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don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 1 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: Lc 21,29-33

Albe incipienti

Gesù aveva appena parlato di paura. Aveva parlato di stelle che cadono, della terra che si scuote: tutto sembra crollare nel baratro della morte. Ma come va letta questa parola? Quando Luca scrive il Vangelo non parla della fine del mondo ma della fine di un mondo. Luca fa riferimento alla distruzione del tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 d.C.

Il tempio era l’apice di tutta la cultura giudaica, era il simbolo della presenza di Dio che proteggeva il suo popolo, della elezione di quel popolo da parte di Dio. La fiducia del popolo gli veniva dal fatto che questo tempio non sarebbe stato mai distrutto. Ma non fu così. La fine del tempio segnava il crollo di ogni cosa, della speranza e della fede. Era la fine del mondo appunto. Agli ebrei sembrava la fine e in un certo qual modo lo era, ma in realtà era l’inizio di un mondo nuovo.

Di fronte a questo mondo che crolla il sentimento primo è la paura. Ma la paura non è collegata soltanto ad una qualche minaccia incombente. La paura è un sentimento strutturale di ogni tempo. Vivere vuol dire sperimentare la paura.

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Osservare la pianta di fico… vale a dire imparate a fissare il vostro sguardo sui piccoli e fragili indizi di cambiamento nella vostra vita. Il fico attesta che è proprio quando sembra tutto morto che si può ricominciare. Gli alberi germogliano quando tutto sembra irrimediabilmente perduto. Così è degli uomini.

La nostra vita, la nostra storia non sono sotto il segno di una maledizione. È una storia accompagnata da promesse e siamo qui proprio a metterci in ascolto di quel libro che custodisce le promesse di Dio. E a noi oggi viene annunciato: anche a te, anche al tuo nome, è legata una promessa di bene. Non venir meno nella fiducia, perché Dio è fedele alle promesse, anche se tarda nel portarle a compimento. Dunque Dio ama questo mondo. Non si è ancora stancato di noi. Ecco, la fede è annunciare: “Si, però…”.

Nella nostra storia che a volte può sembrarci assurda, senza significato, proprio nelle sue fibre è scritta questa promessa che non ci fa vivere da arresi ma da resistenti.

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Proprio qui si innesta la proposta paradossale del Vangelo: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. L’invito è a non lasciarsi rinchiudere in visioni dal respiro corto. Levate il capo. La vostra liberazione è vicina. Non è ancora compiuta ma è già in atto. Lo dice il fatto che, nonostante tutto, voi continuiate a stare in piedi e il vostro volto non è abbassato.

Non limitiamoci a registrare i fatti, ma proviamo a leggerli in profondità. Non leggiamo i fatti semplicemente come distruzione di tutto un mondo che ci apparteneva, ma come inizio di un qualcosa di nuovo.

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