don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 16 Maggio 2021

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Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vedono. Commenti ai Vangeli della Domenica dell’Anno B” disponibile presso:
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Ascensione del Signore

La Trinità accoglie la nostra carne

I cambiamenti nella vita possono piacere o far paura, trovarci pronti o impreparati, essere scelti o subiti. Il passaggio di Gesù sulla terra aveva già determinato molti mutamenti in chi gli aveva creduto, soprattutto aveva trasformato l’immagine di Dio e dell’uomo, permettendo alla misericordia dell’uno e alla miseria dell’altro di incontrarsi nell’amore. Il cambiamento che si attua nell’Ascensione è ancora più marcato, perché chiede ai discepoli di camminare nel buio dell’assenza fisica di Cristo, lasciandosi guidare dalla luce della fede e non della visione.

Il Risorto «li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore», eppure un momento dopo affida agli stessi apostoli il mandato di proclamare il vangelo e di battezzare per condurre alla salvezza chi crederà. È paradossale che tale compito sia affidato a gente divorata dal dubbio; eppure la fiducia del Signore nell’uomo è grande quanto la portata della missione: «Tutto il mondo…ogni creatura» devono essere attraversati dalla lieta notizia del regno iniziato da Gesù, che continua nell’oggi della Chiesa animata dalla presenza del Risorto. Il monito «chi non crederà sarà condannato» attesta che per il discepolo annunciare il vangelo è una necessità, come per un genitore parlare al figlio perché non abbia paura di affrontare la vita. Solo col vangelo in mano si può parlare al cuore dell’uomo e trasmettere tutt’altra gioia rispetto a quella mondana, ossia la gioia come frutto dello Spirito.

Immagino Pietro che raccoglie gli sguardi spaventati degli altri e, a nome di tutti, prova a obiettare che sono troppo pochi: come potranno andare in tutto il mondo? Prova a spiegare che non tutti sono bravi nel parlare: come potranno annunciare qualcosa di così grande? La dichiarazione di Gesù risponde a tutte le domande e le paure. Infatti Egli dice «nel mio nome»: è nel mio nome che puoi andare in tutto il mondo e predicare; è nel mio nome che puoi fare quello che io stesso ho fatto, persino cose più grandi; è nella mia persona, non nella tua. Non se ne va lasciandoci da soli a portare avanti tutto, ma è presente in modo diverso; quando ascende, nello stesso tempo scende nella nostra intimità e agisce insieme con noi. Quand’ero bambino e mia madre mi mandava in bottega, esordivo dicendo: ‘Mi manda mia mamma, ha detto mia mamma’; non era richiesto, ma dava più forza ad un fanciullo che cominciava ad affacciarsi alla vita. Noi cristiani dovremmo avere la consapevolezza che tutto va fatto nel nome di Gesù; questo ci libererebbe dai personalismi e dalla vanagloria, sempre in agguato anche tra gli evangelizzatori.

I discepoli saranno supportati da segni che indicheranno la natura soprannaturale della Parola: «scacceranno demoni», liberando i fratelli dal dominio del male; «parleranno lingue nuove», non solo perché vi saranno nella Chiesa fenomeni carismatici, ma per la capacità di comprendersi nella carità, superando ogni ambiguità; «prenderanno in mano serpenti», imparando a mettere mano alla propria debolezza dinanzi alle seduzioni del mondo. Ancora, «se berranno qualche veleno, non recherà loro danno», perché «non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro» (Mc 7,15); «imporranno le mani ai malati e questi guariranno», come profezia della guarigione integrale, cioè la salvezza eterna. Queste opere testimoniano la presenza di un mondo divino verso cui è in cammino quello umano. Con l’Ascensione, infatti, l’umanità di Cristo, che assume e redime la nostra, è condotta nel cuore stesso della vita trinitaria. Toglie il fiato pensare che la Trinità immutabile si è messa addosso la nostra carne, i nostri sentimenti, li ha fatti diventare parte di sé. Questo non deve portare ad estraniarci dalla realtà umana, ma ci fa cogliere come la verità assoluta non è semplicemente quella che cade sotto i nostri occhi di carne; in ogni cosa creata vi è un’aspirazione a compiersi in Dio, per cui il compito del cristiano è riconoscere tale vocazione della creazione e aprirla oltre i propri limiti.

Gesù è Dio ma è anche il primo uomo che raggiunge il fine ultimo di ogni creatura, la comunione piena col Padre. Ha aperto così la strada a tutti, ha dato inizio alla nuova umanità. Quante volte ci affanniamo a cercare il senso della nostra vita, il senso di tante cose che spesso sembrano assurde! Oggi il Risorto ci dice che il senso è una direzione, il senso è arrivare fin dentro Dio e lì, finalmente, sostare, rimanere per sempre da figli, partecipando della sua gloria.