don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del 13 Settembre 2021

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OBBEDIRE A CESARE PER OBBEDIRE A DIO

Le autorità vanno contestate se promulgano leggi inique e contrarie alla legge di Dio, altrimenti è necessario essere sottomessi e rispettarle, in osservanza al Quarto comandamento, come insegna a chiare lettere il Catechismo

Chi ha familiarità con le lettere paoline rileva un’insistenza particolare dell’Apostolo sul tema della ricerca della concordia tra gli uomini e della comunione fraterna. Nella Lettera ai Romani, che è il suo capolavoro teologico e catechetico, scrive: «Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti!» (12,18). Lui che era stato, prima di incontrare Cristo, uno che seminava ovunque sospetti, divisioni, dissensi, contestazioni, quasi volesse riparare ai peccati della vita passata, si sente chiamato prima di tutto a essere strumento di riconciliazione e di pace. Naturalmente, lo fa perché Cristo stesso vive in lui e il comandamento nuovo di Cristo è: «Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi» (Gv 13,34).

Nel testo odierno della lettera a Timoteo Paolo chiede che si facciano preghiere per coloro che stanno al potere, perché si possa «condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio».

Vale la pena ricordare che ai tempi di Paolo al potere c’era un certo Claudio Cesare NERONE, non certo un politico esemplare… Anzi, si trattava di un personaggio dispotico e squilibrato, responsabile della prima persecuzione della Chiesa di Cristo.

Eppure, Paolo non scrive ai cristiani per attaccare l’imperatore, per istillare sentimenti di avversione nei suoi confronti o per invitare alla disobbedienza civile. Egli sapeva bene – anche alla luce dell’insegnamento di Gesù – che ogni potere viene da Dio (cf. Gv 19,11) anche il potere di un folle come Nerone, e che quindi ogni autorità merita rispetto. Paolo è molto chiaro – e con lui altri testi del Nuovo Testamento: stando sottomessi all’autorità civile si è sottomessi al Signore, purché ovviamente non si tratti di leggi apertamente contrarie ai comandamenti di Dio. 

Per questo scrive a Tito: «Ricorda loro di essere sottomessi alle autorità che governano e di obbedire» (Tt 3,1); similmente ai Romani scrive: «Ciascuno sia sottomesso alle autorità costituite. Infatti, non c’è autorità se non da Dio: quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono attireranno su di sé la condanna» (Rm 13,1-2).

C’è da chiedersi: questo importante insegnamento apostolico è oggi ancora vissuto dai cristiani e ci si preoccupa di diffonderlo e di metterlo in pratica, tenendo conto peraltro che non si può certo dire che la situazione politica di oggi sia peggiore di quella che vigeva ai tempi di Nerone?

Vale la pena ricordare che anche San Pietro, nella sua Prima lettera scrive, in perfetta sintonia con San Paolo: «Vivete sottomessi ad ogni umana autorità per amore del Signore!» (1Pt 2,13). 

Una chiara conferma del fatto che si tratta di un insegnamento che fa parte della morale cattolica, la troviamo nel catechismo. Infatti, il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma a chiare lettere: «Il QUARTO COMANDAMENTO di Dio ci prescrive di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un’autorità nella società» (n. 2234).

Naturalmente questo non significa che non si possano constestare con forza le autorità governative quando promulgano LEGGI INIQUE e contrarie alla legge di Dio; ma, al di là di questa eccezione, bisogna essere sottomessi e rispettarle, in osservanza al quarto comandamento.

Pensiamo, d’altra parte, a come si comportò la SACRA FAMIGLIA dinanzi al CENSIMENTO decretato da Cesare Augusto! Si consideri che il censimento non era una pratica gradita a Dio (cf. 2Sam 24,2-10) e tuttavia non era nemmeno vietata dalla Torah. Pertanto, la Vergine Maria e San Giuseppe obbediscono al decreto dell’Imperatore, sapendo che in questo modo avrebbero obbedito a Dio, che si serve delle autorità politiche – anche delle peggiori – per portare avanti i suoi piani provvidenziali. E così è stato: se Maria e Giuseppe fossero stati degli insubordinati, Gesù non sarebbe nato a Betlemme.

Paolo scrive, nella lettura odierna: «Voglio che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese».

Mi chiedo: come sono le mie mani e il mio cuore mentre innalzo preghiere a Dio? Sono senza collera e contese? Oppure, mentre prego ho nel cuore collera e spirito di contesa verso le autorità civili o addirittura verso i pastori della Chiesa? Seguo la via indicata da Pietro e Paolo (e da Gesù!), per alzare al cielo un cuore puro, oppure preferisco andare dietro a correnti “neosesassantottine” che fanno passare la contestazione dell’autorità come se fosse un valore?

Diffidiamo in particolare da chi al di fuori dei confini della Chiesa – o meglio della propria “chiesuola” – vede solo il demonio e l’opera dell’anticristo! Non è certo la posizione di Gesù, che – oggi – di fronte al CENTURIONE ROMANO, ovverossia a un non circonciso – a uno che i farisei consideravano uno “sporco idolatra” – rivolge un complimento strepitoso: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!».

Maria Santissima e San Giuseppe, insegnateci a essere come voi sottomessi alle autorità costituite, pur senza mai allontanarci dai comandamenti di Dio, per non cadere nei lacci di satana e perché si compia il disegno provvidenziale del Padre anche nelle nostre vite. Amen.

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