’è chiusa l’epoca dell’osservanza di leggi sterili, e s’è aperta la possibilità di vivere una vita nuova, attraverso il bene vicendevole, in ultima analisi la possibilità di fare esperienza del divino.
Le leggi servono perché possiamo arrivare a farne a meno.

Gesù non propone nuove esigenze, altri imperativi etici, pesi insopportabili da portare, ma elargisce un dono.
Infatti l’amore non obbliga mai, dona. E se ‘comanda’ qualcosa prima lo concede.
«Donami o Dio ciò che mi comandi, e poi comandami ciò che vuoi» (Agostino).


«Se uno mi ama… » dice Gesù (v. 23).
Cosa vuol dire “amare Gesù”? Io credo permettergli di amarmi. Lasciarlo libero di agire in me. Finché ci sono io, non c’è Dio.
La questione è sempre la medesima: «Chi odia la propria vita in questo mondo, la conserva per vita eterna» (Gv 12, 25), e qui ‘odiare’ significa ‘espropriare’ il proprio falso sé, il proprio ego, per far spazio al ‘divino che è in noi’, il nostro ‘sé autentico’.
 
‘Amare Dio’ sarà perciò una sorta di ‘non azione’, al fine di lasciare a lui l’unica azione che conta. D’altra parte noi siamo per natura ‘piena ricettività’, e ciò che ci viene richiesto è solo di «coltivare tutte le nostre potenze mentali, psichiche e sensoriali perché si sviluppi in noi il divino, di cui poi fare esperienza di tale sbocciare» (W. Jäger).
 
Allora comprenderemo perché Gesù continua dicendo: «Se uno mi ama… noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (v. 23). Nella non-azione, nel rinunciare a ‘scalare il cielo’, si godrà finalmente del cielo in noi.
Una volta che Dio si espanderà in noi, plasmati e trasformati in lui, diverremo detentori dello Spirito santo (v. 26) e della pace (v. 27). I due doni del risorto.
 
E questo Spirito di Dio in noi, assolverà due compiti fondamentali:
1) «Insegnerà ogni cosa» (v. 26a), ossia che lui è Padre, che noi siamo figli e quindi che l’unico modo per vivere è lasciarsi amare, scoprirsi e vivere da fratelli.
2) «ricorderà tutto» (v. 26b). ‘Ri-cordare’, etimologicamente vuol dire ricondurre nel cuore. Chi è in Dio, chi è stretto in questa unione, può dimorare finalmente in sé stesso, all’interno di sé, non è più costretto a perdersi, non è più frantumato in mille pensieri e azioni che non gli appartengono. Ha le radici ben radicate in sé, al centro del suo cuore.
 
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (v. 27).
La pace è la serena certezza che in questa unione intima con Dio, non è più necessario crearsi nemici per vivere in pace. Infatti la pace del mondo (cfr. v. 27b), è quella fondata sulla violenza, sulla paura, sul dominio, su pericolosi giochi d’equilibrio. La pace di Cristo è frutto della vittoria del bene sul male, o meglio del male attraversato dal bene.
La consapevolezza di essere una cosa sola con la divinità che ci pervade, ci fa vivere nella pace, quella che niente e nessuno potrà mai toglierci.

AUTORE: don Paolo SquizzatoFONTECANALE YOUTUBE