Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 29 Maggio 2022

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L’esodo di Cristo

La solennità dell’Ascensione, con la quale si celebra la conclusione dell’esperienza terrena di Gesù dopo la sua morte e risurrezione, ci invita – parafrasando un’espressione dell’Apostolo Paolo – a puntare i nostri occhi verso il cielo (Col 3,1). Gesù, dopo 40 giorni dalla sua Resurrezione, conclude il ciclo delle sue apparizioni, sale al cielo e rientra definitivamente nel cuore della Trinità, portando con sè la sua umanità glorificata e redenta, trasformando il cielo nella nostra patria definitiva e sperata (cf. Fil 3,20).

L’Ascensione rappresenta il compimento dell’esodo di Gesù ed è complementare al mistero dell’Incarnazione: come nel Natale il Verbo di Dio si fa carne per porre la sua dimora in mezzo a noi, così con la sua salita al cielo l’umanità redenta in Cristo, entra nell’eterna dimora del cielo. La presenza di Gesù nella Chiesa e nel mondo, dopo l’Ascensione, assume un senso nuovo: essa supera la familiarità umana e fisica, per collocarsi su un piano spirituale, in cui il legame con Lui Vivente si realizza mediante la pura fede.

I discepoli – quindi anche noi – siamo testimoni di questo evento trasformante che è la sua morte e resurrezione, attingendone la forza rinnovatrice da condividere con tutte le genti, alle quali dobbiamo sentirci inviati. Il distacco fisico di Gesù dai suoi diviene un modo nuovo di essere presente per tutta l’umanità, superando le barriere del tempo e dello spazio. Presentando le sue piaghe gloriose al Padre come segno del suo amore per noi, Egli continua ad intercedere per la Chiesa e per il mondo, come il Sommo ed Eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, Capo del corpo che è la Chiesa, mantenendo il contatto vivo con essa attraverso lo Spirito Santo. Proprio nell’atto di distaccarsi, infatti, Egli promette il Dono, che darà ai discepoli “potenza dall’alto”, per realizzare la loro missione con forza e coraggio.

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Nel descrivere il momento dell’ascensione, Luca presenta il gesto di Gesù, che alza le mani al cielo, proprio come segno della sua dignità sacerdotale. La benedizione di Cristo rimane sul mondo come scudo protettivo contro gli assalti del male e forza per realizzare con frutto la missione di salvezza. Nonostante Gesù sia sparito dai loro occhi, i discepoli continuano ad adorarlo, prostrandosi davanti al Signore.

Da duemila anni, specialmente celebrando la liturgia, la Chiesa prosegue questa adorazione del Vivente, pur non vedendolo con gli occhi della carne, nella ferma certezza che Egli è presente ed operante e attende la sua Sposa per l’incontro definitivo con lei che ci sarà alla fine dei tempi, quando crolleranno tutte le barriere e si entrerà tutti nella dimensione definitiva della gloria.


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