Inizia ad amare
Forse non fatichiamo a rivestire i panni dello scriba del vangelo il quale, rivoltosi a Gesรน, chiede: Fino a quando metterci in gioco? Con chi vale la pena farlo? Quando posso ritenere di non essere chiamato a farlo? Che cosa comporta giocarsi in una relazione fino in fondo? Come posso essere sicuro del perdurare della mia vita?
Lo scriba incarna un certo modo di stare nella vita: poichรฉ fatica a riconoscere di non essere in grado di amare, vorrebbe porre limiti, stabilire condizioni, rivendicare precedenze. Tentazione ricorrente anche in questa nostra comunitร .
Ciรฒ che anima lo scriba รจ la preoccupazione di sapere che cosa lโaltro rappresenti per lui:ย โe chi รจ il mio prossimo?โย ovvero: il mondo a partire da me. Ciascuno di noi, nelle cose che impara come nei rapporti che crea, percepisce se stesso come un centro, a partire dal quale misurare il grado di appartenenza di persone, cose, situazioni che gli ruotano attorno. Pur sapendo che la realtร รจ piรน grande, tutto sommato il mondo vero รจ quello vero per me. ร il grado di vicinanza a me che misura la disponibilitร a giocarmi con chi o con ciรฒ che mi interfaccia. Altrimenti lโaltro non esiste o, se esiste, io non ho nulla da spartire con lui.
Ma Gesรน fa comprendere che fintanto che si resta su questo tipo di prospettiva, non si fa altro che incarnare lโatteggiamento di chiย โvedeโย maย โpassa oltreโ. Quante cose vediamo con analisi anche puntuale e, tuttavia, finiamo per scansarle. Qualcosa cambia quando ci si domanda: che cosa io posso essere per lโaltro.
Un samaritano, inveceโฆย Uno cioรจ che misura la vita e valuta il mondo non a partire da sรฉ, ma da ciรฒ che gli sta dinanzi. Perciรฒ vede, si ferma, si lascia coinvolgere. Uno che si offre agli eventi. ร lโaltro a questo punto a dettare la sua tabella di marcia. E lโaltro resta sempre un appello per me che invoca interessamento, capacitร di prendermi cura. Non รจ lโappartenenza allo stesso popolo o alla stessa cultura o alla stessa religione che misura la sua disponibilitร ad intervenire. Sono le ferite a rendere lo straniero un familiare. E la nostra geografia culturale e spirituale va a farsi benedire: nel mondo si sta e si cresce nella misura in cui si conosce e si ama non a partire da se stessi ma dallโaltro di fronte a me che puรฒ chiedere di entrare nella mia vita anche se non invitato a farlo. Tocca a me farmi prossimo. Ovvero: il mondo a partire dallโaltro. E il cerchio chiuso del mio interesse va in frantumi e anche nellโanonimato della distanza lโaltro comincia a delineare i tratti della sua identitร .
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Dallโessere prossimo al farsi prossimo: ecco lโitinerario proposto.
Che cosa puรฒ favorire questo passaggio? Il non distogliere lo sguardo da ciรฒ che lโaltro sta attraversando. A volte puรฒ accadere di condividere situazioni, percorsi, persino convivenze e non accorgersi di ciรฒ che lโaltro sta vivendo. Non si riesce ad andare oltre una lettura superficiale del reale e per questo si finisce per andare oltre. In questo modo si finisce per cristallizzare una situazione di solitudine che in nome del rispetto della privacy fa sรฌ che nulla dellโuno diventi provocazione per lโaltro. Cโรจ un โegoismo miopeโ da cui tutti siamo in qualche modo affetti, concentrati come siamo sulla preoccupazione del ridurre la relazione con lโaltro a un utile per me: cosa ne guadagno? cosa me ne viene? Questo, ahimรฉ, anche dentro la comunitร cristianalโutile il criterio, non il gratuito, lo sguardo del parroco, ad esempio, non il servizio per il Signore.
Ora questo tipo di egoismo non si supera per chissร quale soluzione magica ma mediante una vera e propria ascesi che riesce a superare la fase della spontaneitร e si trasforma in vere e proprie scelte, in uno stile che smette di essere concentrato su stesso.
Questo egoismo, si supera ancora attraverso la deposizione di quel delirio di onnipotenza proprio di chi, nella pretesa di trovare soluzioni ai grandi mali del mondo, finisce col non riuscire a muovere neppure un dito. Se รจ vero che non posso fare tutto, รจ senzโaltro vero che posso fare qualcosa. E ciรฒ che รจ in mio potere fare sono chiamato a compierlo se non voglio rendermi complice di una situazione sempre piรน irreparabile.
Questo egoismo si supera, inoltre, non cancellando dalla memoria del cuore gli incontri fastidiosi che talvolta capitano lungo il nostro andare: imparare a stare a contatto con il disagio e con il limite e chiedendosi che cosa quegli incontri possano significare per la nostra storia.
Questo egoismo si vince se lโaltro non รจ letto solo come un disturbo da scacciare o, tuttโal piรน, come fruitore di una mia eventuale elargizione ma se รจ riconosciuto e trattato come persona.
Questo egoismo si combatte quando affari o appuntamenti non vengono prima degli incontri che la vita ci riserva. Lโincontro o lโagenda? Lโanalisi o il rimboccarsi le maniche? Solo la denuncia o lo scomodarsi?
Un samaritano, inveceโฆย Figura di uomini e donne che nel corso della storia hanno tempo per vedere e intervenire, per interessarsi e investire energie lungo le strade della vita. Figura di uomini e donne che hanno tempo per ascoltare cose, forse, giร udite, per accompagnare chi non รจ piรน in grado di stare in piedi; figura, ancora, di uomini e donne capaci di incoraggiare offrendo di nuovo una possibilitร di rinascita a chi ha giร sbagliato mille volte. Il tempo รจ ritrovato nella misura in cui si accetta di perderlo. Sta qui il senso di quella parola di Gesรน quando dice che chi perde la vita a causa di lui e del vangelo la ritroverร .
Allo scriba che aveva bisogno di tracciare una linea, Gesรน gliela sposta fino ai confini del mondo e perciรฒ la cancella.
In questi giorni mi piace immaginare Gesรน che sposta le nostre linee di demarcazione tentati come siamo, talvolta, dal bisogno di circoscrivere chi รจ dentro e chi รจ fuori, chi รจ dei nostri e chi non lo รจ, chi รจ degno di attenzione e chi no. E allo scriba di allora e alla Chiesa di oggi consegna una strana figura con cui misurarsi per comprendere come, quando e dove si rivela Dio. Non dove รจ rivendicata una identitร o una appartenenza ma dove vengono posti in atto i segni della cura: dentro e fuori la Chiesa.
Fortunati noi se ci lasciamo buttare allโaria la geografia del nostro piccolo mondo!
Maestro, che cosa devo fare?ย Inizia ad amare.



