don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 11 Aprile 2021

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Tutto finito. Una morte inutile. Cos’era cambiato? Nulla. Restava solo l’amarezza dell’imbroglio e il dubbio del fallimento. Quanta rabbia! A Tommaso non rimaneva che voltare pagina. Gli altri si erano chiusi dall’interno proprio in quella casa che doveva restare il segno permanente dell’apertura e dell’accoglienza verso ogni uomo. Tommaso ripensava al suo desiderio di morire per Gesù, con Gesù, ma di certo non senza una ragione. Quando ancora in preda al travaglio interiore aveva deciso di bussare alle porte di quella casa, si era sentito investire dalle dichiarazioni gioiose di tutti circa il fatto che Gesù fosse vivo: non era finito tutto! Tutti, però, si rammaricavano del fatto che Tommaso non fosse stato presente quando Gesù era apparso. E, così, da assente si era trasformato in escluso.

A Tommaso non bastava sentir parlare di Gesù: aveva bisogno di vederlo anche lui. Non bastava che fossero gli altri a raccontarglielo: voleva essere lui a riconoscerlo. Non cercava una comunità che gli parlasse del Maestro: aveva bisogno di una comunità che glielo facesse incontrare. Quella di Tommaso non era una sfida: chiedeva solo che Gesù fosse fedele alla parola data, visto che aveva promesso che sarebbe risorto. Come si fa a credere in nome di altri? La sua fede cercava solo un solido fondamento. Pativa, Tommaso, di essere identificato come “l’uomo dei dubbi”. Egli, in realtà, era “l’uomo dei desideri”: voleva vedere Gesù. E, infatti, quel vivo desiderio fu esaudito, tanto che Gesù si rese presente nonostante le porte chiuse. Per lui, infatti, le non erano chiuse per nessuno. Il piuttosto dei discepoli che ancora faticavano a spalancarle. Mai porte chiuse per i poveri, per i dubitanti, per i peccatori.

E Tommaso era senz’altro tra questi. Mentre fissava il suo sguardo sul cuore trafitto, Tommaso che Dio disegna sempre i confini del suo rapporto con l’uomo su un cuore spezzato. Fu tale lo stupore per la scoperta, che Tommaso non poté non sentirsi sempre più legato a quel Dio tanto sorprendente. Tuttavia, Io stupore più grande per Tommaso, fu quando senti ripetere dalle labbra di Gesù le stesse parole che egli, solo pochi giorni prima, aveva ripetuto ai suoi amici. Esse erano state voce di un discepolo che desiderava capire. Ora Dio le faceva sue. Questo scoprì Tommaso: che Dio fa sue persino le mie parole, quelle che talvolta potrebbero sembrare irriverenti se… se…. A Tommaso non fu necessario toccare: gli bastò scoprire che Gesù avesse preso in prestito le sue stesse parole, scoprire che egli davvero lo conosceva fino in fondo. Scoprire che a Dio fossero note le sue riserve, era ciò che aveva dischiuso la fede di Tommaso. L’ora della fede coincise con l’ascolto di quelle sue parole.

Quella sera Tommaso scopri che Dio non è un ricordo lontano. Quell ‘uomo che aveva davanti a sé, con quelle ferite, era Dio stesso: mio Signore e mio Dio! Colui che aveva davanti a sé narrava che Dio si era abbassato a tal punto. Quello che aveva davanti a sé era il “suo” Dio e il Signore dei suoi progetti, del suo futuro e del suo amore. Mio Signore e mio Dio…


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM