don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 15 Marzo 2022

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AUTORE: don Luigi Maria Epicoco
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“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno”.

Le parole del Vangelo di oggi sono di una grande durezza e smascherano anche il reale motivo per cui Gesù godeva da una parte dell’amore appassionato della gente semplice, e di una profonda antipatia e rifiuto da parte degli scribi, farisei e dottori della Legge. Ma la durezza delle sue parole non tocca lontanamente il messaggio della Legge ma bensì la sua applicazione da parte di chi “dice e non fa”. Basta chiacchierare con un adolescente per accorgersi che la cosa che lo manda più su tutte le furie è ricevere dai propri genitori un rimprovero per qualcosa e vedere che loro sono i primi a farlo al contrario.

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Il cortocircuito tra il dire una cosa giusta, pretenderla nella vita dell’altro e vivere al contrario portando una cattiva testimonianza, è ciò che allontana di più la gente. Gesù sembra voler dire: salvate ciò che di buono vi dicono ma non comportatevi nello stesso modo. E qual è questo modo sbagliato? 

“Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente”.

Vivere sempre pretendendo di essere esigenti con gli altri fino a quasi a rendergli la vita impossibile; fare le cose solo per essere visti e ammalarsi di narcisismo spirituale; essere chiamati maestri e padri pensando che la vita coincida con i titoli che abbiamo. Tutte queste cose sono sempre alle porte del nostro cuore come una tentazione continua. Gesù sta parlando di noi, e l’unico antidoto a questo è ricordarsi della logica del servizio e non della prevaricazione:

“Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”.

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La cosa peggiore che possa accadere a un’istituzione o a chi ha una responsabilità educativa nei confronti di qualcun altro è sentirsi rivolgere lo stesso rimprovero che Gesù rivolve agli scribi e farisei: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno”.

Riconoscere che le loro parole sono giuste, ma accorgersi che la loro vita è completamente in contraddizione con le cose che dicono. Quando chi annuncia una cosa vera non ne è anche testimone, rischia di oscurare anche quella cosa vera. Gesù invita la folla a saper fare la differenza tra la predica e il predicatore, ma la vera svolta sarebbe far diventare testimone colui che annuncia. Un padre che dice delle cose giuste ai figli e poi gli dà con la sua vita un esempio sbagliato è un padre senza autorevolezza.

E così la Chiesa, la scuola, la politica, un educatore e così via. È la nostra testimonianza l’argomento vincente per le cose giuste che vogliamo trasmettere agli altri, diversamente ci nasconderemo dietro dei ruoli sono per affermare noi stessi ma non perché abbiamo a cuore la Verità e il bene. Infatti non serve a nulla farsi chiamare maestri se non si è anche testimoni, come non ha senso farsi chiamare padri se poi non si è paterni.

Il vero criterio è non dimenticare quanto afferma Gesù: “Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”. Più si ha una responsabilità e più bisogna coltivare questa umiltà che indica Gesù.