Commento alle letture del Vangelo del 29 ottobre 2017 – Carla Sprinzeles

Amici, torniamo a parlare di unità. Se mi avete ascoltato domenica scorsa, abbiamo detto che in noi non ci dev’essere scissione tra la nostra vita con Dio e la nostra vita quotidiana, rappresentata dalla moneta di Cesare. Oggi questo discorso viene ulteriormente approfondito.
Il messaggio della liturgia di oggi è molto chiaro. Riguarda quel comandamento fondamentale dell’amore di Dio, che è un comandamento complesso, perché è difficile determinare cosa vuol dire amare Dio.
Al tempo di Gesù non era ovvio che questo fosse il comandamento fondamentale, anzi si diceva che giungere ad amare Dio era un’espressione di una forma particolare di fedeltà a Dio, ma che i precetti fondamentali erano altri.
“Amare Dio”, non è volere il bene di Dio, non vuol dire offrirgli qualcosa: amare Dio significa rendersi disponibili perché la sua azione diventi in noi amore, e quando diventa realmente amore, diventa dono per gli altri.
L’amore non si impara una volta per sempre, l’amore è una qualità della vita che cresce man mano che il tempo passa, le esigenze di comunione sono sempre più profonde. Ci illudiamo di essere capaci ad amare, ma la vita è più grande della nostra piccola esistenza.

ESODO 22, 20-26

Nel libro dell’Esodo si narra la liberazione dalla schiavitù egiziana del popolo di Israele, il viaggio nel deserto e la sosta nel Sinai, dove avviene l’alleanza tra Dio e il suo popolo. In particolare il brano che abbiamo letto, lascia trasparire una delicatezza di spirito e un profondo rispetto per la persona umana.
Secondo la Bibbia si può parlare di una religione incarnata. Un poeta francese diceva che il soprannaturale è anch’esso carnale. Il culto, nei primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco, fa parte della Legge. A differenza delle altre culture del Mediterraneo, dove esistono due diritti: uno sacro e uno civile, nella bibbia sono uniti. Servire Dio e servire il prossimo sono due aspetti di una sola legge. Già nel Levitico si trova: “Amerai il prossimo tuo come te stesso: io sono il Signore.”

Il brano è la prima esplicita normativa in dífesa dei diritti dei poveri, dei deboli, scende nei particolari: il modo di vivere l’amore di Dio è nell’amore per gli stranieri, le vedove, gli orfani. Praticamente chi è privo della protezione del clan, del sostegno del marito o del padre. Dio stesso assume direttamente il ruolo di protettore sociale.
Sono testimone che questo, è assolutamente vero. Sono rimasta vedova con un figlio piccolo e in un giorno mi sono trovata come la persona debole di cui tutti potevano approfittare, ma Dio si è
preso cura di me e di mio figlio e non ci ha fatto mancare nulla.

Riguardo allo straniero, il testo ricorda che anche noi siamo stranieri. Qui si rivolge agli Israeliti, che erano stati schiavi in Egitto, ma tutti, anche chi non ha fatto l’esperienza del forestiero, lo è, perché la terra non è di sua proprietà. Poi passa a parlare di chi presta denaro per interesse e di chi deve ricorrere a prestiti per sopravvivere. Il Signore proibisce il prestito a interesse!
Un Dio, che vive solo nella mia intimità, è un idolo, non è un Dio vero! Il Dio di Israele è un Dio dell’uomo. Io nella mia interiorità sono un’astrazione, divento reale quando mi relaziono con gli altri, anzi proprio con l’altro che mi sta di fronte.

Alla base di tutti questi divieti ci sono tre motivazioni: Israele sa per esperienza che cosa significhi essere straniero; il patto con Dio esclude che il popolo venga sfruttato e soprattutto la misericordia è propria della natura di Dio che dìce: “Io sono pietoso”.
Misericordia significa amore che trabocca.

MATTEO 22, 34-40

Il Vangelo prosegue la disputa dell’altra settimana sul tributo a Cesare. Gesù, trovandosi a Gerusalemme, nella zona del tempio, si confronta con i rappresentanti dei maggiori movimenti giudaici di allora. C’era stato anche un dibattito con i sadducei sulla resurrezione e Gesù aveva chiuso loro la bocca, per cui i farisei decidono di scendere in campo per dimostrare la loro superiorità.
L’interlocutore di Gesù è un dottore della Legge, è come un esperto avvocato, che vuole metterlo in difficoltà. C’era un’interminabile discussione tra i rabbini riguardante il “grande precetto”. Nella Legge c’erano ben 613 comandamenti grandi e piccoli, provenienti dai 10 iniziali. Era opinione dominante che il comandamento più importante fosse l’osservanza del sabato, ma le discussioni erano infinite.

Gesù risponde con lo “Shema” Ascolta Israele: era molto importante nell’ebraismo farisaico; veniva recitato mattina e sera, ricamato sulle maniche delle vesti, scritto sugli stipiti delle porte. “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Queste tre espressioni: cuore, anima e mente indicano tutto l’uomo, che deve orientarsi verso Dio perché l’amore non è solo un sentimento ma un orientamento di vita. “Cuore” indica l’uomo interiore, “anima” l’energia vitale, il soffio e “mente” l’aspetto razionale. Chi prega e non soffre con il fratello che soffre o non gioisce con il fratello che gioisce, sta pregando un’ombra, non il Dio vivente.

Il secondo comandamento è simile al primo: è lo specchio, è la verifica dell’amore per Dio. Gesù mette i suoi avversari di fronte alla persona di Dio e a quella del prossimo, non di fronte a due testi. Mentre il prossimo, per l’ebraismo di allora, erano i correligionari, tutt’al più i simpatizzanti, per Gesù è lo straniero, lo sconosciuto, chiunque è amato da Dio, cioè tutti. Tutta la storia, chiamata legge e profeti, dipende dall’amore di Dio e del prossimo.
Solo l’amore vince la morte. Chi ama, non muore perché si dona, vive in Dio per sempre. Ma mi chiedo e forse vi chiederete anche voi: come faccio, io non sono capace ad amare! Come faccio ad amare chi mi da fastidio, chi mi fa del male, chi mi fa paura, chi mi umilia! In realtà ognuno di noi non è stato amato dai genitori così com’è. Il bambino cresce perché si sente protetto, confermato, amato a prescindere dai suoi successi o sbagli. Per poter diventare se stessi, senza paura della disapprovazione altrui, occorre sentirsi amati proprio come Dio ci ama, con le nostre possibilità e con i nostri limiti. Questa esperienza occorre ci arrivi da un amore che ci riconosca preziosi, senza volerci diversi da quello che siamo. Occorre aprirci, rendere possibile questa esperienza. La preghiera consiste nel creare in noi il campo magnetico giusto per attirare questo amore. Dio, l’amore l’ha già donato a tutti e con le sue misure, ma noi dobbiamo aprirci. E’ poi l’amore di Dio che è capace di amare chi non ci ama, perché noi non dipendiamo più dal giudizio dell’altro; non vediamo più nei difetti degli altri i nostri, per cui ci danno fastidio, perché abbiamo accettato di essere così difettosi, tanto è Dio che, se vuole, ci aiuta a togliere quel difetto, altrimenti va bene così, ci serve a non darci tante arie di superiorità.

Il nuovo decalogo, le dieci leggi, sono i dieci verbi della parabola del samaritano: l’evangelista Luca narrando lo stesso passo, che abbiamo letto oggi di Matteo, fa proseguire il dottore della legge con la domanda: “Chi è il mio prossimo?” e si risponde: colui che lo vide, si mosse a pietà, si curvò su di lui, gli fasciò le ferite, gli versò olio e vino, lo caricò sul suo giumento, lo portò all’albergo, si prese cura di lui, pagò per lui, tornò indietro a pagare.

Amici è fondamentale mettere in pratica quanto ci dicono oggi le letture per la nostra felicità. La preghiera è l’allenamento per accogliere l’amore gratuito e maturo, capace di misericordia, che significa “amore che trabocca”, come l’acqua di un vaso colmo. Non sono spiccioli o briciole, è la misura dell’amore di Dio, che non sappiamo neanche immaginare! E’ Dio che discende dai cieli e si fa prossimo all’uomo, non ha paura di compromettersi, di sporcarsi, di perdere tempo. Dio per arrivare al mio simile ha bisogno di me. E’ più che mai urgente portare avanti la creazione, chiunque la porti, altrimenti distruggiamo la terra.

A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran

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XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 22, 34-40
Dal Vangelo secondo  Matteo

34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Ottobre – 04 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXX
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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