Comunità di Pulsano – Commento al Vangelo di domenica 10 Aprile 2022

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DOMENICA «DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE»

Insieme ai figli di Israele, la Chiesa partecipa oggi al trionfo profetico del Cristo, che entra nella città santa di Gerusalemme per passare da questo mondo al Padre. I racconti della passione che si leggono in questa domenica costituiscono sicuramente il nucleo primitivo degli evangeli. Intorno a una storia semplice, ma drammatica, si raccolgono preoccupazioni diverse, che influenzano il modo di riferire e di stendere per iscritto gli episodi della passione. Nell’intento di dimostrare che il cristianesimo non ha nulla di un movimento sedizioso o criminale, si mette in evidenza il complotto che conduce alla morte di Gesù, così come l’innocenza del servo, crocifisso per i peccatori. Di fronte al popolo d’Israele, si sottolinea la conformità di questa morte con le Scritture, che appaiono realizzate non solo nell’evento centrale della passione, ma anche nei particolari del suo svolgimento. Ci si preoccupa poi di inquadrare storicamente la crocifissione nella cornice della celebrazione della pasqua giudaica. E infine si cerca di mettere in luce il valore dell’umiltà, della preghiera, della perseveranza e delle sofferenze destinate a perfezionare l’umanità di Gesù, per offrire alla chiesa un esempio e un insegnamento salutare.

Oltre a tutto questo, anche altri elementi della fede si chiariscono ai piedi della croce: il rapporto di Gesù col giudaismo; l’origine, la natura e la missione della Chiesa; il ruolo degli apostoli in generale, e in particolare di Pietro.

I racconti non si riducono quindi a un susseguirsi di episodi. Segnati dalla personalità di ogni evangelista, presentano un’unica storia, la cui caratteristica dominante è la vittoria di Dio sugli assalti del male, che raggiungono il culmine nella passione di nostro signore Gesù Cristo.  Luca è l’evangelista dell’amore e della misericordia di Dio, ed è in questa luce che racconta la passione. Non sottolinea le colpe dei giudei e dei discepoli: perché cercare delle responsabilità, se il sangue di Gesù espia tutto? Così non dice che i discepoli si addormentano e fuggono; non riporta le imprecazioni del sommo sacerdote, i sarcasmi dei soldati. Non vuol vedere Gesù isolato sulla croce e lo circonda di amici che prendono parte alle sue sofferenze. La passione è un miracolo continuo di perdono: Pilato appare in questo evangelo più innocente che negli altri; il soldato ferito all’orecchio viene guarito; Gesù volge uno sguardo a Pietro che l’ha tradito; sulla croce, ha parole di perdono per il ladrone, per i giudei schernitori, per il centurione. Persino due nemici come Erode e Pilato si stringono di nuovo la mano, come faranno poi, nella chiesa, mondo pagano e mondo ebraico. L’amore del Padre si manifesta nel conforto dato al Figlio durante l’agonia. Insomma, per quanto possa essere sconvolgente, la prova cui è sottoposto Gesù è segno della presenza di Dio e strumento del suo amore e del suo perdono.

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L’entrata di Gesù in Gerusalemme attraverso il monte degli Ulivi (Zc 14,4) appare come un’investitura regale, che pone le premesse per l’atto di accusa di un processo che si concluderà con una condanna: si è voluto fare re. Gesù è veramente il re della pace, molto più di Salomone. Una pace che non sarà ottenuta con la morte dei nemici, come sempre accade, ma con la morte di colui che l’annuncia.

Dall’eucologia:

Antifona d’Inizio   Mt 21,9

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Osanna al Figlio di Davide.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore:

è il Re d’Israele.

Osanna nell’alto dei cieli.

L’antifona tratta da Mt 21,9, l’Osanna al Figlio di David, conferisce l’orientamento, con una nota particolarmente gioiosa e festale al rito d’inizio di questa Domenica. Accolto dall’Osanna della folla alle Palme, il medesimo Figlio di David sarà accolto dai fedeli con l’Alleluia tra sette giorni. Viene per la sua Città, per portare a essa la Gloria nuziale.

Tuttavia, per giungere alla Resurrezione, il Signore è dovuto affondare nell’oscura voragine della morte. Per comprendere la Quaresima, che è celebrazione del Signore Risorto contemplato mentre si avvia alla Croce per la Resurrezione, e porta i suoi fedeli alla loro e alla resurrezione comune, occorre anche celebrare il medesimo Signore Risorto contemplato mentre prende possesso della sua Città regale, Gerusalemme, la Sposa (processione delle Palme). E così, quale Figlio dell’uomo, Re, Profeta, Sacerdote, che si avvia alla Croce, la accetta, la vive per intero portando il carico del peccato e del dolore di tutti gli uomini (Evangeli della «Passione del Signore», nei tre Cicli). E realizza così per intero la sua missione divina di Servo sofferente (A. T, Is 50,4-7). Mentre dalla Croce grida al Padre il suo sconforto momentaneo ma insieme la gioia del popolo futuro che nasce dal dolore (Salmo 21). Colui che si manifesta come il Dio da Dio, che prende volontariamente la «forma di servo», e si è fatto obbediente perfettamente al Padre, e accetta la morte infame della Croce nella consapevole «umiliazione di se stesso», nel volontario «svuotamento di se stesso» come Dio, e come Uomo, ricevendo dal Padre «il Nome» divino da adorare per la Gloria del Padre (Apostolo, Fil 2,6-11).

Da questo momento la Settimana grande attenderà il tempo fino al grido: «È stato compiuto!» dal Padre (Gv 19,30), con la riconsegna dello Spirito Santo al Padre, affinché sotto forma di Sangue e Acqua Lo doni agli uomini (19,34). Tutto è risposta alla Resurrezione del Signore con lo Spirito Santo, Dono inconsumabile del Padre ai figli suoi.

La solenne celebrazione di oggi dovrebbe cominciare con la commemorazione dell’ingresso messianico del Signore a Gerusalemme. Questa comporta anche la «processione con le palme». Questo rito molto simbolico, che in Oriente, con centro l’Evangelo dell’ingresso, è assunto nella celebrazione dei Misteri (lì non si legge la Passione), sarebbe bene che fosse eseguito in tutte le nostre cattedrali e parrocchie, magari per questo giorno riducendo l’orario delle Messe. Esso presenta una tipica struttura, che porta ricchi contenuti.

Con questa Domenica che è l’ultima della quaresima ha inizio dunque la grande settimana dell’anno liturgico, la «settimana santa»; questa «Grande e Santa settimana» è come un’inquadratura generale di tutto il mistero, che nei giorni seguenti rivivremo con fedeltà addirittura cronologica.

In una «settimana» della storia del mondo si sono compiuti gli avvenimenti decisivi attraverso i quali Dio ha operato la -nostra redenzione. Questi eventi sono la passione, la morte e la risurrezione di Cristo. É il mistero della pasqua, ossia il «passaggio di Cristo da questo mondo al Padre» attraverso la sua passione, morte e risurrezione e, in lui e per lui, dell’umanità intera dalla schiavitù del peccato alla vita divina della grazia. Gesù, morendo ha distrutto la morte, e risorgendo ha ridato a noi la vita.

La morte e la risurrezione di Cristo, che è rinnovata in ogni divina liturgia celebrata ogni domenica, nella settimana santa viene come rivissuta dalla Chiesa anche cronologicamente. La caratteristica, infatti, di questa celebrazione annuale della pasqua è di essere compiuta in tre giorni. La chiesa attraverso i riti segue passo passo, momento per momento, il suo Signore che per lei va al Calvario e per lei è glorificato dalla potenza di Dio.

Questi giorni hanno qualcosa di sacramentale: in essi opera Cristo. Per chi crede, sono i giorni della salvezza. La settimana santa, soprattutto il triduo pasquale, è al centro di tutto l’anno liturgico e di tutta la vita sacramentale della Chiesa.

Perciò «se v’è liturgia che dovrebbe trovarci tutti compresi, attenti, solleciti ed uniti per una partecipazione quanto mai piena, degna, pia e amorosa, questa è quella della grande settimana. Per una ragione chiara e profonda: il mistero pasquale, che trova nella settimana santa la sua più alta e commossa celebrazione, non è semplicemente un momento dell’anno liturgico; esso è la sorgente di tutte le altre celebrazioni dell’anno liturgico stesso, perché tutte si riferiscono al mistero della nostra redenzione, cioè al mistero pasquale» (Paolo VI).

La liturgia di questa Domenica, come dice il titolo stesso, fa commemorazione:

  1. dell’ingresso di Gesù in Gerusalemme;
  2. della passione del Signore.
  3. La commemorazione dell’ingresso del Signore in Gerusalemme

Tutti gli evangelisti mettono in rilievo questo ingresso solenne nella città santa da parte di Gesù, acclamato dalla folla degli ebrei il messia, cioè il salvatore.

Il fatto ha un profondo significato di fede. Mentre i capi del sinedrio pensano ormai alla eliminazione di Gesù, in quel momento il chicco di grano che muore comincia a dare frutto: alcuni pagani chiedono di vedere Gesù. Quel piccolo gruppo di stranieri sono il nucleo della futura chiesa. Il Figlio dell’uomo è glorificato: è riconosciuto dal resto d’Israele e dalle primizie dei popoli pagani (cf. Gv. 12, 12-50).

La liturgia, fedele al dato rivelato, non trascura questo mistero di salvezza. Non si tratta di fare un pio ricordo o di mirare un avvenimento del passato, ma si tratta di rendere presente «oggi» l’avvenimento attraverso la parola di Dio e di viverlo nella fede. «Oggi» siamo chiamati a riconoscere la divinità di Gesù e la sua azione di salvezza, come messia, trovando i modi più adeguati per dare rilievo concreto alla nostra fede. Anche il segno esterno della processione, quindi, acquista tutta la sua rilevanza nella misura in cui formiamo una comunità di fede con l’annuncio della parola di Dio.

  1. La commemorazione della passione del Signore

Questa è la Domenica dell’anno nella quale la liturgia della Chiesa commemora in modo particolare la passione del Signore. In tutte le altre domeniche, infatti, la liturgia sottolinea congiuntamente la passione e la risurrezione. Gesù, oggi, entra nella città santa per consumarvi il sacrificio: i capi del popolo giudaico hanno già deciso di condannarlo. Tutta la liturgia della messa, illuminata dai racconti della passione dei tre evangelisti Matteo, Marco e Luca, che si leggono nel susseguirsi di un triennio, ci aiuta coi suoi testi a comprendere il significato salvifico della passione e morte di Gesù:

«Egli, che era senza peccato, accettò la passione per noi peccatori e, consegnandosi a un’ingiusta condanna, portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurrezione ci acquistò la salvezza» (Prefazio).

Il Padre celeste ci dà come modello di vita il Cristo, suo figlio, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce. La Chiesa prega di avere sempre presente, attraverso questo modello, l’insegnamento della passione del Signore per partecipare alla gloria della risurrezione (colletta).

Gesù, infatti, con la sua persona e la sua storia non è soltanto un modello morale da imitare, ma è il principio vitale della nostra vita di credenti. Mediante la fede e i sacramenti noi partecipiamo alla sua stessa vita che dobbiamo poi esprimere con la nostra.

Con la processione delle palme iniziano le celebrazioni della Settimana Santa non solo cronologicamente, ma anche e soprattutto «sacramentalmente». Tutto ciò che la Chiesa vive nei giorni santi — la passione e morte del Signore — viene introdotto simbolicamente con il significativo rito della processione.

Ma questa «introduzione» nel significato della Settimana Santa tramite la processione delle palme si verifica solo se si sa dare a questo rito il suo vero significato. Si tratta di «significare » l’entrata di Cristo nella Gerusalemme definitiva attraverso il trionfo della sua morte. La processione non ha, dunque, come fine principale quello di imitare l’evento storico avvenuto la domenica precedente la morte del Signore, ma di presentare un simbolo di ciò che in quell’avvenimento era «profetizzato», dando al popolo uno strumento per partecipare all’entrata escatologica di Gesù, attraverso il mistero pasquale, nel regno definitivo di Dio. Si deve vivere questa celebrazione «come una profezia della passione e del trionfo del Signore» (Caerimoniale episcoporum, n. 263), cioè, come un cammino che lo porta dalla croce fino alla gloria, cammino che, assieme al Signore, la Chiesa vuole percorrere con quella fede che proclama anche quando soffre e sembra fallire, perché riconosce e confessa la sua vittoria definitiva.

E in questo contesto, nell’acclamare e nel seguire il Crocifisso che è Re, che la processione delle palme riacquista la sua vera dimensione.

La solennità speciale di questa Domenica si richiama all’antica tradizione di Gerusalemme (sec. 4°), dove sul “luogo stesso”, proclamando l’Evangelo dell’evento, la Chiesa celebrava il Vespro facendo la “stazione” dalla Basilica dell’Eleona[1], sul Monte degli Olivi. Poi in processione con tripudio di canti e reggendo le palme, la Comunità si recava alla basilica  dell’Anastasis, visitando il luogo del Golgota; quindi si celebrava la divina liturgia di S. Giacomo (greca). Cominciava così la Settimana più densa dell’anno quanto a contenuti evocativi e celebrativi.

Le note che risuonano oggi formano un’intensa sovrapposizione di gioia per la Gloria del Signore che si manifesta, e di profonda meditazione sul senso che la Passione prossima ha per Lui, per tutti i fedeli redenti e santificati, per il destino del mondo. Ancora oggi dunque la liturgia di questa giornata si apre con la commemorazione dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme e prosegue poi con la celebrazione domenicale della Passione. Per giungere alla Resurrezione, il Signore è passato (ha dovuto!) attraverso la voragine della morte. Per questo il titolo della domenica[2] ha voluto unire i suoi due aspetti, che sono perfettamente coerenti, poiché l’entrata del Signore nella città santa, prossimo scenario dei fatti culminanti della sua vita, sta a indicare la definitiva visita di Dio al suo popolo.

Per comprendere la Quaresima abbiamo detto che è sempre celebrazione del Signore Risorto con lo Spirito Santo che, Domenica per Domenica, attuando una particolare memoria dell’Iniziazione cristiana santa, non solo accompagna i catecumeni che avanzano nella specifica preparazione alla medesima Iniziazione comune ma che accompagna tutti (= mistagogia) alla resurrezione comune. Tutti i battezzati, fattisi attenti discepoli dello Spirito Santo, sono chiamati a seguire il Signore, il Vittorioso su ogni tentazione che con l’Iniziazione santa aiuta a superare le debolezze e ci Trasfigura nella Sua stessa Trasfigurazione. Alla Samaritana ha promesso, ma a coloro che lo seguono dona l’Acqua della Vita che è lo Spirito Santo, per l’adorazione perfetta del Padre. Mentre al cieco nato dona la luce della visione umana, ai suoi, nati nella cecità del peccato, dona 1’«illuminazione» che è l’Iniziazione alla Luce divina. Mentre resuscita Lazzaro, anticipo della sua Resurrezione operata dallo Spirito Santo, e della resurrezione comune operata alla fine dei tempi dal medesimo Spirito Santo, a coloro che lo seguono dona, nell’Iniziazione, la caparra della resurrezione.

La Domenica delle Palme celebra e contempla ancora il suo Signore mentre prende possesso della sua Città regale, Gerusalemme, la Sposa (processione delle Palme) e così, quale Figlio dell’uomo, Re, Profeta, Sacerdote, che si avvia alla Croce, la accetta, la vive per intero portando il carico del peccato e del dolore di tutti gli uomini (cf. Evangeli della “Passione del Signore”).

Sulla Croce realizza per intero la sua missione divina di servo sofferente (Is 50,4-7) e ancora dalla Croce, come “partoriente”, mentre grida al Padre rivela anche la gioia del popolo futuro che nasce dal dolore (Sal 21). Colui che si manifesta come il Dio da Dio prende volontariamente la «forma di servo… facendosi obbediente alla volontà del Padre… accetta la morte di Croce» nella consapevole “umiliazione di se stesso”, nel volontario “svuotamento” e ricevendo dal Padre “il nome” divino da adorare per la Gloria del Padre (Fil 2,6-11).

Evangelo della processione: Lc 19,28-40

In Occidente con questa domenica che è l’ultima della Quaresima ha inizio la grande settimana dell’anno liturgico, la «settimana santa». La liturgia di questa giornata si apre con la commemorazione dell’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme e prosegue poi con la celebrazione domenicale della Passione.

– Per questo il titolo della Domenica ha voluto unire i suoi due aspetti, che sono perfettamente coerenti, poiché 1’entrata del Signore nella città santa, prossimo scenario dei fatti culminanti della sua vita, sta a indicare la definitiva visita di Dio al suo popolo. È come un’inquadratura generale di tutto il mistero, che nei giorni seguenti rivivremo con fedeltà addirittura cronologica. L’ingresso gioioso di Gesù a Gerusalemme è una scena messianica che ricalca le cerimonie d’investitura regale molto comuni nell’antico oriente e anche qualche volta nei libri della bibbia (cf. 1 Re 1,33-35).

– Gesù tuttavia lo sappiamo bene è un re che viene non per dominare, ma per servire e dare la sua vita a redenzione dell’umanità.

Così la liturgia, dopo la scena gioiosa dell’intronizzazione regale di Gesù, passa immediatamente al racconto della sua passione.

– Se guardiamo il testo della sinossi, vediamo come il nostro brano ha paralleli sia in Mt 21,1-11 sia in Mc 11,1-11 ed anche nell’evangelo di Gv 12,12-16.

Rispetto ai testi paralleli la scena presentata da Luca evidenzia la riprovazione e il richiamo dei farisei fatto a Gesù a causa dei discepoli che lo acclamano come «colui che viene».

Esaminiamo il brano

28 – La pericope inizia con una conclusione: «dette queste cose» che ci rimanda all’ultimo insegnamento, quello della parabola delle mine (19,11-27), ma anche a quanto precedeva il grande viaggio. Questa salita iniziata al 9,51-19,27.

29 – L’ingresso nella capitale dal monte degli ulivi corrisponde all’itinerario consueto dei pellegrini che vengono da Gerico, toccando i due villaggi di Betània e Bètfagia a circa 3 Km dalla città.

  • La tradizione evangelica, da cui dipende anche Luca, ha riletto quest’ultimo ingresso di Gesù sullo sfondo delle antiche profezie che alimentavano le attese messianiche.
  • Il profeta Zaccaria (14,4), descrivendo l’ultimo intervento di Dio dice: «In quel giorno i suoi piedi si poseranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme verso oriente …»;
  • anche in Ez 43,1-2 dove la visione del ritorno di Dio corrisponde strettamente a quella della sua partenza (Ez 10,18-19).

30-31-32 – Per preparare la sua entrata in Gerusalemme, il Signore si sceglie un puledro di asina, giovane, ancora mai usato dall’uomo, ne ha necessità, e tutto si svolge come lui dice. È il medesimo motivo che si ripeterà ancora alla preparazione della cena (cf. 22,9-13).

Alla domanda arrendevole dei proprietari dell’animale, che tuttavia rivela l’incomprensione del fatto (v. 33), segue la risposta dei discepoli sulla necessità del Signore; tutto è appianato.

34 – «Il Signore ne ha bisogno»: la nostra unica spiegazione è la fede nella Parola del Signore, che così ha detto, dopo aver fatto così. Il nostro buon senso farebbe ben diversamente!

– Un puledro mai cavalcato, come dovevano essere gli animali destinati a uso sacro (cf. Nm 19,2; Dt 15,19; 21,3).

35-36 – Adesso i discepoli preparano il corteo come possono, in modo umile, anziché drappi, i loro poveri mantelli, come si usava anticamente per intronizzare i re d’Israele (cf. 2 Re 9,13).

– Luca non si sofferma a commentare il senso del re che cavalca pacificamente non un focoso destriero di battaglia, ma un’asina mite; lo fa invece Mt 21,5 che cita come avveratasi la profezia di Zaccaria 9,9 e dove continuando la lettura (v. 10) si dice che distruggendo le armi, egli viene per annunciare finalmente la pace alle nazioni. Ecco il motivo dell’esultanza.

Il messia sarà «umile»; rinunziando all’apparato dei re storici (Ger 17,25; 22,4), il re messianico avrà l’antica cavalcatura dei principi (Gen 49,11; Gdc 5,10; 10,4; 12,14). Si confronti anche 1 Re 1,38 con 1 Re 1,5.

37 – Luca descrive qui le folle dei discepoli che lodano dio per l’evento cui partecipano; i verbi e i sostantivi abbondano: esultare, lodare, a gran voce.

38 – Le folle, tra gli altri canti che possiamo immaginare siano stati eseguiti, assumono, forse come ritornello, un versetto di salmo; il 118,26a.

– Il salmo 118 fa parte e finisce il gruppo di salmi (che vanno dal 113 al 118) detti dell’«Hallel egiziano», che insieme con quelli del «grande Hallel» (salmi 135-136), sono recitati nella cena pasquale ebraica. I salmi 146-150 sono chiamati dalla tradizione l’«Hallel finale» (Hallel = lode).

Il sal 118 è importante perché, da questo scrigno, il Nuovo Testamento e la liturgia vi hanno attinto a piene mani:

  1. è il salmo responsoriale nella liturgia della Dom. di Risurrezione;
  2. citato a più riprese dal NT (cf. 22 in Mt 21,42; At 4,11 e il v. 26 in Mt 21,9 e 23,39);
  3. il v. 24 nella tradizione cristiana è applicato al giorno della resurrezione di cristo;
  4. il salmo ha dato origine anche all’acclamazione cristiana «Osanna», dall’ebraico hòshi’ah-na’ «oh, sì, salvaci!» del v. 25; questi con il v. 26 sono poi entrati nel Sanctus della messa romana (come anche in oriente).

39 – Tanta esultanza non piace ai farisei che tentano di ricondurre tutto a un corteo silenzioso, forse per paura di noie con le autorità romane, sempre sospettose di sollevazioni popolari, e non invano.

Forse tentano di conservare l’antica legge e la loro ortodossia e quindi non possono permettere che Gesù sia detto «colui che viene», la presenza di Dio in terra.

  1. 40 – Gesù che ha provocato tutto e non è disposto a calmare la situazione prende le difese dei suoi.

– La risposta del Signore è data con forma solenne che la nostra traduzione forse non rende compiutamente : «lo parlo a voi…», è una frase di tipo proverbiale che afferma l’ineluttabilità del suo trionfo.

Le pietre di Gerusalemme saranno un grido di protesta contro il loro rifiuto come lo diventarono contro Babilonia quelle di Abacuc 2,11.

– Le stesse pietre che se necessario diventeranno figli di Abramo (cf. Lc 3,8); le stesse pietre che non furono chiamate a diventare pane (cf. Lc 4,3) ma che serviranno Dio al posto degli uomini riluttanti.

Possiamo finire dicendo che è giunto il momento in cui la vera confessione messianica s’impone con tale urgenza che nessuno può impedirla.

[1]   – L’Eleona cioè: nell’oliveto. Essa fu una delle tre basiliche costruite da S.Elena, al tempo di Costantino, sulle tre «mistiche grotte»: quella del S. Sepolcro, di Betlemme e del Monte degli Ulivi. Queste grotte avevano conservato i ricordi più cari ai cristiani.

[2]   – Domenica delle Palme e della Passione del Signore.