don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 3 Maggio 2020

Se avessi un figlio

Se avessi un figlio gli direi che prima di tutto deve innamorarsi, perché solo chi si innamora entra nel cuore delle cose. Non ne rimane inutilmente e tristemente fuori. Entrare nel recinto di tutto ciò di cui si vuole diventare famigliari, e stare zitto, sempre, su tutte quelle cose che non ci vedono implicati. O entri nel recinto o non hai diritto di parola.

E che tutti vedano che quel recinto lo oltrepassi, e che tutti possano stare a guardare, a giudicarti. Esplicita i tuoi amori, così gli direi, prenditi il rischio di sbagliare, di farti rifiutare, di non capire, di decidere di abbandonare ma non fingere mai, se ami qualcosa, entraci dentro. Si chiama passione, è il primo passo verso la verità.

Se avessi un figlio gli direi che le cose veramente preziose, alla fine, non si possono rubare. Nessun ladro, nessun brigante otterrà mai quello che ruba, perché i nostri desideri più profondi sono appesi alla libertà di chi amiamo. La porta del cuore può rimanere chiusa. Se avessi un figlio gli direi che sono stato spesso un ladro e un brigante. E che qualcuno lo è stato con me. Gli direi che pochi, in verità, sono gli amori leali, e gratuiti. Se avessi un figlio gli direi che è normale per amore tentare di rubare attenzione, unicità, esclusività. E che quindi è normale soffrire. Se avessi un figlio gli consiglierei di imparare, con calma, a cedere, a permettere agli altri di non ricambiare il suo amore.

Se avessi un figlio gli direi che le cose che si amano, quelle per cui val la pena perdere il sonno, sono davvero poche ma che si riconoscono facilmente. Sono quelle che rimettono al mondo, sono quelle che ci fanno rinascere. Gli racconterei quell’immagine evangelica di quel pastore che entra in un recinto (perché era innamorato perso di quel gregge) solo per il gusto di lasciarlo andare, di spingerlo fuori. Se avessi un figlio lo so che mi guarderebbe strano e allora proverei a spiegargli che quella per me è un’immagine bellissima per parlare dell’amore: l’amore è solo ciò che fa nascere e rinascere. L’amore partorisce vita. Spinti fuori da un recinto, da un recinto che diventa il grembo caldo di una donna pronta a diventare madre. L’amore ci rimette al mondo. Per cui prima di entrare in un recinto, prima di spendersi in un’impresa, chiedersi sempre: sono disposto a rinascere? Che vuol dire morire e cambiare e non riconoscersi più. Sono disposto a perdere ciò che sono per essere partorito a una nuova immagine di me? Se avessi un figlio gli direi di non perdere tempo in tutte quelle cose che non prevedono cambiamenti significativi. Certo gli direi anche che qualche volta certe rinascite non avvengono anche se attese e certe esperienze apparentemente insignificanti ci cambiano completamente, anzi no, non glielo direi, glielo lascerei scoprire.

Se avessi un figlio gli direi che se ama qualcuno deve imparare a metterci la faccia, a camminare davanti, ad accettare di prendersi sole e pioggia, stare nascosto nel gregge è affare da opportunisti. Certo gli direi anche che è più furbo rimanere nascosto e far parlare gli altri, gli direi che succede e che anche suo padre lo ha fatto più volte, però gli direi anche che adesso si vergogna tanto di averlo fatto.

Se avessi un figlio gli direi che le cose vanno conosciute e che per conoscere qualcosa o qualcuno servono due cose: il tempo e la lucidità. Tanto tempo, tantissimo. A fere niente. A stare. E poi la lucidità, quella che ci ricorda che noi delle cose e delle persone non ne sappiamo mai niente, ma proprio niente, perché tutto è un mistero, e che quindi siamo sempre bisognosi di imparare.

 

Se avessi un figlio gli direi che io non so bene come spiegargli questa cosa di Dio, perché Dio mica lo spieghi, di Dio ne fai esperienza, e ognuno fa la sua. Però gli consiglierei di ricordare che è meglio fuggire da chi presenta un Dio che non ha rispetto per l’uomo, questo glielo direi.

 

Ecco Dio per me è uno che bussa alla porta. Che non ti prende per i capelli, che non fa accadere delle cose perché tu capisca. Dio è uno mite che accetta di bussare a tutte le porte di tutti i recinti che decidi di vivere. Ecco se avessi un figlio gli direi di non fare l’errore che già ha fatto suo padre, non chiederti mai “cosa vuole Dio da me?”, non vuole niente se non stare con te, e solo se lo vuoi anche tu.

Direi a mio figlio di non perdere troppo tempo a immaginare la forma concreta che dovrà prendere la sua vita, a non credere a chi parla di “vocazioni speciali”, gli direi di imparare che cambiamo sempre e che è sempre una sorpresa, gli consiglierei di stare tanto in silenzio per sentire che Lui alla porta bussa, bussa sempre, anche nelle situazioni più impensabili. E questa è l’unica cosa che conta.

Se avessi un figlio gli direi che Dio è meglio non immaginarselo ma che se proprio vuole sentire qualcosa che si avvicini al divino gli direi di ricordarsi il giorno in cui è rinato. Ecco Dio è quando un Amore ti entra nella vita e ti spinge fuori e ti rimette al mondo. A questo credo, per esperienza.


AUTORE: don Alessandro Dehò
FONTE: Sito personale
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