don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo del 11 Dicembre 2022

224

Giovanni il Battista sperava che l’Ira di Dio da lui creduta imminente si dovesse incarnare nell’uomo Gesù di Nazareth. Finalmente avrebbe messo le cose a posto, fatto un po’ di pulizia. È incredibile come da sempre, nei momenti di maggior crisi, s’invochi la figura dell’uomo (o della donna) forte. Sia esso un messia o un politico.

Giovanni ci credeva sul serio: «La scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Colui che viene dopo di me è più potente di me… Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile».

Ma Gesù pare non incarnare l’auspicata ira di Dio invocata da Giovanni per questo gli manda a dire: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Gesù non risponde direttamente. Se una divinità dovrà manifestarsi, questa non lo farà tanto in un individuo quanto in un’azione: «i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo» (v. 5s.).

Quando la vita potrà emergere, fiorire, quando la dignità delle persone verrà affermata, e la creazione intera conoscerà la possibilità di giungere al compimento, allora sarà segno che il divino si sta rivelando.
Dio altro non è che vita emergente.

Per cui Gesù di Nazareth non è tanto un Dio che si fa carne, ma un uomo che incarna ciò che è la divinità: vita portata avanti, respiro, fecondità, evoluzione, umanità in pienezza. Ora noi sappiamo che tutto ciò è la nostra medesima vocazione. Il Natale è per noi la memoria che possiamo vivere ‘da dio’, nella misura in cui dilatiamo, espandiamo la vita, nostra e quella altrui.

Penso che dovremmo imparare a non attenderci vita dall’alto, ma scoprire che possiamo partorirla. E se di ‘grazia’ vogliamo parlare è quella della responsabilità. La grazia, potremmo definirla ‘non tanto un fiore da cogliere, piuttosto un pane da impastare’ (Teresa Forcades).

Dio è pane da impastare, carne da incarnare, amore da donare, vita da elargire.
Il Natale lo celebreremo non accogliendo un bambino donatoci dall’alto, ma incarnando il bene divenendo più umani.

AUTORE: don Paolo Squizzato

FONTE
CANALE YOUTUBE