don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 19 Aprile 2022

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“Maria stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva”.

È interessante come la Pasqua inizi sempre con un fraintendimento. Tutti sono convinti che ormai la storia e la vicenda di Gesù sia finita, ma invece quella fine è solo un nuovo inizio. Eppure tutti hanno solo gli occhi sulla fine. C’è bisogno di tempo prima che capiscano che in quella fine c’è anche altro. Maria di Magdala è lì vicino al sepolcro vuoto. Non può ancora sapere che quel sepolcro vuoto rimarrà per sempre come il segno più tangibile della resurrezione di Gesù.

Per lei quel sepolcro vuoto è solo l’ennesimo capitolo di dolore nella grande tragedia di quei giorni terribili di passione. Eppure Maria di Magdala ci dà una lezione immensa: ella rimane lì davanti a quel vuoto. Non scappa, non edulcora quella esperienza tanto terribile. Noi molto spesso non sopportiamo il vuoto, e pur di non sentirlo siamo disposti a riempirlo con qualunque cosa. L’esperienza più decisiva della vita spirituale è abitare il vuoto che tante volte si affaccia dentro il nostro cuore. Abitarlo con l’ostinazione dell’amore. Abitarlo come la Maddalena. Ma non basta l’amore e il desiderio di questa donna, serve che accada qualcosa di imprevisto. È qui che entra in scena Gesù:

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“Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?»”.

Già un’altra volta Gesù aveva fatto la medesima domanda. Era nel Getsemani e all’arrivo delle guardie domanda proprio “Chi cercate?”. L’esperienza di fede è l’esperienza di lasciarci raggiungere da questa grande domanda: chi cerchi veramente? Infatti si può ricercare la fede solo come un modo per trovare noi stessi.

Ma la fede vera è quando ti accorgi che esiste qualcosa di più interessante di te stesso, e questo è Dio. La Maddalena non sta pensando a sé, sta pensando a Gesù e proprio per questo Gesù può parlarle rivelandole chi è veramente. E non servono effetti speciali, basta solo che Egli pronunci il suo nome:

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“Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!»”.

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La descrizione del Vangelo di Giovanni non ci racconta solo la reazione di Maria Maddalena, ma ci mette davanti alla descrizione del vuoto lasciato dalla resurrezione di Gesù: “Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù”. È importante questo vuoto reale lasciato da Gesù perché esso non testimonia l’assenza bensì la sua presenza.

Tutta la resurrezione parte proprio dal non riuscire più a tenere prigioniero il corpo di Cristo in un luogo specifico. Il Risorto sfugge i nostri recinti. Finché Dio è tenuto dentro i confini dei nostri ragionamenti, delle nostre aspettative, della nostra immaginazione allora Egli è qualcosa di morto. Ma se evade questi confini, e sfugge il nostro controllo allora è la prima esperienza del suo essere vivo.

Ci accorgiamo di questo da una cosa molto semplice: quando è il Risorto a parlarci e non la nostra immaginazione o la nostra disperazione, allora Egli ci pone nel cuore delle domande decisive, esattamente come alla Maddalena: “«Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!».

Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro!”. Il Risorto è tale perché è l’unico che ci riconsegna a noi stessi, è l’unico che pronuncia il nostro nome come nessun altro. Ma questo lo si capisce solo se lo sperimenta.


AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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