ยซVoi siete di quaggiรน, io sono di lassรน; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccatiยป.
Morire nei propri peccati รจ un’immagine chiara che spiega il concetto di rimanere impantanati, bloccati nelle cose che si vivono. Il peccato รจ ciรฒ che blocca la vita, e molto spesso proprio in questa esperienza di blocco la vita comincia ad assomigliare a un pantano che non trovando acqua di ricambio comincia a diventare marcio.
L’infelicitร รจ vita andata a male. Ciรฒ accade quando viviamo solo in un’unica dimensione che รจ quella di questo mondo. Gesรน รจ venuto a darci non solo altezza e larghezza alla vita ma soprattutto profonditร . La vita in Cristo รจ ciรฒ che dร spessore, profonditร alla vita. Quando manchiamo di questa terza dimensione tutto risulta piatto e proprio perchรฉ รจ cosรฌ non riesce piรน a farci sentire vivi. Siamo appunto morti in ciรฒ che ci mortifica.
Come si fa ad uscire da questo pantano? Cos’รจ che ci salva? ร la Croce di Cristo: ยซQuando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, cosรฌ io parloยป.
Nelle sibilline parole di Gesรน ci sono due cose che non possiamo trascurare: da una parte l’esperienza dellโinnalzamento coincide con la sua morte in croce, cioรจ con l’esperienza di dare la vita per ciascuno di noi.
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Soltanto quando ci lasciamo raggiungere dal mistero di questo amore allora la nostra vita riprende a scorrere, esattamente come capita a una persona che vive una cosa difficile ma se si sente amata riesce ad andare avanti. La seconda caratteristica รจ nell’esorcismo della solitudine, vera causa della nostra infelicitร .
Gesรน dice: ยซColui che mi ha mandato รจ con me e non mi ha lasciato soloยป.
Quando ci si sente soli invece ย tutto diventa insormontabile. Gesรน รจ venuto a distruggere la nostra radicale solitudine. Noi non siamo veramente soli mai. Questa รจ la vita eterna.
Commento di don Luigi Maria Epicoco al Vangelo di Gv 8, 21-30.
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