don Marco Pozza – Commento al Vangelo di domenica 12 Febbraio 2023

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L’inizio non è affatto dei più semplici. Non dev’essere stato semplice, per quella ciurma di umani che, al seguito del Cristo, decisero di dargli retta per tentare di acciuffare la felicità. Non dev’essere stato facile per un semplice motivo: perchè non si trattava di gettare via il passato ma di rimetterci mano per assicurargli un avvenire. A quel tempo, diciamo, la maggioranza dei fedeli era tutt’intenta a fare l’adorazione perpetua delle regole, h24: erano convinti – li avevano convinti – che l’osservanza delle regole avrebbe assicurato loro felicità perpetua, duratura: una sorta d’immunità contro ogni forma d’insofferenza.

Eppure, a veder riflettere le loro facce tristi specchiate ovunque, non si riusciva a credere che la felicità dipendesse esclusivamente dalla legge osservata. Adorata, protetta, custodita. Fu per questo che Cristo, quando venne al mondo, fece capire d’essere venuto per rivoltarlo esattamente come fosse un calzino. La novità ha un fascino a cui difficilmente possiamo resistere: è altrettanto vero, però, che nessuna novità, al momento in cui sopraggiunge, è motivo di felicità. Tutt’altro: «Avete inteso che fu detto (…) Ma io vi dico» sono parole che, dopo millenni di storia, s’ostinano a maledire la comodità dei cuori poco avvezzi a lasciarsi obiettare dal Cristo.

Eppure, a leggerle tutte d’un fiato, non c’è annuncio più melodioso che i cieli siano mai riusciti a cogliere da quando il mondo è tale. L’annuncio è alla portata dei più piccoli: “Cristiano non è colui che osserva scrupolosamente la legge, ma colui che accetta di lasciarsi tenere per mano (mantenere) da Dio”. Nulla di più semplice è mai stato scritto d’apparire così ardimentoso da cogliersi: nessuno, d’altra parte, darebbe mai la sua vita per una pagina piena di parole. Tantissimi, e la storia lo racconta a piene mani, sanno dare la vita in nome dell’amicizia, nel nome d’una persona che nel tempo si è dimostrata affidabile: «Non ci si fida di chiunque – mi confidò un giorno il filosofo Salvatore Natoli -, ci si fida di chi ha dato prova, nel tempo, di essere affidabile.

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La fiducia si trasforma in dare fiducia a partire dall’affidabilità». Nessuna legge, da sola, può ispirare fiducia per il solo fatto d’esser una legge scritta: è necessario che il legislatore, che chi interpreta una legge, sia in grado di far risuonare l’anima nascosta dietro quelle parole. Al contrario, appariranno poco più che ramaglia destinata ad accendere il fuoco, e non a riscaldare i cuori. Per questo Cristoddio, volendo mettere a ferro e fuoco il mondo intero, non disprezzò nessuna delle parole pronunciate prima di lui ma cercò in tutti i modi di assicurare a quelle parole un futuro, altrimenti avrebbero corso il rischio di diventare delle parole morte. L’annuncio, pertanto, suonò più o meno così: “Suo figlio è intelligentissimo, signora. Però, applicandosi, potrebbe fare molto di più”. Alla famiglia la prof non rinfaccia l’ignoranza crassa e supina del figliolo, ma condivide l’amarezza di vedere che con tutto quel talento sono altre le vette che si potrebbero raggiungere con un po’ d’applicazione in più.

A questo Cristo aspira: non basta essere convinti della bontà di chi invita a «non uccidere», ma essere consapevoli che anche «chiunque si adira con il proprio fratello» se ne sta andando a campi rispetto alla grazia di Dio, al suo bel sogno di umanità. Non basta andare a letto con una donna che non è la tua per disgustare il buon Dio, ma anche una bava lasciata andare a zonzo per il cuore è stare già con un piede nella fossa. E non basta neppur la firma in comune per il divorzio per starsene a cuccia distesi, perché le conseguenze, quelle no che il tempo non accetterà mai di sistemare con un timbro del messo comunale. Robe così semplici da far innervosire le intelligenze d’ogni tempo. Sfumature senza le quali la vetta rimarrà sempre ad un passo da possibile, annessi e connessi: che ci sfondiamo a furia di rispettare ogni regola con la più certosina delle attenzioni per poi non ricevere in cambio null’altro che un’eterna frustrazione. Cristo, per (ri)dire queste parole, avrà sempre a disposizione la sue più che buone ragioni.

Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte

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